GIULIA dall’OLANDA SI AGGIUNGE ALLE NOSTRE CORRISPONDENTI. E’ fondamentale sapere cosa accAde fuori da qui. Leggiamo e prendiamo ispirazione!
Mi chiamo Giulia Montanelli e sono nata nel 1980 a Milano, ma vi scrivo dalla mia casa di Eindhoven, in Olanda, dove vivo dal 2008.
A Milano mi sono laureata in economia e ho compiuto le mie prime esperienze lavorative, prima nelle ricerche di mercato e poi nel mercato dell’energia, sempre occupandomi di analisi di dati.
A Eindhoven sono approdata insieme a mio marito, ormai sei anni fa, a seguito di alcune sue vicissitudini lavorative che l’hanno portato a cambiare lavoro e che hanno segnato una svolta davvero inattesa.
Ma andiamo con ordine: mi sono laureata nel 2004, mio marito nel 2005 e ci siamo spostai nel 2006. Questo dettaglio così privato ha creato qualche problema nello sviluppo del mio lavoro, mentre, curiosamente, per mio marito segnava un punto a favore. A me chiedevano se avessi in animo di avere figli, a lui dicevano che è molto bello vedere un giovane così serio che si impegna a mettere su famiglia. Ma lavorare in Italia non è rose e fiori per le giovani donne e nemmeno per i giovani uomini e così gli aventi ci hanno fatto muovere in questa direzione: un curriculum in Olanda poco prima di Natale 2007, i primi colloqui a gennaio 2008 e ad aprile lui era già qui. Per alcuni mesi io sono restata prudentemente in Italia, ci vedevamo nel weekend e cercavamo di trasformare una casa olandese in una casa italiana (impresa solo parzialmente riuscita). A settembre 2008 mi sono trasferita anch’io.

Il caso ha voluto che io non abbia mai lavorato per un’azienda olandese: quando mi sono trasferita l’azienda per cui lavoravo in Italia mi ha proposto di continuare a lavorare insieme con modalità di telelavoro, con continue trasferte a Milano. Avrebbe dovuto essere una soluzione di breve periodo – stavo già cercando lavoro qui – e invece è durata ben 4 anni, durante i quali sono nati i miei due bambini, nel 2009 ed nel 2011.
Così mi sono trovata in un paese non mio, con due bambini piccoli vicinissimi, un lavoro che mi piaceva molto e che mi dava un certo spazio di manovra lavorando da casa per la maggior parte del mio tempo e alle prese con uno dei punti più difficili che abbia affrontato finora, delle vere forche caudine: la necessità di equilibrare la divisione dei compiti, di condividere il dovere e il piacere di occuparsi dei nostri bambini con mio marito, insieme alla necessità di organizzarsi per lavorare entrambi. Avrò modo di parlarne nelle prossime puntate: non tanto di come abbiamo fatto noi, visto che ricette certo non ce ne sono, ma degli strumenti che abbiamo avuto a disposizione e del clima in cui ci siamo trovati a barcamenarci.

Non abbiamo vissuto male il trasferimento: un po’ eravamo in due e con i nostri gatti, quindi il nostro non è stato un trasloco con solo due valige in mano; un po’ l’Olanda e l’Italia sono vicine e le compagnie low cost permettono di tornare per il weekend in caso di crisi di nostalgia; un po’ abbiamo trovato qui una dimensione che abbiamo sentito nostra quasi subito. Abbiamo avuto le nostre difficoltà, ma ci siamo adattati bene: si impara a uscire sotto la pioggia, perché altrimenti non si esce mai; a comprare le macchine grigie, perché la nostra auto rossa nel giro di un anno è diventata rosa causa abbondanza di pioggia e carenza di garage; ad andare in bicicletta anche a gennaio, perché quando nevica vengono spazzate prima le piste ciclabili delle strade; a fare mille piccoli lavori di casa perché trovare chi te li faccia è un’impresa non da poco che ha costi elevatissimi; si impara a cucinare cose strane e a farsi la pizza in casa; si imparano orari diversi, usi diversi; a un certo punto si inizia a sognare in una lingua diversa; ti nascono i figli e li senti che parlano in italiano con accento straniero, mentre hanno una parlata olandese tipica del brabante. Insomma, il mondo si ribalta, ma non è un male. La cosa che forse ci pesa di più è l’impossibilità di vivere una quotidianità con le nostre famiglie d’origine, soprattutto ora che abbiamo dei figli che vivono lontani dai loro nonni: questo ci dispiace, soprattutto a me che i miei nonni ho avuto la fortuna di viverli ogni giorno fino all’età adulta.

Nei primi tempi del mio pendolarismo lavorativo viaggiavo portando con me i bambini, che hanno voltato fin dalle prime settimane nella mia pancia e una volta venuti al mondo sono stati allattati, addormentati e cambiati più spesso sui sedili di un aereo che sul fasciatoio di casa. Da un annetto viaggio sola, lasciando i bambini a casa con il papà. Un po’ perché la scuola in Olanda inizia al compimento dei 4 anni e questo ha segnato la fine della libertà dal punto di vista del calendario; e un po’ perché abbiamo deciso che sarebbe stato più facile viaggiare spesso per brevi periodi piuttosto che più di rado per parecchi giorni, sia per equilibri in famiglia sia per necessità di lavoro. Ormai sono a Milano a settimane alterne se non tutte le settimane, per uno o due giorni.
E questo ci riporta a quello che faccio oggi. Nel 2012 ho lasciato l’azienda per cui avevo lavorato per quattro anni dall’Olanda e sono rientrata nella piccola azienda di mio padre che, insieme a mio fratello e un altro socio, abbiamo deciso di rilevare per portarla avanti adesso che per il papà è arrivata l’ora della pensione. Stiamo tentando si traghettare una piccola impresa, di quelle che fanno la gran parte del tessuto produttivo italiano, attraverso questi anni di crisi, speriamo in acque migliori.
Una pazzia trovarsi in Olanda e scegliere di rilevare una piccola impresa industriale italiana, che in Italia produce?
Una mezza pazzia, sì.
Ma posso dire che questi anni di Olanda mi hanno sì fatto vedere tante cose belle che si trovano fuori dall’Italia, ma mi hanno anche permesso di vedere meglio cose incredibili che sono IN Italia.
E siccome io sono di quelli che ci credono che l’Italia abbia moltissimo che può fare e può dare, ho deciso di raccogliere la sfida, affrontare la burocrazia, le spese assurde e tutta la difficoltà che questo passaggio comporta, insieme a due ragazzi che sono ancora più giovani, entusiasti e più pazzi di me.

Così sono una pendolare tra il nord e il sud Europa e ormai mi sento sempre a casa mia, anche se parlare olandese resta ostico anche dopo 6 anni e mi imbarazzo quando mi rendo conto che mio figlio parla più spedito di quanto non faccia io dopo ore di lezione.

Ed eccomi qui, a raccontare un paese molto diverso e un punto di vista alternativo!

Ah, quella nella foto sono io!

Tot ziens en fijne dag!
groetjes,
Giulia da Eindhoven