di Giulia Camin corrispondente da PARIGI
“La posta in gioco stessa del coraggio è di mettere alla prova la natura della volontà e della libertà del soggetto. Noi non saremmo liberi se non alla stregua della messa alla prova del coraggio? Eppure, niente di più certo di un soggetto che, alla chiamata del dovere del coraggio, si sente già condannato. Che cos’è volere? Che cos’è il volere se non già il manifestarsi di una certa forma di coraggio? Poiché volere, vorrà dire affrontare il passaggio verso il potere. Volere non è ispo facto potere. Non basta volere per potere. Oppure sì. Basta. Ed è così che il territorio immenso della volontà si apre, come un abisso. E la posta in gioco diventa chiara. Il coraggio, sarà già il volere. Decidere di volere. Nient’altro che ciò”( Da “La fin du courage” di Cynthia Fleury)
Ieri ho guardato un telegiornale italiano in streaming; sono pochi quelli visibili gratuitamente per gli italiani all’estero. Non lo guardavo da tempo, più o meno da quando mi sono arresa alle evidenze: venti minuti dedicati ai problemi giudiziari di pochi, cinque minuti per accennare ai problemi reali di un intero paese. Ma ieri ne sentivo il bisogno, ero ansiosa di partecipare, anche se da lontano, ai funerali di Lea Garofalo. Fremevo dalla commozione e avevo necessità di vedere una folla oceanica pronta a rappresentare anche la mia di vicinanza a Denise, sua figlia. Lea, che esempio immenso di coraggio e di amore per la legalità. Quanta …
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