Arrivavo lentamente, mi fermavo sulla porta e guardavo, con attenzione, mi pareva.

La stanza era luminosa, almeno io la ricordo così. Gli altri allievi erano già seduti sulla moquette chiara, con le spalle appoggiate alla parete. C’era un senso di bellezza diffuso.

Stavo immobile e col batticuore. Piena di rispetto, mi pareva.

Non sapevo se oggi sarei potuta entrare: attendevo il permesso di farlo. Senza rabbia, mi pareva.

Il docente era assorto in cio’ che stava facendo, poi alzava la testa, si guardava intorno, guardava gli allievi. Poi il suo sguardo si posava su di me e io capivo che non ero pronta per entrare.

Tornavo a casa. Senza risentimenti, mi pareva.

A capo

A capo

Uno degli insegnamenti più importanti che ho ricevuto nella mia vita è stato imparare, per me faticosamente, a esercitare l’assenza di giudizio. Esattamente il contrario di ciò che insegna la nostra cultura. Se dimostri di saper giudicare e criticare, la società ti apprezza. Lo vediamo giornalmente nei dibattiti televisivi: ascolto azzerato, giudizi feroci.

Uno dei modi certi per non apprendere nella vita, è giudicare un’esperienza mentre la si sta vivendo, o una persona mentre sta ancora parlando. Il più delle volte ci precludiamo la possibilità di imparare, opponendoci criticamente. L’apprendimento necessita di tempi lunghi, di capacità di ascolto, di pazienza.

A capo

A capo

Il docente citato sapeva riconoscere la chiusura e il risentimento anche dallo sguardo dei suoi allievi. Teneva corsi meravigliosi sulla capacità di creare. E per creare al livello che ci proponeva, chiedeva ci presentassimo aperti per apprendere. Ma non solo. Privati dello sguardo che critica, del commento che inizia con: “no, non sono d’accordo”, della risatina di scherno, che minano la possibilità di creare anche in chi ci sta di fronte.

Arrivavo dall’azienda e per anni mi ero formata sull’esercizio del giudizio.

Scoprii con dispiacere che sì, ero giudicante. Che sì, ero risentita. Che sì, criticavo, anche se solo mentalmente.

Fu per me un’esperienza durissima che mi mise fortemente in discussione.

Oggi credo che un buon metodo sia sospendere totalmente il giudizio per tutta la durata di un’esperienza, cercando di arricchirsene il più possibile. Avremo tempo dopo, al suo termine, di parlarne, di ripensarci e, se necessario, di criticarla.

Sono convinta che ogni atto creativo e ogni seme di cambiamento anche minuscolo, non debbano essere criticati mentre nascono, mentre cercano di attecchire. Pena la loro distruzione.

A capo

A capo

Stiamo cercando qui sul blog faticosamente con grande partecipazione da parte di molti, di far emergere un nuovo modo di essere DUE.

Molti si interrogano, si mettono in discussione. Altri fanno ciò che io facevo anni fa, giudicano, e rendono il processo di cambiamento arduo.

Noto anche che “la sindrome del Premier” è diffusa: noi donne siamo molto belle, simpatiche, intelligenti, finchè non diciamo come la pensiamo: allora spesso siamo ritenute delle rompiscatole e veniamo etichettate come “femministe”, invidiose e acide.

A capo

A capo

Io credo che oggi tutti potremmo per un po’ sospendere il giudizio e stare ad osservare, in ascolto. E’ un esercizio faticoso, noi donne lo abbiamo fatto per secoli, proviamoci.

Stiamo in ascolto, prendiamo tempo, osserviamo e lasciamo che nuovi pensieri nascano in noi. Ne abbiamo tutti da guadagnarci.