di Marina Freri
L’altra mattina ho aperto i giornali italiani, per vedere che ne era stato di quer pasticciaccio brutto de piazza Montecitorio. Subito, leggo di Letta, 46 anni, che il Corriere apostrofa “enfant prodige.” Certo la visione del Corriere potrebbe essere opinabile, se non fossimo in un paese che non lascia andare in pensione i presidenti, neppure quando lo vogliono, a 87 anni.
E così diventiamo tutti sempre più giovani, spinti indietro, tenuti alla base del cursus honorum. Personalmente, non vedo l’ora che ci concedano il diritto di invecchiare.
Dando importanza a dati anagrafici, che dovrebbero essere irrilevanti, rischiamo di svegliarci un giorno, tra vent’anni, stanchi delle opportunità che non ci hanno concesso o che non ci siamo presi, proprio perché, a detta di molti, eravamo giovani e “con tutta la vita davanti.” Ve lo vedete il New York Times, che al primo mandato Obama, titola “Uomo sopra i quaranta ma sotto i cinquanta diventa presidente”? O, ancora, pubblicare articoli che recitino: “Ecco tutti gli uomini di Letta,” prima di rendersi conto che di questi tempi – rotto il triumvirato, caduto l’impero romano, esiliato Napoleone, finito il Risorgimento e la Resistenza – ci sono anche “Sette donne su 21” ministri – un terzo esatto, per matematica coincidenza o per idea tornacontista, chissà.
Fortuna, però, che tra vent’anni ne avrò 46 e se mi va bene farò l’enfant prodige.
Leggo poi che i dicasteri di pari opportunità, giovani e sport sono amministrati da una ministra sola, Josefa …
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