Da Berlino, Livia Anita Fiorio
Dall´11 gennaio del 2014 nei luoghi più frequantati di Berlino e della Germania campeggiano degli enormi cartelloni pubblicitari in formato LED-digitale o cartaceo. Su di essi una persona (uomo o donna), più o meno vestita, viene spruzzata di polvere dai colori accesi. Lo sfondo è bianco. A destra o a sinistra della persona ritratta compare un solo slogan: “La pubblicità colpisce. Tutti”. In basso in piccolo l´indirizzo di un sito internet: www.trifft-jeden.de
„ASSENWERBUNG TRIFFT. JEDEN.“ è una campagna pubblicitaria promossa dalla FAW (Fachverband Aussenwerbung e.V.) e destinata a creativi e operatori nell´ambito dei media tedeschi. Scopo: implementare le affissioni pubblicitarie integrandole con il supporto di internet in modo crossmediale.
Da più di un mese ogni giorno passo due volte al giorno davanti a questi cartelloni pubblicitari. “Trifft jeden” (= ci becca tutt*) penso e ripenso da settimane.
Già dopo la prima settimana non ho resistito.Una sera, tornata a casa, ho inserito nel motore di ricerca internet lo slogan che ogni mattina e ogni sera vedevo piazzato a caratteri cubitali sulle affissioni: “La pubblicità affissa becca. Tutti”.
A quanto pare non sono stata l´unica: nell´arco delle prime tre settimane il FAW ha registrato 12551 visitatori e 16480 visite sulla pagina web; 2495 downloads e 19,9% conversioni; valori di memoria dei visitatori: 71% recognition e 52% recall.
Una campagna/prova esemplare che ha attestato non solo ai “creativi” quanto una pubblicità efficace possa sortire, ancora oggi, degli effetti vincenti se la comunicazione in uno spazio pubblico viene gestita in modo sostenibile, ma ha smascherato nuovamente anche per gli utenti meno competenti in materia come –effettivamente- integrata nello spazio pubblico (reale e virtuale) essa ci colpisca DAVVERO tutti, a prescindere dal back ground di ognuno di noi. Ed è proprio su questo tema, la pubblicità in spazio pubblico, che si è svolto il dibattito virtuale dei lettori del TAZ, quotidiano alternativo di sinsitra, nell´arco del week-end appena trascorso.
Titolone: “Proibire la pubblicità sessista?”. Sottotitolo: “Niente seni, né addomi palestrati: a Berlino i politici appoggiano un divieto alla pubblicità sessista. Ma ciò risolve il problema?”.
La settimana scorsa, infatti, le fazioni Bündis 90/Die Grünen, SPD, Die Linke e Piraten del quartiere Friedrichshain-Kreuzberg hanno proposto con voto di maggioranza di proibire, a mezzo di clausole, pubblicità sessiste, discriminanti e misogine sulle superfici addette ad affissione di proprietà del quartiere. E mentre i politici si accingono a discutere quali criteri adottare per poter impedire proattivamente (e non retroattivamente) l´affissione di pubblicità sessiste, i lettori e le lettrici del TAZ dibattono: i divieti possono risolvere dei problemi esistenti? Sono da considerarsi come contrari a libertà di esperessione e opinione?
Eccovi qui alcuni dei commenti.
Proibire la pubblicità sessista: SI
Pascal Striebel, 27 anni, politico dei Verdi (Die Grüne) nel quartiere di Friedrichshain-Kreuzberg: “Sulle affissioni pubblicitarie in luogo pubblico veniamo a contatto con i classici stereotipi di genere: l´uomo palestrato che aggiusta la macchina, la donna magra e dai capelli lunghi che non si sa cosa stia facendo. Davvero realistico e nuovo sarebbe mostrare una famiglia allargata o una coppia gay o una modella che si avvicini alla vita reale. Sarebbe bello. Non abbiamo nulla in contrario rispetto alla pubblicità di biancheria intima. Per noi qualcosa è sessista quando vengono rappresentati corpi maschili o femminili senza attinenza al prodotto pubblicizzato. Vogliamo dare spazio alla molteplicità che caratterizza il nostro quartiere almeno sulle superfici adibite ad affissione di proprietà del quartiere stesso. Una pubblicità che discrimina, che lede la dignità umana o è sessista è nociva. Un autocontrollo che va a rimproverare solo i casi più eclatanti – e ciò già quando la campagna pubblicitaria sta finendo o ha sortito il proprio effetto – non è sufficiente. In città come Ulm, Brema o Merburgo ce ne si è accorti già da tempo e si é attuato il divieto.”
Proibire la pubblicità sessista: NO
Michaela Schäfer, 30 anni, fotomodella, in trasmissioni TV insdossa volentieri pochi abiti. “Un divieto è un attacco troppo grande alla liebrtà di opinione ed espressione. Si dovrà sempre parlare di cosa è concesso e di quali siano i limiti del buon gusto. Alcune pubblicità riscaldano il cuore e danno allegria in giorni tristi di febbraio. Certe immagini motivano anche alcuni e alcune a trascorrere le proprie serate a letto invece che davanti alla TV, a fare qualcosa di produttivo contro la bassa natalità e una vita sessuale noiosa. Io rifiuto un divieto in toto della pubblictà sessista e propongo al contrario: nessuna donna vestita in modo leggero nelle vicinanze di strade ad alta frequentazione, dato che il venire distratti può essere causa d´incidenti.”
Proibire la pubblicità sessista: SI
Maria Wersing, 35 anni, membro dell´associazione giuriste tedesche: “Gli stereotipi di genere sono molto amati in campo pubblicitario e non sono in diminuzione nonostante i cambiamenti della società. Anche il prodotto più insignificante sembra acquisire valore grazie ad una donna nuda messa su di un manifesto a far nulla, senza alcun criterio. Alcuni punti dolenti come la pubblicità di AXE vengono discussi ma non cambia nulla. Lo Stato può intervenire in materia di pubblicitá? Naturalmente. Ciò che accade nello spazio pubblico è oggetto di processi di patteggiamento democratico. L´intento del quartiere di Kreuzberg-Friedrichshain di voler rinunciare a manifesti pubblicitari sessisti, discriminanti e misogini non dovrebbe rivoluziona la prassi. Come tentativo di regolamentezione spingerà il dibattito oltre i limiti dell´accettabilità.”
Proibire la pubblicità sessista: NO
Walter Hasenclever, di anni 36, addetto stampa della fiera erotica berlinese Venus: “Non si può e non si deve proibire la pubblicità sessita. In base a quali misure si vuole decidere cos`è sessista? Il concetto di sessismo si subordina a criteri soggettivi. Per la signora Schwarzer potrebbe essere sessita un manifesto con una modella in abbigliamento intimo ma per la modella d´intimo si tratta di un lavoro. Non sarebbe sessualmente discriminante privare le donne di questo diritto? Le donne approciano la loro sessualità in modo sempre più (auto)consapevole ed essa non è sempre uguale a se stessa ma diversificata e colorata. Una cieca censura della pelle nuda non è produttiva. Renderebbe il nostro mondo solo più grigio.”
Proibire la pubblicità sessista: SI
Roland Schindzielorz, 61 anni, dirigente di Radio Araballa, Monaco: “Radio Arabella quest´anno si pubblicizza attraverso il corpo nudo ed estetico di una donna, il cui seno viene coperto dalla mano di un uomo. Il cartellone pubblictario sta per il sentiemnto di piacere che trasmettiamo ai nostri ascoltatori.
Abbiamo ricevuto molte lettere che ci mostrano che la vicinanza fisica, anche la più rispettosa, può far nascere in ciascun essere umano delle emozioni differenti. Il sessismo oggi la fa da padrone. Il sessismo però non dovrebbe venire associato ad una pubblicità concepita in modo estetico. Sosteniamo un divieto della pubblicità sessista ma per favore con linee guida chiare. Intimità SI-Sessismo NO!”
Proibire la pubblicità sessista: NO
Doreen Schink, di anni 35, direttrice del reparto coomunicazione di Beate Uhse AG: “Un divieto sarebbe del tutto insensato. I dibatti dimostrano che la definizione di sessismo sottostà alla propria percezione individuale. Ciò che uno vede volentieri è per l´altro inaccettabile e quale sia il limite non si lascia definire in modo generale. La pubblicità deve svegliare impulsi e invitare chi la guarda a farsi un´opinione. Il farsi un´opinione ha a che fare con il soppesare diversi punti di vista e non con la proibizione di questi. Quando dei marchi incitano a sentirsi sexy, mostrano donne in bikini o seminude, non si tratta di un richiamo a degli stereotipi di ruoli. Al contrario, ciò mostra che questi temi sono stati posti al centro della società e che non viviamo più in un´era in cui le donne devono nascondere se stesse e i propri bisogni. Se ciò non fosse possibile la pubblicità sarebbe sottoposta a limitazioni senza senso.”
Proibire la pubblicità sessista: SI
Lukas Zeidler, 17 anni, blogger e lettore del TAZ: “Aretha Franklin canta “Just a little bit”. E proprio di ciò si tratta, di un pò più di rispetto. Nella pubblicità però si fa profitto. Dobbiamo diventare più sensibili rispetto al sessismo e mettere in discussione le cose date per scontate in modo critico. Una pubblicitá tipica per uomini trasmette anche un modello tipico di uomo. La pubblicità sessiata deve venire controllata in modo più severo. Purtroppo viene vietata solo in casi estremi. Per favore ammonite più spesso. Una pubblicità più sensibile é la base per una società più sensibile.”
Proibire la pubblicità sessista: NO
Florian Boitin, 46 anni, dal 2009 caporedattore della rivista maschile Play-boy: “Avere delle regole in un gioco è importante. E questo vale non solo nello sport ma anche nella pubblicità. Chi commette un fallo nel gioco del calcio viene ammonito dall´arbitro. Questo ruolo è svolto in ambito pubblicitario dal Deutsche Werberat. In entrambi vale il principio: prima l´infrazione, dopo la squalifica. Così é e così deve rimanere e non variare solo per alcune commissari di quartiere berlinesi. Le fazioni politiche vogliono ora non solo avere nuove regole (cartellino rosso prima di cominciare a giocare) ma vogliono anche mettersi a capo del gioco stesso e decidere cosa è lecito o cosa é troppo. In modo preventivo. Perché alla fine la pubblictà provoca solamente “inutili impulsi all´acquisto”. E il “sessismo” senza pudore contribuirebbe alla “legittimazione sociale degli attacchi rispetto a donne”. Tutto ciò nasce da una sfiducia totale nell´emancipazione dei cittadini. I Verdi, che hanno un grande ruolo nell´ambito di questa proibizione, dovrebbero imparare qualcosa dal loro disastro del Veggie-Day. Anche in quel caso il partito credeva di poter dire ai cittadini ciò che devono fare. Gli elettori mostrarono loro in questo caso il cartellino giallo.
Ma voi cosa ne pensate, visto che, come ci ha ben dimostrato qui a Berlino la campagna della FAW, “La pubblicità affissa in luogo pubblici colpisce. Ognuno” ?