Leggo che Francesca Sanzo, creatrice e presidenta di Donnepensanti si è dimessa e lascia il blog da lei creato. Tutte sapete della dolorosa assemblea UDI di Bologna dove l’associazione si è spaccata, Pina Nuzzo ne è uscita e si attende cosa porterà il futuro. Un abbraccio ad entrambe, amiche e donne fortissime. Ogni giorno l’associazionismo femminile pare un bollettino di guerra, donne che se ne vanno, associazioni che si rompono e che si ricostituiscono, incomprensioni dolorose,talvolta  invidie e gelosie.

Per me è stata una scoperta, abituata al mondo maschile delle aziende, dove tutto è più duro ma anche spesso molto più diretto: gli uomini si sa, sono molto meno complicati, possiamo dire più semplici? Negli ultimi tre anni ho assistito al crearsi e disfarsi di un numero incredibile di associazioni, e ho sentitito mille opinioni sempre contrastanti su di una o sull’altra donna. Tutte sappiamo che ci sono storiche associazioni femministe che non si mettono in relazione da anni, pur stando nella stessa città, pur andando, mi pare, nella stessa direzione.
Bella non è questa rivalità infinita tra donne. Lo diciamo tutte, e ci imbarazza tutte. Poi, dato che il potere ci interessa ma fino ad un certo punto, è comune vedere le donne stremate da liti e musi infiniti con le compagne di associazione, mollare tutto e andarsene. C’è il privato che è la nostra salvezza e anche la nostra trappola: il privato ci accoglie e ci toglie dal pubblico, con tutto ciò che significa.
Spesso la rivalità è letale: “meglio che perda anch’io piuttosto che vinca tu” sembrano pensare talune, confermando che sì, siamo tanto diverse dagli uomini che, pur di salire sul carro del vincitore accetterebbero che al timone ci fosse pure il loro nemico più acerrimo.
Ne discutiamo da decenni ma non se ne viene a capo.

Ero ad Abano invitata dalle Donne Cristiane di Base. Ho presentato il mio progetto ad un pubblico eterogeneo ed interessato formato da un centinaio di donne che cercano tra l’altro, di restituire alla donna la centralità che le spetta all’interno della religione.
Al pomeriggio del sabato ci siamo immerse nell’acqua calda termale della piscina per il laboratorio di biodanza condotta da una amorevole ed accudente Cristina Berardo, docente brasiliana.
Due ore in cui seguivamo le indicazioni che ci venivano date, e che prevedevano di stare in relazione a gruppi di due tre cinque, di prenderci cura delle altre, di sostenerle e di permettere che le altre si prendessero cura di noi.
E’ stato bello, molto bello. All’inizio difficile: mani di altre con delicatezza sul nostro corpo, in una società così poco fisica come la nostra, mani che si posano e conoscono così la nostra carne, così solitamente esclusa dalle altre, dagli altri. Non dirò altro perchè ho imparato che le esperienze si vivono e diffcilmente si riescono a raccontare. Di certo poche volte mi sono sentita così accudita. “Veniamo dall’acqua, lasciamo fluire la nostra acqua” ci guidava Cristina. E’ durato due ore, siamo poi tornate alle nostre riunioni. Dopo, mi sono sentita profondamente mutata. Ci siamo abbracciate  al momento della  partenza e il mio corpo era aperto e grato.
Ci sto pensando. Questo sappiamo farlo bene, intendo di  prenderci cura delle  altre e degli altri. Nella piscina, senza conoscerci, c’erano solo i nostri corpi, vicini. Corpi giovani e vecchi. Nessuna rivalità. Solo una  comprensione che pareva una dote antica, una saggezza dei corpi che non ha bisogno di troppe parole.
Non è poca cosa. All’interno di relazioni di accudimento fisico, noi donne sappiamo dare il meglio. E sappiamo quanto bisogno c’è di cura nel mondo.

Non sto proponendo di tornare ai lavori di cura, non è questo. Sto cercando di seguire un filo che ci conduca verso un nuovo modo di stare al mondo, autorevole e nostro. Mi pare che l’associazionismo di stampo maschile ci costi spesso troppa fatica; come quando in azienda capivo che l’80% dello sforzo che facevo non era a causa della durezza del lavoro bensì per adeguarmi a tempi e metodi che non erano miei.
Un nuovo modo. Che parta da noi. Pensiamoci.

 

N.B. Leggete anche il reportage dal Brasile della nostra Carol,  nella sidebar a destra 🙂