Immaginate di abitare in un complesso residenziale in cui vi sia un piccolo bungalow al centro di un giardino. Su ogni lato del giardino si erge un palazzo con delle finestre buie. Il bungalow è la vostra abitazione ed è scoperchiato.
Dunque, immaginate di avere dei vicini di casa che, muovendosi invisibili dietro quelle finestre, riescano ad osservarvi da quella distanza che consente loro uno sguardo privilegiato sulla vostra intimità ma che al contempo, per una strana architettura, li mantiene nell’anonimato.
Al mattino, mentre vi specchiate e vi preparate per uscire, all’improvviso uno dei vostri vicini senza mostrarsi richiama la vostra attenzione: “Ehi tu, sì dico a te nel bungalow. Fai cagare, hai il culo grosso come il divano che sfondi tutte le sere.”
Rimanete basiti, ma ‘E’ il commento di uno zotico’ – vi dite – o di una poverina senza nulla cui pensare; e decidete di non dargli peso perché persone così non meritano attenzione.
Passa qualche ora, vi sedete a pranzo. Qualcuno dal buio di una delle finestre che danno sul vostro bungalow di nuovo esplode in un commento: “Dovresti mangiare merda o strozzarti con quello che hai nel piatto.”
E ancora una volta lasciate cadere quelle parole di rabbia immotivata, perché di nuovo pensate che non siete voi il problema ma che, al contrario, chi parla sia qualcuno che di problemi ne ha e molti più di voi.
Poi arriva la cena e ricomincia l’attacco.
Così per giorni, finché non iniziate a dubitare che …
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