Cercherò di spiegarvi in maniera semplice cosa sia accaduto qui in Spagna, come sia stato possibile che un paese che sembrava aver ormai raggiunto elevati standard di modernità e prosperità economica (che di certo abbagliarono moltissimi dei nostri connazionali che qui transitavano come turisti, studenti Erasmus, nuovi espatriati) sia precipitato in pochissimo tempo sull’orlo del collasso e della disintegrazione (vi ricordo che giorno 25 di novembre si voterà di nuovo in Catalogna), con un’economia in grave crisi e con una disoccupazione che ha superato il tasso del 25% della popolazione attiva.
Beh, innanzitutto bisogna dire che solo a dei cronisti superficiali (o poco interessati a leggere la realtà) poteva sfuggire una stranezza fin troppo evidente: che la crescita dell’economia spagnola era stata, cioè, troppo veloce e improvvisa.

Non bisognava di certo essere Modigliani per intuire che c’era qualcosa di sospetto, di poco chiaro e inconsistente in quella crescita così repentina e accelerata…
Ma nessuno, in quegli anni, ha mai detto nulla. Nessuno si è fermato a chiedersi cosa stesse accadendo. Erano tutti troppo occupati a fare incetta di qualsiasi opportunità economica si dischiudesse davanti a loro, oppure erano pronti a vanagloriarsi di improbabili effimeri successi (Zapatero nel 2008 dichiarava: “Abbiamo superato l’Italia, uno dei grandi paesi [europei], e adesso il nostro obbiettivo è superare la Francia” (si riferiva al Pil pro-capite).
Il boom economico spagnolo (che ha veramente fatto “boom”, perché di fatto è scoppiata l’economia) aveva i piedi d’argilla. Non c’erano basi solide e, infatti, tutto è svanito velocemente, come in un sogno.

È accaduto, qui, lo stesso che negli USA (e in parte anche in Grecia) qualche anno prima. L’economia è stata “drogata”, gonfiata a dismisura grazie alle enormi quantità di denaro messe in circolazione dalla nascita e crescita della cosiddetta “bolla immobiliare” che, esplodendo, ha avuto conseguenze terribili per l’economia iberica. Effetti ancora più gravi di quelli cui portò la crisi immobiliare statunitense (che risaliva più o meno alla fine del 2006) poiché l’economia spagnola era, ovviamente, molto più debole e meno variegata, con meno risorse di quella degli USA e, dunque, non è riuscita a reggere gli effetti devastanti della fine di un benessere fasullo.
Benessere creato rapidamente ed altrettanto rapidamente svanito sotto gli occhi increduli della maggioranza degli spagnoli che, adesso, si trovano a dover convivere con una crisi di grandissime dimensioni che li ha sorpresi totalmente impreparati perché, per loro, è arrivata “all’improvviso”, dopo molti anni di trend economico positivo ininterrotto.
L’economia spagnola degli ultimi 15 anni è stata in gran parte un “bluff” ed in molti, adesso, ne pagano le conseguenze. Dai piccoli proprietari con mutui gravosissimi, cui non riescono a far fronte perché nel frattempo, in tanti, troppi, hanno perso il lavoro, alle grandi banche (cui però si sta già prestando soccorso), ai grandi costruttori indebitati.
Come conseguenza dello scoppio della “bolla”, moltissimi spagnoli hanno già perso la casa o rischiano di perderla, ma ancor di più sono coloro i quali si ritrovano a pagare il mutuo per un immobile il cui valore di mercato è ormai inferiore al debito contratto con la banca. E questo, come potete facilmente intuire, è disastroso per le economie domestiche.

Conseguenza ancora più grave dell’esplosione della “bolla” è stato il fallimento delle imprese costruttrici, con terribili ricadute sul tasso di disoccupazione nazionale (decine di migliaia, infatti, sono gli addetti al settore edilizio – e all’indotto da esso generato – rimasti senza lavoro e questo ha innescato una reazione a catena negativa su tutti gli altri settori dell’economia) e sui grandi progetti edilizi ancora in corso d’opera, molti dei quali sono stati lasciati a metà. Il tutto con incalcolabili esposizioni per le banche finanziatrici delle medesime imprese.Grazie ad una legislazione pensata per favorire lo sviluppo dell’edilizia (citiamo in particolare la Legge promossa dal Partito Popolare, nel 1998, sulla “Riqualificazione del Suolo”) nel corso degli ultimi 15 / 20 anni in Spagna si è edificato di tutto e dappertutto: sulla costa, alle porte delle grandi città, sugli altopiani, nel nulla. Prime, seconde e terze residenze destinate anche al mercato estero. Condomini in città, case per le vacanze, complessi pseudo-residenziali (che adesso sono rimasti
vuoti o i cui lavori non sono neanche stati portati a termine), progetti strampalati, improbabili città satellite o centri urbani concepiti, spesso, in lande desolate.

 

Dobbiamo ricordare, per completezza d’informazione, che l’accesso al credito anche ai piccoli proprietari è stato selvaggiamente fomentato, in Spagna, proprio dalle banche, in un paese in cui la legislazione in materia di diritto del lavoro era, ed è, molto meno a favore del lavoratore di quella italiana. Molti di coloro che avevano contratto dei debiti per acquistare la prima casa hanno nel frattempo perso il lavoro e adesso non hanno più i soldi né per far fronte al mutuo (che spesso è anche aumentato di valore per questioni di condizioni accettate al momento della firma) né per poter semplicemente, sopravvivere. Di qui i molti casi di sgomberi forzosi, anche se si stanno cercando delle vie giuridiche e politiche per contenere il danno ed aiutare le famiglie che versano in difficoltà.

 

Del “banchetto” immobiliare si conservano tristi, in bella mostra, i resti, le cicatrici, gli orribili mostri di cemento edificati in piena euforia costruttiva rimasti vuoti e a volte, come dicevamo, neppure finiti.

 

E proprio “Cicatrici di mattone” si intitola un bel reportage che appare sul Magazine del quotidiano El País di qualche settimana fa e che invito a leggere chi, fra voi, comprende lo spagnolo. Lo trovate al seguente indirizzo web: http://www.cccb.org/rcs_gene/Ruinas.pdf

 

Le foto sono impressionanti e documentano la sbornia di quasi due decenni. La fotografa Julia Schulz-Dornburg ha voluto raccontare visivamente le nefaste conseguenze sul territorio dello scoppio della bolla immobiliare, in un libro che ha intitolato: Rovine moderne. Una topografia del lucro. I giornalisti Clara Blanchar e Rafael Méndez riflettono su questo nell’articolo citato.

 

Nel servizio si mostrano – esempi di una sorta di “recente” archeologia industriale – i resti di progetti persino grotteschi, come Il “Meseta Ski”, con un pista di “sci all’asciutto” a Villavieja del Cerro (Valladolid). Si parla del progetto del Resort Monte Aledo – in cui si prometteva: “tempo libero, terme e una spiaggia in piena montagna” – e del Campo di Volo Residential, pubblicizzato con il seguente slogan: “Che pilota non ha sognato mai di atterrare sulla pista del proprio complesso residenziale e di “parcheggiare” il proprio aereo in giardino?

 

Amare le considerazioni finali nell’articolo di Méndez, attraverso le parole di Fernando Jiménez, professore di Scienza politica presso l’Università di Murcia, che sintetizzano perfettamente cosa accadde e quali meccanismi di controllo sociale si incepparono per far sì che tutto ciò non si denunciasse e la rovina potesse essere contenuta, se non evitata. Le traduco per voi: Jiménez <<è dell’avviso che la ‘bolla’ “funzionò come una truffa piramidale, nella quale guadagnava il primo che ci entrava, che di solito era chi riqualificava il suolo”. L’ultimo era il compratore. Il caso ci dà la sensazione che fallirono tutti i controlli: sociali, istituzionali, politici, giudiziari, giornalistici… Spiega Jiménez: “La società funziona, qui, con reti clientelari, di scambio di favori e le regole del gioco non sono quelle dettate dalla legge. Il potere non si ottiene con una buona gestione politica, ma maneggiando la rete delle clientele. Salvo alcuni Don Chisciotte locali, come associazioni di cittadini o ecologisti, poca gente si è opposta alla bolla immobiliare, perché la rete ripartiva benefici per tutti”. Adesso bisogna pagare il conto>>

 

Mentre sto finendo di correggere questa mia lettera, leggo (è venerdì 9 novembre) la triste notizia del terzo suicidio di una persona prossima allo sgombero dalla propria casa per non poter più sostenere i costi del mutuo. Il fatto è avvenuto nella località di Barakaldo, nei Paesi baschi. La vittima: una donna di 53 anni.

Da più parti si sta invocando un’accelerazione per riformare la legge sugli sgomberi, con l’intento di proteggere gli strati sociali più vulnerabili. Speriamo si agisca al più presto.

 

Domenica 11 di novembre: leggo che il 95% degli spagnoli sarebbe favorevole anche ad una riforma della legge sui mutui. È infatti diffusissima, nella popolazione, l’idea della responsabilità delle banche in questa crisi: non avrebbero agito correttamente, abusando della buona fede e dell’ignoranza di molti, cui offrirono prestiti a condizioni non chiare, che purtroppo si sono rivelati delle trappole in alcuni casi persino letali.

 

Lunedì 12 novembre: anche il New York Times (e la sua edizione globale l’International Herald Tribune) raccolgono la notizia del dramma degli sgomberi in Spagna, in un articolo corredato dalle suggestive foto di Samuel Aranda: http://www.nytimes.com/2012/11/12/world/europe/spain-evictions-create-an-austerity-homeless-crisis.html?hp

 

Vi si parla anche del fenomeno dello “squatting” che sta prendendo piede. Infatti, così come centinaia sono le famiglie sfrattate quotidianamente dalle proprie case per non riuscire più a far fronte al pagamento del mutuo, tantissimi, come dicevamo nel post, sono anche gli appartamenti rimasti liberi e invenduti. Secondo l’articolo, la cifra si aggirerebbe intorno ai 2.000.000.

Molte famiglie sgomberate sono costrette ad occupare (o “rioccupare” gli alloggi da cui sono state allontanate), anche perché la loro conosciuta condizione di debitori gli rende impossibile poter affittare legalmente.

Ecco uno dei passaggi centrali dell’articolo, di cui vi consiglio una lettura completa. Qui si riprendono alcuni dei concetti già analizzati nel post:

“The number of Spanish families facing eviction continues to mount at a dizzying pace — hundreds a day, housing advocates say. The problem has become so acute that Prime Minister Mariano Rajoy has promised to announce emergency measures on Monday, though what they may be remains unclear.

While some are able to move in with family members, a growing number, like the Rodríguezes, have no such option. Their relatives are in no better shape than they are, and Spain has virtually no emergency shelter system for families.

For some, the pressure has been too much to bear. In recent weeks, a 53-year-old man in Granada hanged himself just hours before he was to be evicted, and a 53-year-old woman in Bilbao jumped to her death as court officials arrived at her door.

Yet at the same time, the country is dotted with empty housing of all kinds, perhaps as many as two million units, by some estimates. Experts say more and more of the evicted — who face a lifetime of debt and a system of blacklisting that makes it virtually impossible for them to rent — are increasingly taking over vacant properties or moving back into their old homes after they have been seized.

Giusi Garigali