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La vita come estranea

E se non puoi la vita che desideri cerca almeno questo per quanto sta in te: non sciuparla nel troppo commercio con la gente con troppe parole in un viavai frenetico.

Non sciuparla portandola in giro in balìa del quotidiano gioco balordo degli incontri e degli inviti, fino a farne una stucchevole estranea.

Constantinos Kavafis

Quando cito questa poesia e i “simpatici intellettuali” mi dicono con supponenza che la conoscono già, li osservo con attenzione e il più delle volte scopro, così come mi aspettavo, che la poesia in questione gli è entrata da un orecchio e gli è uscita dall’altro, senza lasciarvi traccia.

Ho imparato negli anni a cercare di non tirarmela più di tanto: giusto il minimo sindacale. E di conseguenza leggo questa poesia da tempo, la so a memoria ma la ripasso ogni tanto mentalmente. Spesso mi colgo in castagna. Ho passato anni della mia vita durante i quali, senza rendermene conto, la mia vita era diventata una stucchevole estranea: è stato un duro percorso riappropiarmene. Quando ti allontani molto da chi sei veramente, trovare la strada del ritorno è dura. Succede anche che il “ritorno a casa” corrisponda al deserto interiore o all’angoscia. A quel punto si può scegliere di continuare a portare in giro la propria vita “in balia del quotidiano gioco balordo degli inviti” o mettersi a lavorare per riavvicinarsi a se stessi. Il lavoro su IL CORPO DELLE DONNE è frutto di una conquistata e sudata capacità di concentrarsi su ciò che conta

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Mettersi in discussione

Arrivavo lentamente, mi fermavo sulla porta e guardavo, con attenzione, mi pareva.

La stanza era luminosa, almeno io la ricordo così. Gli altri allievi erano già seduti sulla moquette chiara, con le spalle appoggiate alla parete. C’era un senso di bellezza diffuso.

Stavo immobile e col batticuore. Piena di rispetto, mi pareva.

Non sapevo se oggi sarei potuta entrare: attendevo il permesso di farlo. Senza rabbia, mi pareva.

Il docente era assorto in cio’ che stava facendo, poi alzava la testa, si guardava intorno, guardava gli allievi. Poi il suo sguardo si posava su di me e io capivo che non ero pronta per entrare.

Tornavo a casa. Senza risentimenti, mi pareva.

Uno degli insegnamenti più importanti che ho ricevuto nella mia vita è stato imparare, per me faticosamente, a esercitare l’assenza di giudizio. Esattamente il contrario di ciò che insegna la nostra cultura. Se dimostri di saper giudicare e criticare, la società ti apprezza. Lo vediamo giornalmente nei dibattiti televisivi: ascolto azzerato, giudizi feroci.

Uno dei modi certi per non apprendere nella vita, è giudicare un’esperienza mentre la si sta vivendo, o una persona mentre sta ancora parlando. Il più delle volte ci precludiamo la possibilità di imparare, opponendoci criticamente. L’apprendimento necessita di tempi lunghi, di capacità di ascolto, di pazienza.

Il docente citato sapeva riconoscere la chiusura e il risentimento anche dallo sguardo dei suoi allievi. Teneva corsi meravigliosi sulla capacità di creare. E per creare al livello che ci proponeva, chiedeva ci presentassimo aperti per apprendere. Ma …

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