Never Sorry, cioè mai chiedere scusa, mai dispiacersi. Se detto dall’attivista cinese Ai Weiwei assume un significato di lotta e di coraggio indomabile. Guardate il video per capire. Vedete lo sguardo? “Perchè lo fa?” gli chiedono. “Non vorrei che i ragazzi di oggi dovessero rivivere ciò che ho dovuto subire io”. E dunque, agisce.

Le Pussy Riot sono in prigione. Le prigioni russe di Putin non devono essere luoghi accoglienti. Giusto per ribadire che i miserabili che hanno sostenuto che le ragazze avrebbero ottenuto fama e denaro per la loro visibilità ottenuta, forse dovrebbero vergognarsi. Può essere che, una volta uscite, le 3 ragazze godranno di fama e denaro. Per ora stanno in cella.

Sia Ai Weiwei che le Pussy Riot si battano coraggiosamente contro poteri forti spesso in assenza di democrazia. Sono persone coraggiose: consapevole di ciò che rischia il primo data l’età, forse più impreparte le seconde, e dunque speriamo che la detenzione non sia feroce.
Sia l’uno che le altre sanno che la notorietà mondiale serve, ma serve fino ad un certo punto. Nessuno toccherà le Pussy Riot se persino Madonna si muove a loro difesa. Nessuno imprigionerà Ai Weiwei se i maggiori artisti internazionali sono con lui, si dice. Non ne sono così sicura.
Certo Putin non è un ingenuo: delle 3 ragazze russe si è parlato moltissimo quando sono state imprigionate, molto la settimana dopo, ma già settimana scorsa faticavo a trovare articoli su di loro. Basta riflettere da che parte stia il potere, chi ha in mano le leve per far abbassare le teste degli europei. Dunque tutti pronti a difendere le 3 ventenni, ma basta che i media smettano di parlarne e anche noi ce ne dimentichiamo, non è così? E i media sono spesso espressione di un potere più economico che etico, noi qui lo sappaimo bene direi, meglio di altri.
Dunque l’artista cinese e le tre Pussy Riot credono in quello che fanno. E sono disposte a rischiare.

I percorsi della democrazia sarebbero altri, certo. Si tratterebbe di lottare attraverso gli strumenti appunto democratici: la protesta civile, fino al voto per esprimere il nostro volere di cittadini/e. Ma quando non è più possibile?
Ecco, riprendiamo dopo la pausa estiva con questa riflessione che prende spunto da attivisti/e lontani da noi geograficamente ma vicini da altri punti di vista.

Dove sono le Pussy Riot italiane? Dov’è Ai Weiwei?
C’è un modo per togliersi dall’immondezzaio della diatriba politica che nulla cambia, e sollevare la protesta sopra le teste dei luridi figuri a cui ci siamo abituati?

Meno blog e più azione, abbiamo scritto. Per noi, per quel che potremo fare, sarà così. Nelle scuole, da subito. Con nuove modalità.
Siamo aperte/i alle vostre proposte. Ci uniamo volentieri. Prediamo inziative. Più di tutto, rischiamo se necessario. Agiamo.