Senza nome

Da piccola mi piaceva molto andare in bicicletta, mi dava un senso di libertà che ancora oggi provo. Pedalavo veloce e cadevo spesso: mia madre mi disinfettava le ferite con l’alcool, che bruciava tantissimo, e intanto mi intimava di stare più attenta: mi sarebbero rimaste in altro modo delle brutte cicatrici a ricordo delle mie scorribande.

Aveva ragione, i segni sono lì, non così brutti in verità. Sono tra le parti del mio corpo che amo di più: piccole cicatrici che negli anni hanno svolto la funzione di sentinelle: quando la vita diveniva ripetitiva, quando qualche gabbia spalancava le sue porte pronta ad acchiapparmi, una passata veloce sulle ginocchia, di nascosto, sotto le gonne,a volte  sopra le calze, e tornava forte la sensazione delle mie pedalate in libertà, delle mie fughe in autonomia: cicatrici piene di vita. E le gabbie restavano vuote, io ero già altrove.

Vediamo ciò che vogliamo vedere:scherzo spesso con  la mia amica Laura afflitta a volte per una piccola macchia che le pare deturpare il suo bel volto o per un piccolo segno che interrompe il biancore delle sue mani: vuole da me rassicurazioni che quei segni non siano troppo evidenti: ma io i segni, finché lei non me li indica, non li vedo. Sul serio. Mi colpiscono altri dettagli e anzi a volte mi pare che quella sua uniformità di colorito tanto ambita abbia un ché di mortifero, un’assenza di vita.

Allattare è stata una delle esperienze più intense della mia vita. Non voglio scrivere un panegirico sulla mistica della maternità. Parlo proprio dell’uso del corpo per nutrire un altro essere umano. Potente. A volte era dolorosissimo, a volte non ne potevo più dalla fatica, a volte mi sentivo braccata chiusa in casa per rispetto ai ritmi delle poppate! Ma è un’esperienza di Pienezza e di Vita furiosa. Il corpo che viene usato: questo mi piace. Corpo che serve ad altri, che usi per placare la fame altrui. “Non allatto per non sciupare il seno” senti talvolta dire. Ma il seno serve ad allattare e sarebbe come dire che non cammini per non consumarti le ossa delle gambe. E se la paura nascosta è quella di non piacere più ad un uomo con un seno vissuto, che dire? Ci saranno moti altri uomini che ameranno una donna viva e non una semplice rappresentazione di donna.

Penso a quelle che sono state le esperienze più intense della vita e metto sullo stesso piano quella della maternità e certe notti passate a ballare, quando il corpo é vibrante di vita, quando la consapevolezza di essere viva nasce proprio dal corpo e divento consapevole dell’enorme potenza rivoluzionaria che posso agire. E’ dal corpo che nasce il cambiamento.

Sono dalla parte delle molte ragazze che oggi reclamano il corpo come veicolo di espressione e di rivoluzione. E’ con loro che voglio stare.

Lo scempio televisivo è l’annullamento di questo enorme potere insito nel nostro corpo , pornografia spicciola per ingabbiarci e domarci. E dalla Chiesa mi aspetto, ci aspettiamo una nuova interpretazione delle Scritture che allontani definitivamente il senso di peccato collegato al nostro corpo, al corpo delle donne. Definitivamente e per sempre.

Come abbiamo già discusso, i cambiamenti profondi necessitano di tempo, proprio come fu per il Duomo di Milano e il suo committente Gian Galeazzo Visconti che morì avendo visto solo una guglia: però ora noi il Duomo ce l’abbiamo.

Se guardo le ragazzine e i ragazzini mi pare che il cambiamento sia già iniziato. Noi intanto lavoriamo per loro.

(nella foto la ballerina Barbara Toma, www.barbaratoma.com)