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Lettera da... Rio de Janeiro

Lettera da… Rio de Janeiro

Dal Brasile una nostra lettrice che ha studiato in Italia e che ci offre un punto di vista diverso, lo sguardo di una giovane donna straniera. Grazie Carol!

Care amiche e cari amici, mi chiamo Carol de Assis, ho 24 anni e sono brasiliana. Vi saluto da Rio de Janeiro, questa città magnifica e spaventosa, dove vivo già da sette anni. Sono nata e cresciuta in un paesino di tre mila abitanti a Minas Gerais – lo stato più bello e dove si mangia meglio in Brasile,  fidatevi! Mia madre, nata e cresciuta a Rio, si è trasferita a Minas a causa del suo lavoro. Potete immaginare una donna forte e indipendente, che se la cavava da sola ai vent’anni e che esce da una città come Rio per trasferirsi ad un paesino di campagna ai confini del Brasile nel 1980? Lei allora girava in motocicletta ed era una delle poche donne che lavoravano fuori casa; dieci anni dopo, si è divorziata da mio padre, giacché era una delle poche donne nel paese che non vedevono il matrimonio come un ergastolo.

Vi ho raccontato un po’ di mia madre perché la sua storia e la sua personalità sono fondamentali per capire chi sono e di che sono fatta. Siamo cresciute, mia sorella più piccola ed io, in una comunità cattolica, tradizionale, conservatrice, mentre a casa avevamo un modello che non apparteneva a quel posto e che ci spingeva sempre ad andare oltre, oltre ciò che ci dicevano di essere il

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Lettera da... Barcellona

Lettera da… Barcellona

Dopo Parigi, Berlino, Sydney, è con vero piacere che ospitiamo la lettera di Giusi Garigali da Barcellona, che ci propone la figura di donna italiana migrante fuori dagli stereotipi. In archivio nella sidebar a destra trovate le puntate precedenti. Grazie Giusi!

Mi sono immediatamente messa all’opera quando Lorella mi ha proposto di raccontare la mia esperienza di migrante italiana a Barcellona. Vivo qua da oltre 11 anni e questa mi è subito parsa una opportunità unica per parlare ai tanti giovani che seguono il Blog, proponendo loro un punto di vista differente sull’emigrazione, una voce fuori dal coro, meno entusiasta ma da tenere presente riflettendo sul tema. La mia idea, infatti, è che è arrivato il momento di dare avvio ad un brain storming collettivo su questo tema, fuori dai luoghi comuni ed approfittando delle grandi opportunità che ci offre la rete.

Come avrete intuito le cose che vi dirò non sono ascrivibili al filone “pro-emigrazione” che si è ultimamente consolidato nella pubblicistica e documentaristica italiana grazie ad alcuni “professionisti dell’emigrazione”, spesso sponsorizzati da grandi gruppi editoriali (pensiamo solo a Repubblica). L’idea che mi sono fatta è che alimentando (senza grande scientificità) paure e speranze nei giovani (e meno giovani) italiani e suggerendo sottilmente la via dell’emigrazione come l’unica praticabile “per sfuggire al disastro” – ma senza parlare dei reali costi umani dell’emigrazione – si porti avanti (più o meno consapevolmente) una “vulgata” politica che tende ad attribuire a SB tutte le “colpe” della tragedia nostrana e ad assolvere, en

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Lettera da... Sydney

Lettera da… Sydney

Dopo Lettera da Parigi di Giulia e Lettera da Berlino di Livia, ecco l’incontro con Marina 25enne che vive a Sydney. Queste lettere sono preziose: non un incitamento a lasciare il Paese, ma uno stimolo a riflettere sul fatto che contaminarsi con altre realtà è sempre bene. Per poi portare una nuova consapevolezza in Italia. Grazie Marina! Trovate le puntate precedenti in archivio nella sidebar a destra.

Mi chiamo Marina, ho 25 anni, lavoro come giornalista a Sydney, dove vivo dal 2009. In questa colonna scrivo come si vive da donna in Australia, ben 8 ore avanti sull’orologio di Lodi, da cui sono partita.

Sono quasi le sette di sera di una primavera che stenta a ingranare qui a Bronte Beach, un paio di chilometri a est dall’Opera House di Sydney, e penso che sono le dieci del mattino italiane di una domenica di fine estate, di cui riesco a immaginare i mercati, i profumi e le campane. Mi manca l’Italia ora che vivo a qualche continente di distanza; mentre quello che mi è mancato crescendo è stato un po’ d’amor patrio, l’orgoglio di essere italiana. Un sentimento di appartenenza che ho sempre trovato difficile sviluppare – mondiali 2006 esclusi – ma che ho sentito vivo quando dall’Australia ho visto le donne di “Se Non Ora Quando”.

Abito a Sydney da quasi tre anni, dove lavoro come producer in radio e come giornalista online: due ruoli che adoro, e che ho sognato dalle cucine e dai tavoli dei

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