di Cesare Cantù

Questa mattina mi sono svegliato sotto il cielo di Senigallia, in partenza per Macerata. Da Martedì, a Fano, Nuovi Occhi è nelle Marche con 3 corsi introduttivi per adulti. Sono stati voluti dall’Università per la Pace che in questa regione si occupa del “conflitto” in tutte le sue forme, e quindi ha deciso di occuparsi anche di mass media con il nostro corso.
Questa parte del progetto Nuovi Occhi rivolto agli adulti è altrettanto importante di quella rivolta ai giovani e di quella di formazione dei formatori. Oltre che sensibilizzare i giovani direttamente nelle scuole, oltre che rendere autonomi i territori con i formatori dedicati, là dove è possibile, è fondamentale per attivare un cambiamento reale che molte persone siano in grado di agire nel loro quotidiano, di affrontare la questione dei media quando ne hanno modo nel loro lavoro o nella loro vita quotidiana. Che si possa creare insomma, e diffondere, un vero movimento di opinione che chieda finalmente democrazia e redistribuzione del potere mediatico.
Ieri nella biblioteca di Senigallia c’erano 30 persone, per lo più insegnanti psicologhe e giornalisti/e. Hanno partecipato perché vogliono portare nel loro lavoro quotidiano una maggiore consapevolezza sulla comunicazione e sul linguaggio audiovisivo, per andare oltre gli stereotipi e le discriminazioni di cui tanta informazione e intrattenimento sono infarciti. Questi incontri nelle Marche, gli altri, molti, degli ultimi tre anni, mi confermano lo sdoppiamento del nostro Paese: da una parte le elite del potere (politico, mediatico, intellettuale) avulse dalla vita delle persone cui dovrebbero proprio in forza del loro ruolo relazionarsi; dall’altra i tanti e le tante che dalle loro professioni, dal loro precariato, dal loro volontariato si impegnano a fare cultura, a fare comunicazione, a fare politica, sul serio. Che pensano agli altri oltre che a se stessi.

Attraversando queste bellissime città italiane della costa adriatica, mi rendo conto che ormai da tempo l’idea di occuparsi di media e di comunicazione è considerata da tanti e tante un servizio per gli altri, per i più giovani in particolare, è occuparsi di una parte della cosa pubblica, una parte disastrata e sequestrata da pochi. Che conoscenza e uso civile dei media siano necessari per contribuire a costruire una società, e perché no un mondo, migliore, più equo, lo penso da tempo e constatare che questa idea è condivisa e che in tanti e tante cercano gli strumenti per poter agire nella loro realtà quotidiana mi da speranza, fiducia. Una parte del Paese è in movimento, non so quanto ci vorrà, ma raggiungerà la sua metà. Siamo nazione giovane, democrazia giovanissima, un po’ di tempo per migliorare va messo in conto. Ma il tempo non deve essere una scusa, bensì uno sprono: ci vuole tempo? Bene, ma ce ne metteremo meno!
Sono la forza e la resistenza del Paese, sono quelli che addirittura riescono a entrare in relazione con le nuove generazioni, o almeno ci provano con sincerità, non perché è conveniente e porta voti o soldi. Sono felice di poterli incontrare e passare loro il mio sapere, quell’educazione ai media che sono sicuro useranno per costruire nuovi ponti verso i ragazzi e le ragazze. Le elite che si mettono a disposizione degli altri sono caratteristiche delle società forti, degli stati coesi. Voglio concludere con le righe che chiudono l’introduzione del libro “L’Italia di oggi” di Giuseppe Mammarella, appena uscito:
“Nel corso dei 150 anni della sua esistenza come stato indipendente l’Italia ha avuto una classe politica molto differenziata, nelle diverse fasi storiche, per formazione, obiettivi e competenze. Quella attuale, in parte formatasi nell’esperienza della prima Repubblica, in parte arrivata alla politica nell’ultimo ventennio, più che incapace è inadatta a riformare il paese. Impegnata in una continua lotta per la conquista e la conservazione del potere e nella ricerca a ogni costo del consenso, ha lasciato marcire situazioni che avrebbero richiesto interventi tempestivi e impopolari. Gli uomini e le donne ai quali dovrà essere affidato il compito di cambiare il paese dovranno accettare di fare politica con spirito di servizio, assumendosi responsabilità gravi, il peso dell’impopolarità e il rischio di fallire.”