“Durante il diciottesimo e il diciannovesimo secolo gran parte delle proteste dirette contro l’ingiustizia sociale furono in prosa. Si trattava di argomentazioni ragionate scritte nella convinzione che, con il tempo, la gente avrebbe messo la testa a partito, e che, in definitiva, la storia fosse dalla parte della ragione. Oggi la cosa non è affatto chiara. Gli esiti non sono affatto garantiti. Le sofferenze del presente e del passato hanno scarse probabilità di essere redente da un’era futura di felicità universale. E il male è una realtà costante non estirpabile. Ciò significa che la soluzione-il venire a patti con il senso da dare alla vita-non può essere differita. Del futuro non ci si può fidare. Il momento della verità è ora. E sarà sempre più la poesia, non la prosa, ad accoglierla.
La prosa è molto più fiduciosa della poesia: la poesia parla alla ferita aperta.”
Traggo questo brano mozzafiato per la sua attualità, dal volumetto dal titolo meraviglioso “E i nostri volti, amore mio, leggeri come foto” di John Berger critico d’arte e poeta, ed Bruno Mondadori. Berger è il volto stupendo dell’immagine in homepage che ci riporta alla memorabile dichiarazione di James Hillman “Invecchiando io rivelo il mio carattere dove per carattere devo intendere tutto il vissuto che ha plasmato la mia faccia, che si chiama faccia perchè l’ho fatta proprio io...” Faccia da innamorarsi perdutamente nonostante i tanti anni di Berger, credo ne conveniate.
So che tra chi ci legge vi sono …
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