“Ormai cosa si può fare?” mi chiedono a decine nelle scuole. Hanno 16, 17 anni. Sono in quell’età di mezzo, in cui si conserva ancora l’aspetto dei bambini, delle bambine, e al contempo si ha già qualche segno di quell’età adulta in cui oggi non si ha alcun desiderio di entrare. Quell’ormai mi inchioda alle responsabilità della mia generazione. Non ci dovrebbe essere la parola “ormai” nel vocabolario di un/a adolescente con il futuro davanti. Ci dovrebbe essere vita, sogni, forza. Consapevolezza che tutto si possa ancora fare, tutto si possa inventare, che il meglio debba ancora arrivare, che la vita sarà felice e lunga e totalmente e assolutamente nelle loro mani. Ho iniziato ad andare nelle scuole perché mi hanno chiamata per parlare di educazione ai media. Sono un’attivista dei diritti delle donne e volevo spiegare alle ragazze quanto le immagini mercificanti dei media ci tolgano forza. Ho continuato ad andare nelle scuole perché di questa generazione che si sta affacciando alla vita, io mi sono perdutamente innamorata.
Ho pensato a lungo a cosa scrivervi per questa ultima lettera prima delle elezioni. Ho riflettuto su programmi, promesse, analisi. Ho meditato su dati economici da rivedere, da ribaltare,da rivoluzionare. Ho rivisto la mia vita negli ultimi anni: su e giù per l’Italia su treni lentissimi, in scuole fatiscenti, con professori/esse talvolta eroi ed eroine in questo Paese allo sbando. Mi sono ricordata di mille stazioni che mi hanno vista partire all’alba e rientrare esausta la sera. Ho rivissuto la …
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