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Vitasnella, Me Stessa al Meglio e i Corpi delle Donne

Vitasnella, Me Stessa al Meglio e i Corpi delle Donne

L’attivismo funziona. Lo racconto da 5 anni nelle scuole.Essere attiviste  oggi significa informare attraverso la rete e incontrare le persone sul territorio per provocare i cambiamenti. Abbiamo inziato questa pratica con il doc “Il Corpo delle Donne” e l’abbiamo proseguita con gli incontri di Educazione ai Media sul terrritorio, attraverso i quali abbiamo contribuito ad innalzare il livello di consapevolezza sugli stereotipi sesssiti che danneggiano profondamente  la nostra autostima e la nostra realizzazione. A migliaia abbiamo protestato educatamente ma fermamente contro la cartellonistica che ci umilia: molte  volte abbiamo avuto ascolto. I cambiamenti possono partire solo dal basso: in seguito arriveranno  le leggi a renderli duraturi ma se non dcomunichiamo  il nostro parere e il nostro scontento, non attendiamoci che i cambiamenti avvengano. Giorni fa sono stata invitata al lancio di una nuova campagna pubblicitiaria per l‘acqua Vitasnella, mi è stato chiesto di intervenire al dibattito. La campagna è qui, guardiamola e analizziamola.

– buona notizia: c’è da essere contente/i del nostro lavoro, intendo di noi tutte/i: protestare come dicevamo serve. Saatchi and Saatchi, l’agenzia di pubblicità,  ha evidentemente ascoltato le giovani donne sul web anche  probabilmente attraverso ricerche ad hoc: la ragazza selezionata per il video è certamente carina ma  non rispecchia i terrificanti canoni imposti dai media negli ultimi anni: ha un fisico di struttura nella norma, non è eccessivamente magra né con seni finti enormi. E’ un cambiamento importante: viene proposto un corpo di giovane donna a figura intera, sapendo che verrà …

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Il Matrimonio che Vorrei

Il Matrimonio che Vorrei

di Chiara Baldin “L’egoismo non consiste nel vivere come ci pare ma nell’esigere che gli altri vivano come pare a noi.
”Oscar Wilde Nella mia parentesi australiana ho conosciuto tante persone e tante vite. Soprattutto ho vissuto diverse storie di donne. Posso anche dire: sulla mia pelle.

A Sydney, grande culla che raccoglie in sé le più svariate culture del mondo, si vive come mai ho vissuto. La multiculturalità, i colori dei quartieri, le lingue sparpagliate per strada danno la sensazione che il mondo sia veramente piccolo e tutto lì, compresso in poche centinaia di chilometri. Nelle strade si vive abbastanza liberi da preconcetti. La gente non ti fissa attonita se sei a manina con una persona dello stesso sesso, né se baci sulla bocca una persona che ha la pelle di una tonalità diversa dalla tua. Si gira scalzi o trasvestiti da super eroi a qualunque ora del giorno. Si sorride e si saluta chi s’incontra per strada. Per le vie di Sydney tutto sembra molto rilassato e in pace con l’universo. Tuttavia anche qui le disparità e le ingiustizie esistono.

Non conosco a fondo la situazione femminile nella realtà sociale, lavorativa ed economica australiana. Non ho avuto occasione di approfondirne il tema perché il mio soggiorno qui è limitato. Tuttavia ne ho parlato spesso con l* mi* collegh* riscontrando opinioni molto contrastanti. Dalla mia minuta e superficiale esperienza, posso dire che ho percepito qualche ingiustizia e subdola discriminazione nei sei mesi vissuti in una scuola privata di lingua …

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La Percezione della Vecchiaia

La Percezione della Vecchiaia

Quando mi sono trasferita in Olanda, sette anni fa, mio nonno aveva 83 anni e faceva molta fatica a camminare già da un paio d’anni. L’uomo di forte tempra che era stato tutta la vita aveva lasciato il posto a un uomo anziano e in difficoltà. Ricordo come fosse ieri la sua riluttanza all’utilizzo del deambulatore (il carrellino, quello con le rotelle a cui ci si appoggia per aiutarsi nel camminare distribuendo meglio il peso su un appoggio). La riluttanza era dovuta in piccola parte alle difficoltà logistiche del caso: anche con il deambulatore non sarebbe andato lontano, tra marciapiedi impraticabili, automobili parcheggiate sulle strisce pedonali e mancanza di rampe; in buona parte era dovuta alla vergogna legata alla sua condizione di uomo anziano, cui le gambe non obbedivano più, bisognoso di un carrellino per muoversi. Perché racconto questo? Un po’ perché mi ha scosso l’articolo “Vietato Invecchiare” di Chiara Baldin di due settimane fa. Ho ancora una nonna e alcune prozie molto in là con gli anni e in grandi difficoltà tra la precarietà della loro salute e la difficoltà ad avere assistenza, purtroppo estremamente costosa e comunque insufficiente e – ohimè – inefficiente. Un po’ perché mi è capitato un fatto che mi ha disgustato e che dà la misura di quanto degradata sia la situazione del nostro paese nella sua stessa umanità, misurata in questo caso dalla considerazione per la vecchiaia.

Frequento da diversi anni un gruppo di mamme in rete. Con alcune mi frequento anche nella …

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8 marzo in Francia

Giulia Camin e l’8 marzo in Francia. Anche quest’anno l’8 marzo ha fatto discutere. Le polemiche che accompagnano il modo di interpretare o festeggiare questa giornata le trovo spesso sterili. Sono personalmente estremamente felice di festeggiare le donne che mi hanno aiutata a essere più consapevole dei miei diritti. Celebro da anni  questa giornata come una giornata di lotta, una lotta quotidiana che continua e che spesso porta buoni risultati. Per questo motivo ho tradotto per il Corpo delle Donne un articolo pubblicato ieri sul quotidiano Le Monde.  L’articolo parla delle discriminazioni vissute dalle giornaliste di Echos, importante quotidiano economico francese, che in seguito alle manifestazioni di malcontento delle sue impiegate ha dovuto dare maggiore trasparenza e rivedere le proprie politiche di assunzione e promozione.  Le giornaliste francesi in causa hanno semplicemente reagito, espresso il loro malcontento. Sussurarre, lamentarsi a bassa voce, tra di noi, alzare le spalle non serve e non basta. Quando le aziende  non si comportano in modo esemplare, sta a noi la responsabilità di fare da arbitri. Alzare la mano, esercitare tutto il potere possibile affinché non ci siano ingiustizie né discriminazioni. Difenderci unite. Puo sembrare banale, ma in tanti anni di lavoro mi è capitato spesso di essere sola a far notare la differenza di salario fra impiegate donne e colleghi maschi. E spesso le accuse di discrimiazione sono cadute nel vuoto, la mia voce da sola non è stata abbastanza forte. In Francia sono tendenzialmente (non sistematicamente) molto più sensibili a queste problematiche; per …

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CARA MARTINA che hai 17 ANNI

Cara Martina che mi scrivi che hai 17 anni e che sei tanto arrabbiata.

Arrabbiatissima perché ancora nel 2015 sei costretta a vivere in un Paese dove non c’è Educazione Sessuale, dove le modalità di prevenzione ce le si passa di nascosto tra amiche mentre la tua amica in Norvegia, dove hai trascorso tre mesi, ha imparato tutto a scuola alla luce del sole.

“Incazzata nera” perché ancora l’interruzione di Gravidanza è tabù. Hai due amiche a cui è accaduto di restare incinta e hanno passato le pene dell’inferno, tutto di nascosto, con in più il senso di colpa “che ci fate venire voi adulti che non ci aiutate e fate finta che va tutto bene” “Ma è normale, ha capito? Normale! che io in futuro mi voglia sentire chiamare avvocata! Non ho il pene, sono una donna, la parrucchiera dove va mia mamma si chiama così perché è femmina, mio padre va dal parrucchiere. Ma quanto tempo perdiamo in stronzate?”

Sei incredula che io scriva su questa  pagina con ammirazione di ragazzi che sono dalla parte delle donne “ Ma i miei amici sono così. Ce ne sono tanti che ragionano. E se qui da noi siamo rimasti nel medioevo, noi spesso siamo più Europei di voi”. Ma più di tutto ti hanno fatto arrabbiare “questi litigi insopportabili tra donne mature. “Non vi vergognate dopo tutto quello che ci avete raccontato del femminismo?” Cara Martina, care ragazze che leggete: buon 8 marzo.

Non è il Paese che avremmo voluto …

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PIENA di  NIENTE:STORIE di ABORTO e OBIEZIONE

PIENA di NIENTE:STORIE di ABORTO e OBIEZIONE

In una parodia riuscitissima un attore del duo “I soliti Idioti” ripete insistentemente la parola “omosessuale” scandendola, gridandola, insistendo con l’obbiettivo di far entrare nel linguaggio comune di un Paese bigotto, il nostro, un termine che definisce una realtà non ancora accettata. Uguale tecnica bisognerebbe utilizzare per la parola ABORTO. Termine duro, fastidioso, doloroso. E come nel caso precedente, termine che in molte/i rifiutano anche solo di pronunciare per quanto il significato rimandi a qualcosa di tremendo. Ma non sarà evitando di pronunciare la parola ABORTO che troveremo la soluzione a quello che è un vero dramma italiano. Secondo la LAIGA Libera Associazione Ginecologi la media nazionale degli obiettori è del 91,3%, cioè medici che si rifiutano di applicare la LEGGE 194 che risale al 1978 e che consentirebbe di ricorrere all’Interruzione Volontaria di Gravidanza in una struttura pubblica entro 90 giorni. Pochi mesi fa, la Risoluzione Estrela, dal nome della deputata portoghese che l’aveva proposta, è stata bocciata al Parlamento europeo: si prefiggeva di porre fine alla vergogna dell’obiezione di coscienza, oltre a garantire l’educazione sessuale. Trovo terribile umiliante e doloroso dovere scrivere per affermare un diritto fondamentale che viene giornalmente negato.

Bisogna ridirlo chiaramente: non è negando l’ABORTO che si limiteranno gli aborti. L’ABORTO si limita con l’educazione sessuale per ragazze e per ragazzi. Quell’educazione sessuale che nel nostro Paese non viene impartita e che fa accadere episodi come quelli a cui ho assistito più volte: adolescenti che ridacchiano imbarazzati se si parla di preservativi. Gli stessi adolescenti

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La Berlinale delle Donne

La Berlinale delle Donne

Livia Anita Fiorio ci racconta la Berlinale delle Donne:

Berlino, 16. Febbraio 2015. Ieri si è conclusa la 65esima Berlinale, il festival internazionela del cinema di Berlino. Nel corso del festival sono stati presentati più di 400 film di cui 114 diretti da registe donne. Film d´apertura: “Nobody wants the Night” di Isabel Coitexet. Film in concorso assolutamente da vedere: “Body” di Malgorzata Szumowska, caratterizzato da un ironico e malinconico iper-realismo in cui il corpo di anoressiche, bulimiche, feti, morti, malati, uomini, donne, spiriti e gestanti compare nelle sue moltepilici declinazioni e “Ixcanul”, di Jayro Bustamante, la vicenda di una giovane donna guatemalteca della regione Kakchiquel-Maya nata e cresciuta ai piedi di un vulcano. Il direttore del festival Dieter Kosslick e la delegata della Repubblica Federale per la Cultura e i Media Monika Gütters hanno annunciato fin da subito che la Berlinale 2015 sarebbe stata un festival all´insegna delle donne proprio perchè, come ha spiegato Kosslick in un´intervista con il Tagesspiegel del 28.01.2015 “ è sempre molto sorprendente che in 65 anni di storia della Berlinale l´orso d´oro sia stato assegnato solo tre volte a una donna, ossia all´ungherese Marta Mészáros esattamente 40 anni fa, a Jasmila Zbanicnel 2006 e a Claudia Llosa nel 2009.” È stata quindi una presa di posizione politica consapevole quella della direzione del festival, non solo una battuta di spirito da cronaca mondana: raccontare storie inedite “di donne forti in situazioni estreme” anche se, precisa Kosslick “siamo comunque ben distanti dall´aver raggiunto una quota del …

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