Quest´anno niente vacanze, amara verità: sfatato così il mito di chi, in Italia, crede che noi emigrate e emigrati siamo costantemente con la pancia all´aria a goderci la vita grazie alle generose sovvenzioni di mamma e papà. Quest´anno niente spiaggia, niente sole, niente mare, in compenso i bei 18 gradi berlinesi a temprare ossa e spirito. Lavorerò senza sosta fino a Natale, sperando di riguadagnarmi anche per il 2013 questo tanto sudato posto di lavoro.

Venerdì ero sola in ufficio, tutti a casa, tutti in ferie, tranne l´ultima ruota del carro- la sottoscritta- stoicamente incollata allo schermo del computer e al telefono, a compilare tabelle Excel  e rispondere a domande astruse sui diritti di distribuzione di qualche film del Nuovo Cinema Tedesco. Venerdì ho scoperto che la mia datrice guadagna sette volte il mio stipendio lordo. Niente male no?

Il posto in cui lavoro è molto accogliente, un piccolo ufficio situato nel sottotetto di un vecchio edificio di Berlino ovest. Sulla via che  porta alla fondazione alcuni sanpietrini sono stati sostituiti dalle cosiddette “Stolpersteine”, dei piccoli blocchi di metallo con incisi i nomi dei cittadini di origine ebrea espropriati delle loro abitazioni e deportati durante il secondo conflitto mondiale. Quando piove, le facce visibili di questi cubi di bronzo luccicano e sono più scivolse del normale. È un sentimento strano inciamparvici, estrarre poi le chiavi dallo zaino ed aprire la porta di questo palazzo di fine `800. La Germania è un Paese pieno di contraddizioni che mi affascinano e mi spaventano contemporanemente. Questo rigore, questa capacità di analsi, questa dannata morale sono qualcosa d´impensabile per noi italian*, a volte portat* a fare le cose in modo più creativo del dovuto.

Con i suoi pro e i suoi contro, con il suo passato di orrori e il suo presente di rigurgiti storici, stare in questo Paese mi fa però sentire al sicuro. Nonostante le mille ostilità e le complicate trafile, posso dire che in questa città siano stati premiati i miei sforzi e le mie fatiche: il bastone e la carota-“Zuckerbrot und Peitsche”-vecchio metodo alla Otto von Bismark. Qui ho imparato che il merito non è solo il risultato di un prodotto sociale aggiunto a una raccomandazione e ad una simpatia. Merito è anche riconoscimento di una serie di abilità e qualificazioni acquisite, con esperienza e formazione continua.

In questo periodo penso molto alla mia adolescenza, agli anni trascorsi al liceo in cui mi sentivo un po´ la pecora nera del gruppo. I miei compagni di classe, figli del Nord Est che produce e della Verona Bene, indossavano tutti le stesse giacche, le stesse scape e compravano gli stessi motorini. Poi c´erano quelli “di sinistra”: la stessa cosa intrisa in altri abiti. Ho riletto i miei diari l´ultima volta che sono tornata in Italia, pieni di voglia di andarsene, di fuggire, di non trovarsi di nuovo a sognare un altrove al bar del paese. In quegli anni ho raccolto molte delusioni ma anche molta forza e coraggio: quell´asfissia, quel nodo alla gola mi han dato l´energia per andarmene prima in un´altra città e poi partire per la Germania. Non sono un cervello in fuga, credo di essere più il prodotto di un disagio, di una mancanza concreta di interazione positiva con il proprio contesto.

Non amo generalizzare: le persone care in Italia sono molte, così come le persone intelligenti che ho lasciato alle mie spalle, persone che non si arrendono e che continuano a lottare e resistere, primo fra tutte il mio papà. Il mio destino e la mia volontà mi hanno portata qui, mossa dal mio spirito avventuriero e dalla necessità di guardare oltre quell´orizzonte nebbioso della Val Padana. L´esperienza dell´emigrazione è stata una sfida tosta che però mi ha dato molte marce in più per acuire il mio sprito critico rispetto a questi due Paesi tra cui mi trovo divisa. Una cosa mi pare di aver capito: noi italiani e italiane manchiamo di consapevolezza e della capacità di farci artefici del proprio destino (individuale e collettivo) a prescndere da un Leader. Eppure, se ci guardo, se vi guardo da qui, sono molte le potenzialità sprecate nel nostro Paese, sia per l´Italia che per l´Europa. E non dico “Europa” a caso: oggi come oggi siamo chiamat*, in un momento di crisi (ma anche in una possibilità di svolta e cambiamento) a pensare in termini EUROPEI.

Il futuro ha bisogno di noi. Il futuro ha bisogno della nostra capacità d´uscire dai nostri limiti, dal nostro provincialismo, dal sentirci piccoli e imbottigliati in questa penisola che avrebbe tanto da dimostrare. La politica appartine a noi tutt*, non ai partiti, dobbiamo rivendicarla, non rifuggirla. E farlo in modo creativo. Sono tante le lotte condivise dalle donne di tutt´Europa. Prendiamoci le nostre responsabilità e abbiamo il coraggio di osare! Da settembre ripartiamo, connettiamoci e mettiamola in piedi questa rivluzione! Buona estate ovunque voi siate!