“Are you joking? Oh my god babe, that’s horrible” Stai scherzando? Dio mio, cara, è terribile.
Mi risponde una mia amica australiana mentre le spiego che cosa sia il femminicidio e perchè le Nazioni Unite abbiano creato un neologismo per descrivere la situazione italiana e quella messicana.
Poi, subito dopo, beve un altro sorso di caffè o “latte”, come qui chiamano il caffelatte, e cambia argomento con facilità usando lo stesso tono per descrivermi chissà quale piatto avesse ordinato la sera prima “really reach flavour, an amazing texture”.
E mentre mastica aggettivi come fossero patatine, mi convince sempre di più che l’inglese è una lingua che non ha timore ad esprimere meraviglia, sia in circostanze positive sia negative.
Immagino se davanti a cappuccino e cornetto una mia amica mi dicesse di aver mangiato un “meraviglioso piatto di peperonata, accompagnato da un vino corposo, dotato di una consistenza magnifica al palato.”
Le chiederei quanto meno se stia uscendo con uno degli autori della guida Michelin.

Dunque mi fermo, mentre faccio colazione al bar di “Andrea il sardo” (dove andiamo a curarci la nostalgia) e penso alle parole.
Penso alla nostra lingua e alla parsimonia con cui siamo abituati a dosare la meraviglia nelle nostre conversazioni.
Con una sorta di scetticismo linguistico, in contesti informali tendiamo a preferire quelle parole di cui abbiamo maggiore dimestichezza – da cui il famoso parla come mangi.
E credo, per un attimo, di capire perchè la parola “femminicidio” ci resti indigesta.
Perchè, come spiegava bene Lorella, siamo refrattari al nuovo e dunque anche ai suoni nuovi, come l’accordo di genere tra articolo femminile e sostantivo maschile (la primo ministro, la presidente, la sottosegretario di stato…).
Ma credo anche perchè la parola femminicidio impone una riflessione nuova, e con essa la formazione di una altrettanto nuova categoria di pensiero.
Per decenni di cronanca, episodi di violenza domestica sfociati in omicidi sono stati definiti “delitti passionali”.

Gli studiosi di sociologia e media, come Myra Macdonald o Dan Berkowitz, sostengono che il significato che noi attribuiamo alle parole dipenda da presupposti culturali e, a sua volta, contribuisca a rafforzarli.
Vale a dire, spostandoci nel campo dei media, che le notizie agiscono in una cornice culturale da cui traggono il loro linguaggio e di cui perpetuano valori e concetti. Più raramente li mettono in gioco.
I media costruiscono cioè, continua sempre la Macdonald, una struttura “di riferimento” attraverso cui i lettori interpretano la cronaca che gli viene sottoposta.
Avete mai fatto caso a quanto si somiglino gli articoli, per esempio, di stupri commessi da cittadini stranieri in Italia? O a quante volte, dopo un primo caso, la stampa per settimane riporti fatti di cronaca affine?
Se eliminassimo dal testo il luogo, la data e i nomi degli imputati, otterremo una sorta di traccia da riempire e adattare a un nuovo episodio.

Ritornando quindi alla parola femminicidio, credo che faccia scalpore prima di tutto perchè ci chiama, donne e uomini, ad essere testimoni di un fenomeno in atto, ci chiede di essere responsabilmente vigili sugli altri.
E poi proprio perchè ci obbliga a pensare al di fuori della cornice di pensiero che decenni di articoli su “delitti passionali” ci avevano offerto.
Il neologismo creato dalle Nazioni Unite, femminicidio, è dunque rivoluzionario e va accolto, a mio parere, come segno di rispetto per chi non c’è più.
Ironia della sorte, ora che ho riempito una pagina di parole, riconoscendo l’importanza del loro significato, mi sento ricadere tra le fila di chi, col culo sul divano, sale sul pulpito per dire agli altri cosa fare.

Ammiro e invidio voi che cercate di mettere in pratica le idee in cui credete sul campo, che è poi il paese alla cui crescita mi piacerebbe tornare a contribuire.
Anch’io vorrei fare e fare tanto, con le energie che sento di avere. Ma stando qui, a distanza, posso solo scrivere.
E allora spero che questa pagina diventi almeno un pensiero, una candela per Vanessa, la ragazza appena ventenne uccisa dal fidanzato.