8 marzo, Siamo a Roma: Genere e Generazioni

Intervista a Sabina Ciuffini:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/03/08/festa-delle-donne-valletta-mike-bongiorno-abbiamo-bisogno-anche-zoccole/196121/

Cara Lorella, cari dello staff “Nuovi occhi per la TV”, vi scrivo tre o quattro punti che mi ero segnata ieri sera durante il dibattito, molto interessante per la pluralità imprevedibile di voci cui ha dato la parola. Eccoli:
1) la libertà di espressione riscoperta da certi/e intellettuali di sinistra, che dopo aver usato la protesta delle donne contro il tettaculismo televisivo in funzione antiberlusconiana, adesso si scagliano contro le “femministe moraliste”, le quali vorrebbero impedire che il tettaculismo medesimo continui ad imperare nella programmazione televisiva, e che per di più vorrebbero impedire alle donne di rifarsi tette, labbra e quant’altro. A proposito di libertà di espressione, basterebbe pensare che dove c’è una sproporzione di mezzi, non c’è pari facoltà di esprimersi. La libertà potrebbe essere invocata se ognuna/o di noi potesse decidere della programmazione di una rete televisiva personale diffusa in tutta Italia, ma siccome questo potere è di pochissimi/e, a tutte le altre e a tutti gli altri non resta che subire, consapevolmente o inconsapevolmente, la programmazione decisa da chi il potere ce l’ha. E magari pagare pure il canone per una montagna di me..lma con poche eccezioni.
2) se le docenti che scrivono libri tanto anticonformisti frequentassero le ragazze e i ragazzi che vanno a scuola, oppure se si facessero un giro di sabato pomeriggio in un centro commerciale, o prendessero un autobus affollato nelle ore giuste, vedrebbero tradotto in carne ed ossa il Modello Unico Televisivo. Se frequentassero gli/le stessi/i giovanissimi, come insegnanti, si accorgerebbero, altresì, di quanto è recettiva la mente umana a quell’età, ancorché sottoposta a bombardamento mediatico unilaterale, e quanto le menti dei/delle giovanissimi/e sono pronte ad ascoltare, e a capire, i discorsi che si differenzino dal MUT, e che mostrino loro l’esistenza di altro: altre cose, altre prospettive, altre visoni del mondo. E’ ancora quella l’età in cui c’è spazio per decidere, se non tutto, almeno moltissimo della propria vita. La riprova è che, se si frequenta un’università, e in particolare alcune facoltà, la sudditanza al MUT diventa meno evidente o quasi del tutto assente: vuol dire che imparando ad usare il cervello siamo in grado di rendercene indipendenti. Ma non tutte/i hanno questa possibilità economica ed esistenziale.
2) prescindendo dagli attacchi alle femministe moraliste, e dal neotettaculismo di sinistra, temo che un’altra tendenza si profili, come già avvertito da Loredana Lipperini: è, questa sì, la tendenza “moralizzatrice” che, fingendo di scandalizzarsi per il tettaculismo, vuole mettere le mutande alle smutandate e i vestiti a missitalia. Questa tendenza costituisce l’oscillazione del pendolo dall’altra parte del maschiocentrismo: bikini, costume intero o vestito, per chi è consapevole dei ruoli stereotipici imposti da una cultura misogina, la cornice non cambia, e la cornice è quella della (come si diceva un tempo) donna-oggetto: oggetto perché il soggetto che la guarda, la considera, la norma, è l’occhio maschile, e la sua destinazione è la fruizione maschile, quella di chi detiene i poteri. Insomma, una nuova edizione del “tutte a casa” degli anni ’50 ci sta aspettando? stiamo in guardia, e stiamo unite per combatterla.
3)Tutto è possibile, e tutto potrebbe andare diversamente da come tante spie preoccupanti (guardate la pubblicità neo-anni’50) sembrano annunciare: ieri mattina, in diretta dal Quirinale, la ministra Fornero asserisce che (non riferisco testualmente riporto i contenuti): le donne che lavorano in Italia sono troppo poche, gli ostacoli al lavoro femminile sono l’assenza o l’insufficienza dei servizi alla famiglia e l’inadeguatezza dei tempi di lavoro; questi tempi infatti sono ancora pensati, in Italia, per uomini liberi da attività di cura domestica e genitoriale, diversamente, in altri paesi europei, l’esistenza di servizi adeguati e di tempi di lavoro pensati in funzione della vita personale e privata, gli stessi per entrambi i generi, permette non solo una maggiore occupazione femminile ma anche un maggiore incremento delle nascite. Dunque, un discorsetto in cui si fa piazza pulita della vituperata (perché a senso unico femminile) “conciliazione” in colpo solo!!!! Stampiamo le parole testuali della ministra e inchiodiamola alle sue enunciazioni!!!!