Una LETTERA DA BERLINO importante che Livia ci invia. Una lettera che parla di Germania, di una donna coraggiosa ma anche e soprattutto di noi e del nostro futuro.

Una Germania federale in un´Europa unita dopo la guerra.” Questa era la visione di Sophie Sholl mentre combatteva contro il regime nazionalsocialista. Venne imprigionata esattamente settant´anni fa, il 18 febbraio del 1943, insieme al fratello Hans e ad altri membri della “Weiße Rose” (la rosa bianca). Pochi giorni dopo fu giustiziata. Anche in Germania ci furono partigiani e partigiane ma di loro – in Italia – si parla sempre troppo poco.

19, 20 e 21 febbraio 1937, Addis Abeba: a seguito di un attentato compiuto da patrioti della resistenza etiope (Abraham Debotch e Mogus Asghedom) contro il viceré Rodolfo Graziani vengono martoriati e massacrati senza pietà 30.000 cittadini etiopi, donne, uomini, bambini. Si trattava per la maggior parte di civili. Il 19 febbraio è, per il popolo etiope, il “Giorno della Memoria”. L´occupazione fascista italiana ha messo in ginocchio un popolo e perpetrato crimini bellici indimenticabili. Un vero e proprio eccidio, una strage cancellata, come la descrive lo storico Angelo Del Boca. Anche mio nonno ha combattuto in Etiopia e probabilmente il nonno di qualcun´altro o qualcun´altra che ora sta leggendo.

14 febbraio 1975: a dieci mesi dalla sua prima mondiale arriva nei cinema tedeschi il film di Liliana Cavani “Il portiere di notte”. Dopo essere stato considerato immorale  in Italia, grazie all´opposizione dell´industria cinematografica italiana rispetto alla decisione della Procura della Repubblica di ritirarlo dal mercato, il film riesce a raggiungere le sale tedesche nella sua versione integrale. Cavani racconta, in una sua intervista successiva, come dei gruppi di cattolici l´avessero aggredita chiedendole di decurtare una scena in cui Lucia, la protagonista, ebrea e deportata in un KZ, durante un rapporto sessuale “sta sopra” a Max, ufficiale delle SS e suo aguzzino.

È in questi casi che mi dico: fortunatamente esistono l´arte e gli intellettuali! Esitono gli intellettuali di regime sì, ma esistono anche i partigiani, le menti critiche, le personalità coraggiose e argute che, anche oggi, nelle cosiddette “democrazie” di stampo occidentale, cogliendo l´attuale e l´esigenziale del contesto in cui si trovano a produrre, creano delle dissonanze scomode al potere politico, ai benpensanti, ai moralisti, inducendo questi stessi al confronto, al dibattito e alla riflessione.

Etiopia, Italia e Fascismo: ancora mi stupisco di come noi italiane e italiani abbiamo rimosso il nostro passato “imbarazzante”. Quando si parla di totalitarismi, di Seconda Guerra Mondiale, siamo sempre pronte a scaricare ANCHE la NOSTRA colpa sui ben più tremendi “nazisti”, deresponsabilizzandoci per intere generazioni, quando invece dovrebbe essere proprio la memoria di noi giovani e il nostro interesse storico, accompagnato da alcune domande filosofiche fondamentali, a tenere vivi certi ricordi drammatici e la colpa che essi implicano. Mettere i nostri nonni sotto torchio e inchiesta, scoprire la radice di ció che oggi ci impedisce di progredire come democrazia ed incespicarvi anche in un luogo molto vicino a noi, nel nostro salotto di casa o in quello dei nostri vicini, con un´attenta e dolorosa, quanto indispensabile, operazione di genealogia: qual´è il patrimonio storico, culturale e politico che abbiamo ricevuto dai nostri genitori e loro dai loro? Basta dire “io non mi sento italian*” per levarsi i panni sporchi e pulirsi la coscienza?
I miei amici e le mie amiche tedesche, primo fra tutt* Mathias, credono inconsapevolmente nella legge greca della trasmissibilità della colpa da una generazione anteriore a quella posteriore. Ci credono per cultura e in tal modo si confrontano costantemente con il loro passato. Non dico che lo facciano tutti, ma molti. Ritengo che sia un buon esercizio, forse l´unico in grado di permetterci di cambiare il nostro presente e garantire a chi verrà un futuro migliore.

Tornando al film di Cavani, con gli occhi di oggi è evidente che i moralisti di allora non ne colsero il nocciolo. “Il portiere di notte” è ambientato nel 1957, dodici anni dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Cavani fotografò, nel su film, il perpetrarsi di ruoli prestabiliti, l´incapacità di carnefici e vittime d´uscire dalle loro abitudini aberranti e disumane, cristallizzatesi durante gli orrori sadici e criminiali legittimati dai regimi fascisti europei nel corso della Seconda Guerra Mondiale. È difficile liberarsi di quella che Hannah Arendt chiamerebbe la “banalità del male”, un male capillare, perché condiviso dal senso comune e quindi non riconosciuto come malefico dai piú. Il progresso di una democrazia sta proprio in questo il salto di qualità: nel riconoscimento collettivo di una colpa storica, di un massacro a cui hanno preso parte anche i genitori dei nostri genitori.

Ma in quest´ultimo ventennio di quella che il buon vecchio Pier Paolo Pasolini chiamava “la civiltà dei consumi”, pare che parlare di responsabilità o di colpa sia demodé, noioso e contrario all´onda di edonismo che ha rincoglionito i più. E allora mi chiedo perché lamentarsi della politica se noi per primi e per prime ci rifiutiamo di avere un atteggiamento politico rispetto alle nostre storie, individuali e collettive?
Ad una settimana dalle elezioni è proprio questo ciò che mi chiedo. Mi chiedo da dove veniamo noi italiani e noi italiane e me lo chiedo prima di pormi la prossima domanda “dove stiamo andando?”. Non so ancora bene dove metterò la mia crocetta sulla scheda elettorale, se la metterò. Vorrei poter credere che una riscostruzione dell´Italia sia possibile un giorno. Ma forse prima di ricostruire dovremmo fare chiarezza sul nostro passato, partendo dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale, perché il massacro d´Etiopia è solo una di molte stragi d´innocenti che la classe politica ha sovvenzionato e alle quali cittadini e cittadine italiane hanno accondisceso tacitamente.

Buon voto!