Pubblichiamo con il solito piacere un nuovo articolo di Giusi Garigali in cui si parla di lavoro, idee, persone.
Piccoli dati di realtà sull’occupazione, che forse in parte ci sarebbe ma non c’è (per un brain-storming collettivo. Attendo i vostri commenti)
Non ho mai comprato volentieri dai cinesi. Ho sempre pensato che le loro merci fossero il frutto di uno sfruttamento della manodopera ai limiti dell’umano, che i materiali utilizzati (colle, inchiostri, tinture per tessuti etc.) fossero tossici e dunque pericolosi, che le procedure di montaggio dei manufatti non rispettassero le minime norme di sicurezza in vigore nei nostri mercati occidentali, che spesso si trattasse di oggetti di contrabbando entrati in Europa grazie alla protezione delle mafie, etc etc.… Eppure due giorni fa, esasperata, sono entrata in uno di questi “bazar” cinesi che ormai da anni hanno invaso le nostre città (in Italia, come in Spagna) e ne sono uscita soddisfatta e senza il minimo senso di colpa. Tuttavia, questo sì, anche molto perplessa e preoccupata rispetto al nostro futuro e a quello dei nostri figli.
Dobbiamo velocemente cambiare la nostra mentalità. Erano le 8:45 del mattino ed avevo urgente bisogno di una chiavetta USB Wireless, per la connessione wi-fi. Ho cominciato a girare come una trottola, ma nessuno dei negozi di IT gestiti da spagnoli / catalani era aperto. Qui a Barcellona i negozi aprono, normalmente, alle 10:00 del mattino e spesso sono chiusi già dal sabato pomeriggio. La domenica, guai a parlare di apertura: concetto tabù, …
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