Nein, danke

http://www.striscialanotizia.mediaset.it/video/videoflv.shtml?_2011_02_gri1.flv

Premesso che come sapete condivido le vostre ragioni sull’oggettivizzazione della donna , del suo corpo, ecc. ecc. ma cosa ti fa pensare, Lorella, o chi altri la pensa così che questa timidezza derivi dall’essere donna in particolare? Non potrebbe essere una caratteristica innata o conseguente a una qualche esperienza vissuta nel corso, diciamo così, dei primi dieci, quindici anni di vita? Certo che l’essere donna quindi anche educata in un certo modo incide eppure io, uomo, ho convissuto tutta la vita con questo sentimento e tutt’ora, trentanove anni e mezzo, ci combatto quotidianamente lo trovo, anzi, il peggior nemico della mia vita. Qualche volta vince lui, qualche volta io ma mai passo indenne dal contatto con gli altri, se così si può dire senza catastrofizzare i miei rapporti con il prossimo che sono ormai buoni. Certo che un padre padrone, schiaccia una donna come un uomo, certo che un animo sensibile subisce e interiorizza di più, però non so, da ragazzo ero propenso a credere che fosse sintomo di maggior bellezza interiore o che altro, ora invece credo che non c’entri un gran che, tu combatti contro questa cosa un altro dovrà combattere per essere più umile………….. non so se sono stato abbastanza chiaro. Ciao.

Ho letto or ora l’articolo di Gad Lerner che avete citato. Da senz’altro una risposta in più, credo che sì l’uomo che si vuole affrancare da una condizione socialmente standardizzata si trova nella condizione della donna o giù di lì; può arrivare anche a dubitare della propria identità sessuale -garantisco- siamo una generazione di passaggio e paghiamo un prezzo salato, amiche e amici; tentiamo di lasciare un mondo migliore ai prossimi, almeno un po’ migliore.

domenica 13 febbraio sono previste manifestazioni in tutta Italia, si ricollegano all’attività del “corpo delle donne”: contro il modo in cui vengono rappresentate le donne (e anche gli uomini) in Italia. si trovano informazioni sul sito de “l’unità”.
Firenze: ritrovo h.14 in piazza della Repubblica.
passate parola e partecipate numerosi!!!

@Massimo Di Lorenzo
Quando dici che “certo che un animo sensibile subisce e interiorizza di più, però non so, da ragazzo ero propenso a credere che fosse sintomo di maggior bellezza interiore o che altro ora invece credo che non c’entri un gran che tu combatti contro questa cosa un altro dovrà combattere per essere più umile ” ecco, credo che tu abbia proprio centrato il punto. Credere profondamente che l’animo sensibile sia sintomo di bellezza, anche se io direi viceversa ma va benissimo ugualmente, è per me il presupposto del rispetto umano che è presente sempre negli individui tutti. Ma l’educazione dei due generi in seguito, non va nella stessa direzione. Nel femminile si traduce quasi sempre nella fragilità di una sottomissione alla responsabilità o comunque competenza di gestione di qualcun altro pena il giudizio severo della società da dover giustificare (il termine “puttana” per esempio in molte culture è ancora sinonimo di “donna senza marito”), nel maschile corrisponde ad una negazione di tale aspetto pena il dubbio perfino sulla propria identità sessuale.
Difficilmente qualcuno combatterà per tornare ad essere umile, semplicemente non è più concepito.
E’ importante essere ben certi entrambi (i generi) della grave dannosità di questo modo di intendere e gestire la manifestazione della vita e dei suoi fatti, altrimenti il cambiamento non sarà sufficentemente efficace.
La possibilità che si sta creando in questo momento di uscire dalla distorta visione che sia una “questione femminile” non possiamo lasciarcela scappare, ma siamo purtroppo dovuti arrivare ad essere lo zimbello del mondo intero per accorgercene quando tutto questo sarebbe potuto accadere, confermando e proseguendo la grandiosa tradizione di questo Paese noto in passato in ogni dove per la sua cultura, almeno 40 anni fa (a voler essere ampiamente modeste) molto prima delle notti brave di Berlusconi, quando le teorie filosofiche del femminismo furono inascoltate e diffamate dai più…
Per quanto mi riguarda quando parlo di sensazioni legate alle problematiche che vive il femminile (perché queste conosco) non credo siano unicamente femminili, ma credo anche di non poter parlare di problematiche maschili perché non mi compete, non le pratico, non le vivo attraverso la mia pelle e il mio sentire.
Mi piace moltissimo però quando attraverso la relazione e il confronto posso imparare, collocare, comprendere e sentire qualcosa in più. Percepire che si è fatto un passo intero con entrambe le gambe. Mi arricchisce di un senso di ricchezza che porta verso un cambiamento più giusto, più abbondante, migliore.
Non nego comunque che dover affrontare tutto questo quando potrebbe non essercene necessità e avere più spazio dove poter gioire e godere tutt* e bene della vita, talvolta mi crea un certo senso, ahimè, di impazienza…;-)

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/02/03/si-puo-essere-bellesenza-essere-veline/90010/comment-page-1/#comment-1639531

l’avevo già scritto qualche giorno fa.. l oriscrivo perchè lo trovo molto interessante ed è prorpio relativo al perchè quando sotto lo sguardo altrui alcuni/e si sentono “oggetti”, altri/e si sentono “soggetti”

Cè una dinamica umana, un meccanismo psico-emotivo, che porta ogni donna-madre ad avere un progetto materno (conscio e inconscio) nei confronti del figlio/a.
Quando il progetto materno di avere un particolare tipo di figlio prevale sulle iniziative proprie del bambino, il Sè del bambino è invaso, è soffocato, è inibito. Per cui il bambino, per amore verso lamadre ma anche per autoproteggere e nascondere il vero Sè “mortificato”, si costruisce un falso sé, che risponde alle richieste della madre.
Tutto questo, insieme alle altre dinamiche relazionali “quotidiane”, può a portare a sviluppare un modo di “essere-per-l’altro”, anziché “essere-per-se-stesso”.
Le conseguenze devastanti di tali dinamiche invadenti ed egoistiche delle “madri”, si possono evidenziare negli atteggiamenti che portano le persone, e in modo particolare le donne, a “vivere” le relazioni distinguendo tra lo sguardo che afferma la persona guardata come Soggetto (in cui cioè la persona guardata è essa stessa soggetto, è-per-se-stessa), e lo sguardo che afferma la persona guardata come Oggetto, in cui la persona guardata si sente oggetto sotto lo sguardo altrui (cioè essere-per-l’altro).
(da: vergogna e gelosia – p. mollon)

@simona manni: l’articolo di Soffici era, a mio parere, evitabile.

@Simona Manni. A proposito di bellezza. http://www.youtube.com/watch?v=xKfP_zRFBfY
Ecco una pillola di saggezza napoletana.

E’ nato prima l’uovo o la gallina? Un bambino abusato che crescendo diventa un pedofilo è per questo innocente? Berlusconi ha trovato terreno fertile nel nostro paese eccetera eccetera, forse che non ci ha messo del suo? Forse che trent’anni di trash televisivo non hanno aggravato la situazione? Forse che chi ha taciuto o guardato ammiccando non è responsabile? Genitori che hanno abdicato… Verissimo, d’accordissimo, recentemente dicevo che la generazione attualmente dominante è quella dei paninari (per chi li ricorda) dei superfighi allampadati tutti firmati che hanno spazzato via generazioni di lotta per un mondo migliore… Sono colpevoli? Senz’altro ma di chi erano figli? Proprio di quella generazione sessantottina che decise di abiurare l’autorità, i valori precostituiti (precostituiti a chi, a cosa, alla loro nascita? forse che ad ogni nuovo nato l’umanità intera deve ricominciare a ripetere gli stessi errori per ripetere una storia dalla quale desumere una morale?). Schiacciati noi da un vuoto educativo, da una fiacchezza morale che ci rende interiormente deboli, fragili e facili prede di paure, ossessioni, depressioni, mode idiote o illusioni di facili felicità, schiacciati i paninari incolpevoli delle crisi dei genitori sessantottini che seppero trovare come unico valore quello della libertà individuale dimentichi di far parte di una società -i figli li hanno davvero presi alla lettera non comprendendo che per i sessantottini il valore sociale era così ovvio da essere scontato. I sessantottini erano figli di una società autoritarista, con valori ormai pietrificati fino a diventare parossistici, dove l’essere in funzione dell’altro schiacciava la persona e non poterono che ribellarsi. Possiamo continuare ad andare indietro per secoli, ma resta che l’umanità compie un percorso d’insieme che si chiama storia; oggi la storia ci porta a cercare una sintesi tra i valori del progresso e quelli dei millenni che non saranno stati popolati da miliardi di imbecilli, io credo. Autorevolezza non autoritarismo, cose scontate del genere, a parole, ma che all’atto pratico sono talmente difficili da mettere in pratica, da comprendere. Guardiamoci dentro, sì, guardiamoci dentro e troviamo il male che alberga senza eccezioni in tutti noi (ricordate il desueto “siamo tutti peccatori”?) ma senza che questo ci faccia sentire indegni di puntare il dito contro chi disprezza l’uomo e con ogni evidenza agisce a fin di male.