Mentre Milano si desertificava in agosto, caldo torrido e solo pochi stralunati in giro per la città, fervevano i lavori per l’apertura di un altro negozio, enorme, di biancheria intima. Vi sarete accorte/i anche voi: crisi o non crisi, in ogni strada o viuzza italiana mutande di tutti i tipi stanno in bella mostra sui soliti manichini: taglia 4a sopra, tg 38 sotto.
Pare che ultimamente non vadano più i semplici perizoma: culotte con laccetti maliziosi posteriori, mi dicono si vendano molto, facendo presagire maschi seduttori che abbiano poi voglia, e perizia, di slacciarli.
Se poi incrociamo questi dati con quelli delle vendite di romanzi soft porno per donne, emerge un dato inconfutabile: le donne, tante tantissime e di età variabilissima, hanno voglia di sesso/amore/eros/porno.
Non mi scandalizzo, non sono delusa, non mi unisco alla folta schiera di giudici e giudicesse contro le amanti dei romanzi post Harmony: se il gioco e se la fantasia servono a diluire l’horror giornaliero, perché no? Anzi, mi unisco con convinzione al desiderio di trasgressione.
Se però trasgressione deve essere, che lo sia realmente, mi verrebbe da dire.
Mi tocca riprendere il tema delle GABBIE, già affrontato nel libro Il Corpo delle Donne e ripreso più volte.
Devo riprenderlo perché credo sia questo il problema italiano, che ci affligge e ci impedisce di, finalmente, cambiare.
I 3 romanzi dell’estate sulle varie sfumature di grigio rosso ecc, le mutande e la mascherina con manette incluse di pelouche in vendita anche nei grandi magazzini, il dibattito proposto dal Corriere della Sera, che ha fatto dire persino mia madre, 80 anni “ma non l’hanno già scritto tante volte questa storia dell’amore tra uomini vecchi e donne giovani e viceversa?” con alcuni commenti che c’è da rabbrividire: ”lui vecchio e lei piu giovane: no!” E ancora peggio se lei è più vecchia e lui più giovane: ”Che orrore!” E spesso sono le donne a ergersi a giudici: bisogna essere della stessa età per non apparire ridicole, sentenziano queste nuove signore Rottermayer.
E certo che se la società è questa, non c’è da stupirsi che anche il sogno erotico sia codificato, per cui il massimo dell’eccitazione è un Lui che in doppiopetto ti sculaccia: uauh! C’è altro, verrebbe da proporre. Altro dall’eros codificato. Altro di più interessante. Bisogna avere il coraggio di andarselo a cercare.
Dell’intero dibattere salverei solo l’intervento di Alba Parietti, proprio a conferma che in questa nostra società in putrefazione, bisogna non avere preclusione e preconcetti.
Io del matrimonio clou della saison italienne, con un Michele Placido in bianco virginale fotografato e intervistato su tutti i più importanti quotidiani nelle prime pagine, emozionato perché lui e lei sono uguali, proprio due anime gemelle – ricordo per chi non avesse potuto seguire l’interessante vicenda estiva che lui ha quasi 70 anni e lei 40 di meno – ecco io intanto non mi scandalizzavo per la differenza di età, ma mi incazzavo proprio tanto di non potere godere della stessa sfacciata libertà di farmi i cavoli miei.
Mi sono immaginata 70enne con le mie rughe, magari la mia bella pancia, il mio doppiomento, ben portati per carità, ma insomma i segni inequivocabili dell’età di cui Placido fa orgogliosamente mostra perché segno di fascino e maturità e strumenti indispensabili per affascinare la giovane moglie.
Ecco io che a 70 anni nonostante il mio fisico da donna anziana, volessi sprigionare la mia vitalità proprio come Michele, e dire al mondo ”ho ancora tutto che funziona, sono piena di vita” e fascino, che non coincide sempre con tette sode. E magari avrei al mio fianco, chi può negare che possa accadere?, non dico un 30enne che sarebbe troppo ardire per la nostra Italietta, ma semplicemente un compagno piu giovane a cui, come certo alla signora Placido piace il vecchio Michele, io potrei piacere un sacco.
Vi pare un problema da poco? Una scemenza se detta in tempo di crisi?
Io credo che parta tutto da qui.
Pari diritti.
Mi sbilancio: gli uomini, specie quelli anziani, sono pieni di preclusioni: loro farfalleggiano con ventenni, noi è meglio che si faccia la calza. Molte donne sono però tristemente peggiori. Gli articoli di giornaliste sulla fine del matrimonio tra Demi Moore e Kuchner, erano densi di livore per la stupenda attrice.
Che problemi hanno?
Chiamasi invidia, nemmeno per la bellezza altrui. Invidia per la capacità di talune di uscire dalle gabbie.
Quella paura fottuta che hanno molte donne di essere, di fregarsene del giudizio. Una paura talmente forte che le rende complici dei maschi più miserabili, pur di averne l’approvazione.
Vi ricordate il giornalista Massimo Fini e le sue orride esternazioni sulle donne, che definiva “donzelle sculettanti” per definire alcune ragazzine stuprate e uccise? Bene sono stata invitata più volte negli ultimi mesi a convegni/festival dove presenziava anche il nostro. Di fronte al mio sdegno, le organizzatrici si stupivano: “Ma è acqua passata, Fini è una testa fine”.
Se mi fossi macchiata io di una simile atrocità? Mi avrebbero invitata? ho chiesto loro.
Quando smetteremo di sentirci inferiori? Quando la smetteremo di non volerci bene, di non considerarci, pur di essere ammesse al consesso che riteniamo erroneamente degli eletti? Ragazze, Voi siete meglio e ciò che conta, non avete bisogno di vecchi intellettuali in putrefazione per esistere.
C’è una rubrica su Io Donna, magazine femminile del Corriere, che seguo sempre con attenzione: “Buccia di Banana” di Giusi Ferrè.
Funziona così: sulla prima pagina della rubrica si prendono tre donne, giudicate buzzicone, rapper, attrici, gente talvolta come Madonna, Jennifer Lopez eccetera e si analizza il loro abbigliamento giudicato pessimo. Poi si volta pagina e voilà: ecco la signorina perfetta. Questa settimana Elle Mc Pherson; verificate voi stesse e confrontate con le puntate degli ultimi anni. Per andar bene, per funzionare bisogna essere magre, ci vogliono colori base, beige e un tocco di nero, occhiali grandi alla Jackie O così non si sbaglia mai, foulard alla Audrey se hai una faccia che te lo puoi permettere, scarpe basse e comunque al massimo Loboutin, e un tubino o qualcosa di semplice. Una noia mortale, una palla mostruosa. Donne anonime rese invisibili. Con glamour, of course.
Immagino Madonna: avrebbe sfondato quando cantava Like a Virgin con scarpa piatta e girocollo di perle? E la splendida Amy Winehouse avesse espresso la sua meravigliosa creatività non con le sue personalissime mise ma con un completino ton sur ton di cachemere? E se la folle Marchesa Casati Stampa si fosse presentata ai suoi adoranti ammiratori non in turbante e strascico nero vampira ma con una noiosissima gonnellina al ginocchio, sarebbe ugualmente entrata nel mito?
Gabbie. Non diverse o migliori di quelle televisive. Recinti anti creatività. Ci dicono come vestirci, come accoppiarci, come sedurre, come procreare, comme allevare i figli/glie. Come esistere.
Cercasi ragazze e donne coraggiose.
Che vogliano uscire dalle gabbie. Tutte le gabbie. Quelle intellettuali in primis. Come la fantastica Silvia Gallerani attrice del monologo La Merda premiata a Edimburgo come la migliore del mondo. Trasgressiva.
Spero di non deludere alcuna di voi se affermo che vorrei l’energia delle Pussy Riot anche qui da noi. Non mi interessa se c’è anche del calcolo in quel che fanno.
Intanto fanno.
Ed è indubbio che hanno attirato più attenzione loro sulle nefandezze di Putin che mille articoli di giornale.
Credo che il blog sia una bella cosa ma, come già detto e ora è ancora più vero, è negli incontri reali che si attiva il cambiamento.
A breve scriveremo qui il programma di quest’anno: meno post e più incontri dal vivo. Alla ricerca dei progetti delle ragazze e dei ragazzi coraggiose/i.
Buon rientro.