So solo quello che mi basta a stento
per non sprecare i battiti del cuore,
perché sapere, sappilo, è un tormento:
è sempre chi più sa che ha più dolore.

Patrizia Valduga, Medicamente e altri medicamenta

Ogni anno, in qualunque città io mi trovo, partecipo alla Notte Europea dei Ricercatori (iniziativa promossa dalla Commissione Europea fin dal 2005 che coinvolge ogni anno centinaia di ricercatori e istituzioni di ricerca in tutti i paesi europei). Un po’ perché ho una sorellina biologa che mi ha insegnato a coglierne l’importanza, un po’ perché mi piace tuffarmi oltre l’ignoto. L’evento diventa per me una di quelle manciate di ore in cui mi scopro più ignorante di quanto già mi sento ogni giorno: ho la prova che quotidianamente do per scontato tanti meccanismi essenziali per far funzionare il mondo in cui vivo e respiro.

Quest’anno è stata la volta di Lisbona e del Museo della Scienza, nel quartiere Oriente: il ventitre settembre mi ero incamminata da sola per visitare un nuovo pezzetto della città e avevo deciso di entrare nel museo. Posso ringraziare quella scelta e soprattutto la mia curiosità. Sia per ciò che mi ha aiutato a sapere, sia per un incontro che ancora adesso mi sta portando tanta gioia. Dietro ad uno stand sulla ricerca nella microbiologia sorrideva una ragazza portoghese: volevo provare a capire qualcosa di quei funghi in vetrino e ho domandato spiegazioni. Credo di aver provato un amore a prima vista. Per quella persona e per ciò che con lei finora ho vissuto.
Ho passato l’ultimo fine settimana viaggiando tra parolacce portoghesi e fresca amicizia: con Ana (la ragazza che sorrideva dietro lo stand) e alcuni amici, sono partita in macchina e insieme abbiamo attraversato il Portogallo alentejano (regione nel cuore del Paese). Quei giorni sono stati l’ennesima conferma della preziosa umanità che vivo quotidianamente qui. Rara, genuina e spesso commuovente. Almeno, per me.

Potrei e vorrei riportare centinaia di esempi che annoto sulla mia moleskine, per rendere omaggio ad un popolo e una realtà che finora io non avevo mai vissuto. Vi lascio questo, uno dei più freschi. In casa mi ero ferita alla gamba. Ero andata comunque all’allenamento di nuoto. Uscendo dall’acqua, la ferita ha ricominciato a sanguinare: il bagnino cordialissimo e sorridente, appena ha visto, mi ha voluto subito medicare. Entrata in spogliatoio, una signora ha notato che mi stavo pulendo dal sangue e, con una delicatezza sorprendente, ha tirato fuori un cerotto e mi ha protetto la ferita. Anche lei sorridendo. Ho pensato tutto il giorno a questo gesto, apparentemente scontato. E trovo un po’ triste sentirsi sorpresi di fronte a questi atteggiamenti: potrebbe significare che non si è abituati a vivere spontanea e gratuita umanità?
«In Italia probabilmente ti direbbero dov’é la farmacia più vicina», ha commentato la mia cara amica Diana, seguendo con attenzione il mio racconto. Non posso darle torto.

Il Portogallo è tuttora uno dei paesi europei più abbattuti dalla crisi. Il lavoro manca, la disoccupazione aumenta in modo esponenziale, i tagli sono evidenti soprattutto nell’istruzione e nella sanità, la disillusione politica dilaga e gli scioperi per protesta continuano. La gente è nervosa, pessimista, preoccupata.
La settimana scorsa è stato rapinato il supermercato a poche centinaia di metri da casa mia: alle sette della sera sono entrati, in tre, armati di coltelli. Non si sono diretti verso la cassa. Verso il denaro. No. Hanno svuotato il banco della carne e altri scaffali: hanno rubato cibo e sono scappati. Manca cibo. Manca la materia prima per sopravvivere.
Qualche sera fa ho visto un uomo che dormiva alla fermata del bus. L’amica che era con me ha detto che lui ha fatto di quel luogo la sua dimora e si sente “privilegiato”: dorme ogni notte su una poltrona abbandonata, coperto e illuminato dalle pubblicità. Lisbona è tappezzata di umanità che vive in strada: chi per scelta, chi perché non ha alternative. Trovo persone con umori diversi. Oggi un signore seduto per terra, in un angolo, mi ha sorriso: chiedeva elemosina per un pasto caldo e di fianco a quel pezzo di carta aveva scritto “un’offerta per una birra e un sorriso”.

Anche nell’educazione la situazione è critica. Sempre più famiglie iscrivono i bambini nelle scuole pubbliche, perché sono meno costose e garantiscono un servizio giornaliero totale: i ragazzini entrano in aula alle 8:15 e spesso escono col buio, alle sette di sera. I genitori fanno fatica ad essere genitori: lavorano tutto il giorno per mantenere una vita dignitosa e spesso vedono i loro figli solo all’ora di cena, prima di metterli a letto.
Nella scuola in cui insegno, si respira un clima strano: una macedonia di spensieratezza quando i docenti si ritrovano nella sala professori e di difficoltà, problemi che lasciano nelle aule. Le classi che prima non arrivavano alla ventina di alunni, ora sono quasi raddoppiate. Vi sono ragazzi con seri problemi familiari che non possono essere aiutati: nella mancanza di finanziamenti per un’assistenza sociale, gli insegnanti sono sempre più preoccupati e a volte disperati in quanto non riescono ad affrontare situazioni delicate e difficili.
È realtà. Le difficoltà sono tante. Negli autobus e nelle strade si respira sempre più tensione tensione. La sento anch’io.

Tuttavia ciò che apprezzo del popolo portoghese è la volontà di stringere i denti, vivere ed aiutare nonostante pessimismo e problemi. Un’umanità che assorbo più che posso e ogni volta che posso. Una grande voglia di trovare il lato sorridente della giornata e di tendere la mano in tutti i modi possibili: per fare in modo che le persone si sentano a proprio agio e che non incontrino la solitudine, quella poco piacevole.

Da una settimana il fado (il genere di musica popolare che rappresenta il Portogallo) è stato aggiunto dall’Unesco alla lista dei beni immateriali patrimonio dell’umanità: dal latino fatum (destino), è musica che si ispira al sentimento portoghese della saudade e racconta temi di emigrazione, di lontananza, di separazione, dolore, sofferenza. Il pessimismo è intriso nella voce che dialoga con la guitarra portuguésa e fa umanamente parte di questo popolo. Eppure… coi loro sorrisi cercano di superare questa sfiducia.

Chiara Baldin