Da Libero a Il Fatto Quotidiano a la Repubblica, passando per Grillo, leggo in rete l’espressione di una rabbia pericolosa. Sul premier e sui politici in genere viene vomitato un livore  accresciuto dai giornalisti con articoli che mirano al gradimento immediato ma che non pongono nessun obbiettivo formativo o di riflessione.
A cosa serve che una giornalista di uno dei tanti blog in Rete esprima la sua opinione su Nicole Minetti? Ma è questo giornalismo? E’ questa la funzione di un blog popolare? Mi verrebbe da dire: “e chissenefrega di cosa pensi tu”. Ciò che diventa cruciale oggi è che i blog assumano la funzione di elaboratori della rabbia, giustificata, degli italiani.

Stamane Radio Capital mi ha chiesto in un’intervista cosa penso delle madri e dei padri delle ragazze che si dicono felici se le figlie intrattengono relazioni con i potenti. Ora, può essere che anch’io non ne possa più di dovere rilasciare pareri su mie coetanee che vendono le figlie per un improbabile futuro da velina. Ma sono alla radio, migliaia di persone sono all’ascolto e ho dunque la responsabilità di elaborare il mio pensiero e di proporre un punto di vista articolato che serva a chi mi ascolta a comprendere cosa conduce dei genitori a esternazioni così. E’ mio compito dire, con parole comprensibili, poiché esprimersi come se dall’altra parte ci fosse solo Umberto Eco non è un gesto democratico, che queste madri e padri sono figlie/i di una società dove “se non appari non esisti” e che non è sufficiente essere adulto per essere una persona responsabile. Dirò anche che per molti la tv è l’unica “maestra” in una società dove la scuola è in grave difficoltà, che esiste un grave problema di analfabetismo di ritorno che coinvolge anche i sentimenti e le emozioni. Che è urgente proporre modelli positivi a cui ispirarsi e che l tv potrebbe essere un formidabile strumento di formazione oltre che di informazione pluralista. Lo dirò in pochi minuti, ché queste sono le regole, e in modo comprensibile a tutti: la mia funzione nella società oggi è offrire un luogo dove la rabbia, lo scontento, vengano elaborati con strumenti di comprensione, che oggi non tutti hanno a disposizione. Ritengo che questo sia un modo di agire che onora il principio secondo il quale a tutti debbono essere offerti strumenti di educazione, in un Paese che si definisca democratico.
Ma ancor di più  il mio compito è oggi di non annullare la speranza, senza  far ricorso a  promesse illusorie, ma facendo partecipe chi ascolta di quanto di positivo incontro nelle scuole, di  quanto formidabile ancora sia la forza innovatrice delle ragazze e dei ragazzi che incontro  e quindi come sia certamente possibile che un altro mondo sia possibile.
Questo io credo sia  il nostro compito di adulti oggi.