Riceviamo e pubblichiamo l’intervento di Gad Lerner su Vanity Fair:

Dopo vent’anni abbondanti di lavoro in televisione contravverrò parzialmente, per una volta, alla regola che da solo mi ero autoimposto fin dall’inizio: mai replicare alle recensioni dei critici, per rispetto della loro autonomia di giudizio. Niente ringraziamenti quando parlano bene, niente proteste quando parlano male, niente precisazioni o arruffianamenti sotterranei. Che sia proibito a chi fa tv intrecciare un dialogo con chi per mestiere valuta le sue creature.
Se faccio un’eccezione con Aldo Grasso, che detiene la rubrica televisiva sul “Corriere della Sera” da prima ancora che io cominciassi a lavorare nell’elettrodomestico rettangolare, è perché sono reduce da una manifestazione promossa da donne arrabbiate che hanno fatto sentire efficacemente la loro voce in ogni contrada d’Italia. Da decenni la questione femminile non assumeva nel nostro paese un tale rilievo pubblico, dando luogo a discussioni appassionate e civili, nonostante il ministro dell’Istruzione che ha qualificato in anticipo le manifestanti come “poche radical-chic” (peccato che la Gelmini non legga Grasso, altrimenti avrebbe potuto mutuarne la variazione altrettanto sarcastica ma più originale di “sinistra Vanity Fair”).
Cosa c’entra Aldo Grasso con le donne arrabbiate, vi chiederete? Per carità, poco o nulla. E’ solo per via del suo mestiere, il critico televisivo. Possibile che non fosse venuto in mente a lui di esercitare, nel corso della sua lunga carriera, una critica al modo in cui sono mostrate e trattate le donne nella tv italiana? Eppure inchieste comparative sul trattamento dell’immagine della donna nelle diverse tv europee sono a disposizione da diversi anni. Segnalo a Grasso quella del Censis, risalente al 2006: evidenzia in Italia una distorsione grossolana del modello femminile rispetto alle donne reali, senza paragone per volgarità e ripetitività con gli altri paesi. Perfino i format importati dall’estero qui subiscono un trattamento peggiorativo nell’esasperazione della figura di donna tonta, spogliata e ornamentale.
Peccato che il critico televisivo non se ne fosse accorto, o non se ne fosse curato. Neppure nelle sue opere più sistematiche, come l’”Enciclopedia della Televisione” edita da Garzanti e curata da Aldo Grasso. Alle voci “Drive In” e “Striscia la notizia”, per esempio, troverete molti elogi della creatività e dell’irriverenza di Antonio Ricci, ma nessun rilievo critico sul ruolo assegnato alle donne in quelle trasmissioni di punta.
Per la verità, di recente Aldo Grasso qualche opinione in materia l’ha espressa, recensendo le puntate che L’Infedele dal 2008 dedica con sistematicità alla misoginia della cultura egemone in Italia. Di Michela Marzano, cattedra di filosofia morale presso l’università Descartes di Parigi, indicata fra gli intellettuali più autorevoli di Francia, autrice del saggio “Sii bella e stai zitta” (Mondadori), nella sua rubrica Grasso ha scritto: “Se Gad non ci ripetesse continuamente che è una filosofa nessuno ci crederebbe”. Suppongo la trovi banale.
Quanto a Lorella Zanardo, autrice del documentario-denuncia “Il corpo delle donne in tv” che sta facendo il giro del mondo, in un’altra rubrica Grasso ha sospirato: “Per fortuna non era presente Lorella Zanardo, la castigamatti della tv, la Karl Popper de noantri”. Suppongo la trovi banale.
Apprezzo l’ironia e la cultura con cui Aldo Grasso “sistema” queste incompetenti che si sono permesse di invadergli il campo, contribuendo per giunta al dilagare della protesta di tante donne italiane. Mi resta il dubbio se, come diciamo in gergo giornalistico, il massimo esperto italiano di televisione negli anni trascorsi non abbia preso un “buco” grande come una casa.