Siamo già arrivati alla pausa estiva con questa colonna di “Lettere da,” estiva almeno nel vostro emisfero, perchè qui con il sole e 15 gradi siamo a pieno regime invernale.

Dico già perchè tra femminicidi negati, tentate riforme della 194 e un CDA Rai che, in pieno spirito rivoluzionario, ha abbracciato una lottizzazione d’avanguardia, non abbiamo avuto modo di annoiarci.

E i mesi volano, come le “Lettere da”.

Personalmente, questo spazio mi ha dato il grande privilegio di rimanere informata sulle questioni di genere del mio paese e di entrare in contatto con persone stimolanti, voi del blog, sempre pronte alla discussione intelligente.

Non sapete quanto mi manca la capacità di “scontro” italiana (o forse dovrei dire europea): la passione, la condivisione di idee e l’argomentazione convinta di una presa di posizione.

Qui, nel paese della cortesia, esprimere le proprie emozioni va fatto con parsimonia, ed anche baciarsi per strada non è cosa comune, come non lo è tenersi per mano con un’amica, tenerezza concessa alle sole lesbiche.

Ma è invece all’ordine del giorno, per fortuna, lasciarsi stupire dalla natura. E l’inverno, per me, diventa la stagione “promemoria” delle motivazioni che mi hanno fatto innamorare dell’Australia.

Per esempio, in questi giorni le balene sono solo a un centinaio di metri dalla costa, in viaggio verso nord, verso le acque calde dello stato del Queensland.

Le foche invece vengono volentieri a riposarsi sulle rocce, mentre i delfini rubano letteralmente le onde migliori ai surfisti.

Ci sono meno turisti e per noi del posto, ormai mi ci metto anch’io tra loro, è un’occasione di riscoperta del bello che ci circonda.

Sydney è diventata una delle cinque città più care al mondo, ma la natura, per ora, è ancora offerta dalla casa a fine giornata.

Certo il boom dell’industria mineraria che fa del dollaro australiano un conio di ferro tra valute di coccio sta portando lo spauracchio della crisi anche qui, Down Under.

Un articolo recente sul Wall Street Journal diceva per esempio che gli “shapers”, gli artigiani costruttori di tavole da surf, stanno spostando i loro laboratori dall’Australia in Europa perchè il dollaro forte  non consente loro di esportare a prezzi competitivi (i surfisti aspettano invece una deriva dei continenti che sposti le loro onde da Sydney a Pinarella di Cervia).

Il sentore di crisi ha interessato anche i media australiani, scossi di recente da un terremoto finanziario. I due maggiori quotidiani hanno subito tagli al personale fino a 2000 unità.

E si teme anche che la magnate dell’industria mineraria, Gina Rinehart (la donna più ricca d’Australia) possa compromettere l’imparzialità di una delle due testate essendo diventata la maggior azionista individuale del gruppo editoriale Fairfax.

Ma Rinehart, che si aspettava tutt’altra accoglienza che una serie di proteste, ha già provveduto a vendere parte della sua quota e ora dunque staremo a vedere.

In questo inverno di foche, balene, delfini e filosofia povera, questo mi piace degli australiani: che ascoltano chi dissente, convinti del “fair go”, ossia che tutti debbano avere un’occasione.

Forse, se noi donne facessimo lobby, scatenando quella forza demografica che abbiamo e quella innata propensione alla resilienza, anche noi potremmo conquistarci il nostro fair go.

Lo auguro all’Italia, troppo sorda al coro di chi non ci sta più.

Concludo ringraziando Lorella per avermi concesso l’occasione di scrivere per il suo blog e di sentirmi vicina a voi anche se da Sydney.