Riceviamo da Giulia Montanelli nostra corrispondente dall’Olanda.
In Italia e altrove è costante il dibattito sulla legge che regolamenta l’interruzione volontaria di gravidanza e tutto ciò che ad essa ruota intorno, dalla contraccezione di emergenza e non fino all’educazione dei giovani.
In Olanda la situazione, pur avendo le stesse premesse di quella italiana, è abbastanza diversa. Le stesse premesse perché che in Olanda come in Italia la pianificazione familiare è stata un tabù fino alla metà degli anni ’60 e infatti fino a quel momento è rimasto uno dei paesi con la natalità più alta d’Europa. Ma la situazione è diversa perché esiste una eccezionalmente diffusa educazione sessuale a partire dalle scuole di base. I primi corsi di educazione sessuale, in generale alla relazione fino alla diversità sessuale, incominciano in molte scuole fin dai 5 anni di età dei bambini. Qui alcuni esempi di materiale scaricabile per le lezioni. Non esiste una legge che lo rende obbligatorio, ma buona parte delle scuole primarie (circa il 25-30%, in crescita) adotta il corso raccomandato dal Dutch Expert Centre on Sexuality. Nelle scuole secondarie il corso è generalmente legato al programma di biologia, anche se alcune scuole di stampo religioso (prevalentemente calvinista) lo rifiutano. Esistono inoltre altri luoghi in cui corsi generali e su tematiche specifiche come l’emancipazione sessuale femminile e la prevenzione delle aggressioni sessuali sono messi a disposizione dei giovani (maschi e femmine!). La politica olandese è quella comunque di cominciare il prima possibile ad introdurre l’argomento, ovviamente in modo adeguato e tarato sull’età, in modo da rendere l’approccio alla sessualità “naturale come mangiare e dormire”.
I giovani sono ben informati e sono messi a loro disposizione tutti gli strumenti perché possano vivere una vita sessuale serena e responsabile: in prima battuta i medici di famiglia e in seconda i consultori, forniscono tutte le informazioni e gli studenti necessari. I consultori (CASA è uno dei maggiori, lo definirei l’alter ego olandese dell’AIED in Italia, anche se nella sua veste attuale è più recente), in molti casi sono vere e proprie cliniche, in altri sono solo ambulatori.
La pillola del giorno dopo viene venduta nei negozi che vendono prodotti per l’igiene personale e farmaci da banco che si trovano ad ogni angolo di strada. Costa circa 15 euro e l’unico vincolo è che non se ne possono comprare più di due confezioni alla volta. Alla cassa chiedono se si sa come usare i farmaci acquistati e nel caso sia necessario forniscono le informazioni necessarie a voce o con un riassunto di una paginetta. La sera e nel weekend, quando i negozi sono chiusi, sono aperte le farmacie in ospedale, che servono chi ricorre alla guardia medica e al pronto soccorso o per chi si trova in urgenza di farmaci da banco. Infine, si può avere nei consultori dove costa circa 10 euro. Inoltre, se sotto i 21 anni si può chiederne il rimborso all’assicurazione sanitaria, sopra i 21 la si paga di tasca propria. Non ci sono vincoli di età o altro.
Per quanto riguarda gli adulti, c’è un richiamo di informazione continuo attraverso i medici di base o altre strutture: quando sono nati i miei figli, nei 15 giorni successivi alla loro nascita, sono stata più volte visitata a casa dall’ostetrica del mio quartiere. Uno dei temi toccati, oltre alle mie condizioni e a quelle del neonato, è stato quello della contraccezione nel puerperio. Lo stesso argomento è stato a più riprese toccato anche al consultorio pediatrico dove i bambini sono seguiti fino ai 4 anni e in modo molto intenso durante il primo anno insieme a entrambi i genitori.
La sterilizzazione maschile è più diffusa di quella femminile (meno invasiva e meno costosa) ed è in ogni caso rimborsata dall’assicurazione sanitaria di base. Osservo che viene vissuta come un modo di equilibrare la responsabilità procreativa tra uomini e donne: è comune che siano le donne a prendere la pillola finché non sono nati i figli desiderati da una coppia, per poi passare il testimone ai compagni che ricorrono alla vasectomia come metodo contraccettivo definitivo. Non è la regola, certo, ma è una situazione frequente e apertamente comunicata.
La legge sull’aborto è relativamente recente, è stata introdotta solo nel 1981. La legge olandese non prevede nessuna motivazione specifica per permettere il ricorso all’interruzione di gravidanza, se non la volontà della donna. L’aborto è consentito per la gravidanza indesiderata fino alle 25 settimane. Oltre le 25 settimane esiste comunque la possibilità di intervenire a causa di malformazioni (l’aborto terapeutico).
Qual’è il risultato di queste politiche di educazione, informazione e apertura? In Olanda su 100 donne in età fertile (15-49 anni) meno di 3 ricorrono a un’interruzione volontaria di gravidanza; in Italia più di 9. Non solo: in Italia quasi un 1 di queste 9 interruzioni, si riferisce a donne sotto i 19 anni di età, mentre questa percentuale in Olanda è quattro volte inferiore.
L’approccio olandese si basa sull’apertura e sul pragmatismo, per cui si apre a tutte le soluzioni, sì, ma accompagnando questa apertura a un’educazione seria e a tutte le leve di prevenzione possibili.
E dire che in Italia la legge c’è, è lì, dice già tutto quello che occorre. Basterebbe tener fede alla sua ratio più profonda: la tutela dei diritti e del benessere delle persone.