Sono allegra e fiduciosa. Non c’è motivo di temere: c’è Renata.
Renata che ha circa 30 anni. Se non ci fosse lei, Giulia Guerrini che di anni ne ha 16 e le tante che mi seguono, io a volte mi deprimerei.
Ma loro mi stanno vicino e non mi mollano. Ho scritto un piccolo post. Renata l’ha letto e ha intuito una mia stanchezza ad avere a che fare sempre con cretini, qui il post e il commento di Renata e mio.
Poi stamane ricevo questo:

Mi sa che ci siamo vicendevolmente fraintese… :-) . Tu certamente non intendi tirare i remi in barca, né io l’ho mai sospettato. Ti conosciamo e ti apprezziamo per la tua “fattività”, per la tua capacità di sognare e anche per l’emotività che ti fa vivere intensamente quello che accade, nel bene e nel male. Quindi capisco anche che l’espressione di una delusione per speranze mal riposte avvenga in forme nette e con toni forti. Forse l’errore da parte nostra – di tutti noi, chi più chi meno – è quello di aver troppo bisogno della tua positività. Del resto ricordo che anche tu tante volte hai “bacchettato” persone che si lasciavano andare ad atteggiamenti nichilistici che non portavano a niente; persino il tuo invito a guardare fuori dal nostro paese, a conoscere altre realtà e allargare i nostri orizzonti non è mai suonato come un invito ad emigrare perché tanto qui non c’è speranza, “de profundis clamavi ad te Domine”…etc etc. Anche per questo ti ringrazio.
Vorrei fare solo due aggiunte:
1) In questi mesi, pur nella delusione, abbiamo capito tante cose su come non vanno disperse le energie di un movimento, su chi cavalca la tigre, su chi cavalca CON la tigre e chi invece vuole prenderla in trappola. Di chi possiamo e di chi non possiamo fidarci. Un po’ è anche il senso del tuo post, no? Benissimo.
Allo stesso tempo in questi mesi ho anche capito che chi oscilla tra l’oltranzismo e il disfattismo più nero, senza entrare nel merito dei problemi e senza fare (più umilmente) qualche proposta concreta, spesso sta cercando semplicemente una scusa per tirarsene fuori o allentare la presa e dedicarsi ai fatti propri. Ti faccio un esempio. All’epoca del 13 febbraio ho conosciuto un’altra utente di questo blog, abbiamo avuto un po’ di corrispondenza, ci siamo anche viste, insieme ad altre. Il suo entusiasmo per la manifestazione SNOQ era tale che si era autoprodotta (molto bene peraltro) dei simpatici gadget ricordo dell’evento. Due mesi dopo circa, (era l’epoca della guerra civile in Libia) questa signora – simpatica, iperattiva e charmant – mi disse che “aveva capito” che o noi donne facevamo come la popolazione libica contro Gheddafi (testuali parole) o lei dubitava che avremmo mai ottenuto niente. Posizione legittima, per carità. Guarda caso però da allora non l’ho più vista, né sentita; né sul blog né altrove (mentre invece sono in contatto con diverse altre utenti e altre blogger); non so da quanto tempo non leggo un suo commento qui. Per carità, avrà avuto i suoi problemi e le sue scadenze (del resto, chi non ne ha?…), ma è sintomatico il fatto che da una parte si predicano le opzioni “estreme” e dall’altra non si trova neanche il tempo per partecipare a una discussione.
Io credo che tu sarai assolutamente d’accordo – e il tuo lavoro quotidiano lo dimostra – se dico che dobbiamo chiudere mentalmente con tutto un modo di fare attivismo solo sull’onda dell’emotività, dell’indignazione e rimboccarci le maniche studiando i problemi per trovare le soluzioni, mettendo in comune le competenze di ciascuna/o. Secondo me si può fare. Io offro le mie e sai quali sono. Non so tu, ma io di discorsi disfattistici non ne voglio ascoltare più, perché fanno male a tutti. Già è difficile andare avanti con i media che non ci si filano, mistificano le nostre parole e le nostre intenzioni. Cercano in tutti i modi di lasciarsi alle spalle questi mesi di approfondimento e di lotta. Ma hanno paura. Una paura fottuta (magari ne riparleremo). Se cominciamo anche a stracciarci le vesti con lo sfogatoio libero – ma, ripeto, NON mi riferisco a te, bensì a una serie di commenti che leggo qui e là nei blog etc. – ci facciamo del male da sole, inutilmente. Il mio maestro di tango mi diceva un tempo: ” se devi fare un caschè, non devi pensare ad andare giù, perché giù ti ci porta già la gravità. Così fai solo venire il mal di schiena al partner e alla fine cadete tutti e due. Tu devi pensare a star su con il bacino lasciando libero il busto e vedrai…”. Prendiamola così. Il gender backlash in atto è la gravità: se ci concentriamo solo su quella cadiamo tutte insieme. Se partiamo da lì contrapponendoci ad essa e coordinando le nostre forze e i nostri movimenti, facciamo qualcosa di utile e positivo per tutti. Tu lo fai già, tutti i giorni.
2) Brevissimamente: io continuo ancora a non essere d’accordo sul fatto che non si debba perdere tempo con “le vecchie generazioni, perché tanto non possono imparare”. Magari non possono imparare, magari forse non vogliono neanche imparare, ma possono capire che c’è anche dell’altro. Che non è tutto scontato. Se ti dicessi che quello che tu predichi di fare con i ragazzini ( ovvero guardare i programmi generalisti e trash con chi normalmente li vede, ma proponendo un’altra chiave di lettura) io lo faccio spesso con i miei genitori e, talvolta, con mio fratello? Sai quante volte mi hanno dato della fissata, l’hanno presa a ridere bonariamente… Ma diverse volte mi hanno guardato con gli occhioni pensierosi e mi hanno detto… “lo sai che è vero? non ci avevo pensato…”. Ecco, io credo che non si finisce mai d’imparare, se c’è la disponibilità all’ascolto. E anche se la disponibilità non è tanta, il fatto di rompere un muro, di far capire che c’è anche chi la persa diversamente, che in altri paesi funziona diversamente, è importante anche nel parlare con gli adulti e con i “vecchi”. Se poi, come credo, il tuo discorso aveva anche un altro significato, ovvero quello di non riporre speranze in palloni gonfiati o figure di potere pagh* del loro status e impermeabili al cambiamento (e sapessi quanti ce ne sono anche tra i giovani blogger rampanti), allora su questo sono d’accordo senz’altro.
Rispondimi solo se vorrai/potrai e quando ne avrai il tempo. Buon lavoro e un abbraccio. Renata”

E’ un esempio MERAVIGLIOSO di RAPPORTO INTERGENERAZIONALE CHE FUNZIONA.
E’ un esempio lampante di  donna adulta mentore, e di ragazze che all’occorrenza sono meglio di un trainer alle olimpiadi.
E’ una dimostrazione di come la COESIONE SOCIALE possa partire da queste relazioni
E’ un esempio chiaro di ciò che Francesco Stoppa, psicanalista, definisce RESTITUZIONE:
io ho dato e do alla generazione successiva e loro un po’ ridanno a me sostenendomi, un po’ lavorano già per gli alri a venire. Non un cerchio ma una spirale.

Renata, ti voglio bene. Vi voglio bene.
Resto tigre.
Lotta dura senza paura! 😉