Posts tagged "crisi"
La Guerra di Grecia

La Guerra di Grecia

Riceviamo da Dimitris Kataiftsis, che vive ad Atene e che aveva curato la versione greca del documentario, un interessante punto di vista, dall’interno, sulla crisi economica e politica in Grecia. Grazie Dimitris.

Ribadisco che mai come ora è importante guardare anche al di là dei nostri confini, per apprendere, per confrontarci, per stimolare nuove iniziative.

Qui un altro articolo interessante sulla Grecia.

Nel momento storico in cui ci troviamo, l’Italia e la Grecia sono accomunate dall’emergenza arbitraria di due banchieri nella posizione di primo ministro. In questa coincidenza, il capitalismo mostra prepotentemente che non c’e’ bisogno di governi democraticamente eletti, il che apre la strada a sistemi politici piu’ totalitari che meglio riescono ad imporre il predominio dei mercati sulle persone. Mai come ora ci sarebbe bisogno di una lotta comune contro questa economia e relativo sistema sociale.

    Per quanto riguarda la Grecia, e’ facile capire che le misure di austerita’ non sono necessarie a salvare il paese. Esse non rappresentano altro che il tentativo da parte di capitalisti locali e stranieri di rinegoziare il livello di salari e pensioni e privatizzare il sistema di sicurezza sociale, riportando indietro di centro anni la relazione capitale-lavoro e creando un nuovo status quo per l’Europa a livello economico e politico. Questo piano, dove la Grecia sembra essere un ‘caso sperimentale’, sara’ seguito da altri paesi. L’Italia si appresta ad imboccare la stessa strada.

    Per l’implementazione di questo piano ben organizzato, le maggiori forze politiche in Grecia hanno chiesto fin dal principio

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Come Bestie da Soma

Questo articolo è uscito sull’Unità e lo potete leggere anche qui di seguito.

Come Bestie da Soma “Mi parli di Clarissa, mi parli di Carolina, mi parli di quest’altra, della Luciana, chi sono? Prendi un caravan… cosa ti devo dire…” “Vedi, dovremmo averne due a testa se no mi sento sempre in debito, tu porta per te e io porto le mie. Poi ce le prestiamo. Insomma la patonza deve girare.”

Racconta uno degli investigatori che per due anni ha ascoltato le intercettazioni telefoniche che riguardavano anche il Premier che “ si trattavano le donne come bestie da soma”. Rispetto a due anni me mezzo fa ciò che emerge in questi giorni è diverso e, se possibile, peggiore. Allora Noemi e le altre parevano oggetti, gingilli, “grechine” sacrificali delle serate del drago, come ebbe a definire il marito,  l’allora  moglie Veronica. Il lato bestiale non era emerso, che invece emerge ora  dalle frenetiche richieste del faccendiere Tarantini ad un amico: “Trova una tr..a per favore. Io alle due sto salendo in aereo e non posso più chiamare, però trova qualche altra femmina”. Donne  che diventano oggetto di scambio di favori importanti, di soldi, di carriere. Donne giovanissime, “le mie bambine”, tante tantissime da cercare costantemente, urgentemente: per ognuna si potrà chiedere al Premier un prezzo sempre più alto. Tenerlo in pugno. Migliaia di intercettazioni che raccontano di questa frenesia, un’occupazione che prende tempo, tanto tempo da far definire l’altra occupazione, quella politica di Premier, un impegno “a tempo perso”. …

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L'estate fragile

L’estate fragile

I vecchi di tutto il mondo si assomigliano, per nostra grande fortuna. Seduta nel piccolo caffe di questo sperdutissimo villaggio del nostro mediterraneo, osservo, non vista, un uomo anziano sotto un pergolato d’uva. Da più di mezz’ora sta immobile, un bastone semplice tra le mani, vestito così come hanno vestito per secoli i nostri vecchi dalla Sicilia alla Grecia. Tutt’intorno è un brulichio di persone che vanno e vengono dal locale, che parlano, si salutano, scherzano. Lui sta. Guarda, non noi, direi, guarda un punto che parrebbe lontano, ma più probabilmente è il filo di un ricordo che sta seguendo. Sta e guarda come ha visto fare a suo padre probabilmente, a suo nonno e ai molti altri che lo hanno preceduto. Qui non arrivano i giornali ma internet sì, e non ho ancora capito se è una forma di evoluzione o no. La borse europee crollano, ho così la possibilità di leggere, i Governi, e non solo il nostro Governo, non sanno cosa fare: qualcuno azzarda licenziamenti, tagli, idioti accorpamenti di giorni festivi: come se bastasse, come se qualcuno ci credesse che basterà mettere insieme il 2 giugno e l’immacolata per salvarci da un crollo che è di un sistema, e che noi siamo impreparati ad affrontare. Basterebbe dire:” Non sappiamo cosa fare, dobbiamo prendere tempo, siamo ad un punto di svolta epocale e non abbiamo gli strumenti. O forse li potremmo avere, ma sarebbero impopolari e forse perderemmo il vostro consenso e dunque i vostri voti, e dunque …

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Italia, agosto 2011

Italia, agosto 2011

Che entrino le bocce di Cristina e Francesca!, E tu, dove glielo metteresti?, Abbiamo le poppe più belle d’Italia, Te la do gratis, Fate l’amore con Sapore, Fatti il Capo, Metti il tuo pacco in buone mani, Tira fuori la bestia, Il vento è cambiato, Lei è più bella che intelligente, Ti piacerebbe averle così?Te le pago io!, Database ve la da, Un uomo non vede altro, Scatenami, Con buona pace di chi crede al fascino dei neuroni…l’occhio pretende la sua parte…!, Nonostante il seno piccolo è riuscita a trovare un ragazzo che le volesse bene, Fai una panoramica sulla calotta polare!, Montala a costo zero……

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Ciao Mamma, il mio Cervello è andato in Corto

Da qualche giorno sono ospite di un’amica in un piccolo meraviglioso paese dell’entroterra sardo: scrivo, passeggio, guardo le donne ai telai produrre tappeti incantevoli, penso. Leggo Sardegna 24, un nuovo quotidiano diretto da Giovanni Maria Bellu che spero possa essere riprodotto con questa impostazione in altre città: si parla di problemi locali ma con l’approccio dell’indagine, della denuncia seria senza clientelismi, lo leggo e mi appassiono. Riporto l’articolo di fondo del direttore che mi tormenta da stamane: che vergonga, che disastro, io voglio fare qualcosa, voglio reagire. Voglio incidere sul cambiamento. Settantamila micro aziende sarde a settembre dovranno chiudere. 210 mila addetti da allora in poi, saranno a spasso, e considerando le loro famiglie si arriva a calcolare che 600 mila persone, nei prossimi mesi saranno ridotte sul lastrico. Gianni Piacciau del movimento «Artigiani e commercianati liberi Sardegna», già iniza a intravedere la prospettiva dell’Argentina nei giorni acuti della crisi. E non è un concetto irreale o esagerato, perchè oltre al baratro della disoccupazione, si aggiungono le pratiche vessatorie dello Stato: i sardi dovranno pagare oltre 300 milioni di euro, che arrivano con le cartelle di Equitalia pronti per essere riscossi dall’erario.

“Non era affatto una macabra metafora del fallimento economico come morte civile il carro funebre che ha accompagnato il corteo delle vittime di Equitalia. Era invece una sintesi cronachistica di quanto, nel silenzio pudico di famiglie capaci di conservare la dignità anche nei momenti più disperati, sta accadendo nella nostra terra. Sì, ci siamo arrivati. Si è compiuto

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La valle dei morti

Ehi, laggiu’ c’è qualcuno che ci sente? Nessuno? Non ci sente nessuno?

Mi aggiro da qualche tempo nella Valle dei Morti. Per i primi mesi ho utilizzato il coraggio ed ho affrontato lande deserte col batticuore ma certa che la’ in fondo ci fosse il Luogo che cercavo. Ero certa che la solitudine che mi circondava fosse un fatto temporaneo: infatti uomini e molte donne si sono messi in cammino con me.

La Valle dei Morti non è un bel posto. Catapecchie ovunque che tentiamo di recuperare o ricostruire ma da soli è difficile. Ogni tanto ci avvicinano strani esseri. All’inizio li confondevo, pensavo fossero umani come me e che volessero ricostruire le catapecchie con me. Apparentemente erano umani. Poi però, mi chinavo a prendere una tegola o un mattone per ricostruire la catapecchia, e quello che io credevo essere un umano mi chiedeva in cambio qualcosa. Cosa se ne farà se siamo nella Valle dei Morti, pensavo. Altre volte quello che io credevo un umano, invece di ricostruire, si sedeva e mi chiamava; iniziava allora lunghi discorsi. Mi spiegava con supponenza che era inutile ricostruire: ci fossimo riposati sarebbe giunto qualche viandante facoltoso a cui potevamo rivendere le catapecchie facendogli credere che fossero palazzi “funziona, funziona” mi diceva. Una volta il simil umano ha persino nascosto gli ultimi mattoni dietro una rupe, pensando noi dormissimo: voleva rivenderceli il giorno dopo. Cosa se ne farà del denaro mi chiedevo, visto che siamo nella Valle dei Morti. Mi parevano tipi originali …

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Un altro mondo è possibile, Yes we can, ecc

Non so voi, ma io ho ormai l’allergia agli slogan ipercitati tipo “yes, we can”, “un altro mondo è possibile” e così via.

Il problema nasce dall’abuso che se ne fa.

“Yes, we can” è nato per raggiungere un obbiettivo fino a tempo fa impensabile: un presidente nero e democratico alla Casa Bianca. Poi però l’abbiamo visto usare da parte di molte aziende per stimolare i propri dipendenti a superare la crisi, a farsi carico del raggiungimento di obiettivi difficili. E allora “Yes we can” ha perso la sua carica emotiva, è diventata un’incitazione svuotata del suo significato profondo ed etico e infastidisce persino perché declinata al raggiungimento del profitto, o di una meta sportiva o altre amenità.

“Un altro mondo è possibile” dovrebbe essere il memento davanti al nostro letto e che vediamo come prima cosa ogni mattina, anche in questo caso abusato e depredato della sua portata evocativa.

Il sottotitolo de IL CORPO DELLE DONNE potrebbe essere uno dei due slogan citati, quando ancora erano carichi di significato.

Vale la pena di raccontare la storia che ha condotto al documentario.

Lo scorso anno ho risentito parecchio della crisi economica, che ha avuto un unico risvolto positivo: mi si è liberato del tempo.

Nella lingua cinese la parola crisi è composta da due ideogrammi: il primo wei significa problema, il secondo ji significa opportunità. Il modo migliore per uscire da uno stato di crisi sembrava dunque quello di cogliere le opportunità di crescita in esso contenute.

Improvvisamente si sono

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