Il 14 dicembre l’Antitrust ha multato Auditel S.p.A. con una sanzione da 1.800.000 euro per abuso di posizione dominante. Il provvedimento è stato motivato nel dettaglio con 3 abusi che sarebbero stati messi in atto dalla società di rilevazione degli ascolti televisivi, tutti finalizzati a favorire Rai e Mediaset, cioè i suoi due principali azionisti. Ecco come li riporta il comunicato dell’AGCM (l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato):

In particolare Auditel ha:
a) ingiustificatamente ostacolato, a partire dalla seconda metà del 2009 e fino al mese di ottobre 2010, la pubblicazione giornaliera dei dati di ascolto televisivi relativi a ciascun canale, distinti per ciascuna piattaforma di trasmissione (analogica, digitale, satellitare e Tv via internet);
b) ostacolato, dalla seconda metà del 2008 e fino al mese di gennaio 2010, la pubblicazione giornaliera dei dati relativi alla voce ‘ALTRE DIGITALI TERRESTRI’;
c) erroneamente attribuito i dati di ascolto rilevati nel panel, nella fase della loro elaborazione, anche alla popolazione non dotata di apparecchi televisivi.

Relativamente a quest’ultimo abuso Auditel dovrà comunicare entro tre mesi all’Autorità le misure adottate per la cessazione dell’infrazione.
Secondo l’Antitrust, che aveva avviato l’istruttoria alla luce di una denuncia di Sky, le condotte di Auditel hanno avuto un duplice effetto: da un lato hanno limitato fortemente le possibilità di crescita delle emittenti televisive che intendevano attuare strategie di erosione degli ascolti delle emittenti generaliste, anche diversificando le scelte di programmazione in funzione dei diversi comportamenti televisivi degli spettatori; dall’altro hanno protetto i canali delle principali emittenti generaliste dagli effetti negativi che sarebbero loro derivati dalla diffusione di informazioni sui dati di audience dei canali che si stavano significativamente riducendo a causa dei cambiamenti in corso. In questo modo Auditel ha garantito un vantaggio ai suoi maggiori azionisti (RAI e Mediaset), editori delle principali emittenti generaliste: non avendo consentito una corretta valorizzazione delle diverse piattaforme di trasmissione ne ha pregiudicato le potenzialità di crescita e frenato lo sviluppo di nuove offerte televisive.
L’erronea attribuzione dei dati di ascolto anche alle famiglie non dotate di apparecchi televisivi ha inoltre sovrastimato l’audience soltanto delle emittenti non trasmesse sul satellite, beneficiando in tal modo le tv dei principali azionisti di Auditel.

E’ il primo segno forte da parte di una Istituzione nei confronti dell’attività piena di ombre dell’Auditel. Ombre che già alcuni anni fa erano state svelate in un densissimo libro di indagine, La favola dell’Auditel, in cui la giornalista Roberta Gisotti faceva emergere un quadro poco rassicurante del funzionamento della rilevazione degli ascolti. Rilevazione giornaliera che con i suoi numeri impugnati come giudizi assoluti determina il destino di programmi e investimenti e indirizza il mercato pubblicitario televisivo, ricco di oltre 4 miliardi di euro ogni anno.
Più di tutto mi colpiva il fatto che l’Auditel appartenesse, oltre che all’UPA (Utenti Pubblicità Associati) cioè gli investitori pubblicitri, ai due gruppi televisivi che già “duopolizzavano” il mercato televisivo italiano: Rai e Mediaset. Sembrava incredibile che controllori e controllti coincidessero, ma era così, nella quiete generale, salco rarissime eccezioni di denuncia.
Negli incontri con le scuole, nei corsi di formazione, nei dibattiti pubblici, quando esponevo la situazione ambigua dell’Auditel, la grande maggioranza delle persone stentava a crederci, ammettendo di non aver mai letto sui giornali o sentito nulla in TV che riguardasse il funzionamento dell’Auditel. Insomma, è bastato che i Mass Media, tutti interessati alla grande torta delle inserzioni pubblicitarie, erigessero un muro di silenzio, per rendere possibile e normale una situazione quanto meno problematica per la democrazia della comunicazione. Auditel è una istituzione privata, a cui nessuna legge assegna l’esclusiva della rilevazione degli ascolti e che ha potuto operare in monopolio assoluto grazie al tacito accordo dei suoi proprietari. Il degrado della Tv italiana degli ultimi decenni deriva dall’appiattimento delle scelte creative sul dato numerico di Auditel, a quanto pare non così affidabile.
Oggi tutto questo viene finalmente messo in discussione ed è il momento di unirci per chiedere a gran voce la riforma di una istituzione così importante per la vita democratica come l’organismo preposto a dire che cosa guardano gli italiani in TV.

Cesare Cantù