Se di ricerca di senso e di spiritualità quest’epoca sente il bisogno, allora possiamo dire con certezza che la pièce di Romeo Castellucci Sul Concetto di Volto nel Figlio di Dio riesce con esito straordinario a colmarlo.
Ho visto il lavoro teatrale al Franco Parenti due settimane fa a Milano. Non ne ho parlato subito perchè profondamente irritata da alcuni che non hanno immagino visto lo spettacolo e dunque hanno protestato, perché non hanno compreso; ma ancor più irritata verso la stampa che come sempre ha giocato sullo scandalo che qui però non c’è. Come forse sapete questo lavoro teatrale ha suscitato dibattiti e proteste a non finire in tutta Europa.
L’azione si snoda semplicemente, all’interno di una stanza: c’è un padre vecchio e malato, probabilmente ha un cancro all’intestino.
C’è un figlio che vorrebbe andare al lavoro, ma ogni volta che sta per uscire di casa, il padre inizia a lamentarsi tormentato da dolori lancinanti e, contro la sua volontà incapace di dominare il corpo malato, si sporca. Il figlio è dunque obbligato a pulirlo e a posticipare la sua uscita.
Dapprima il ragazzo lava il padre con amore e cura. Poi si stanca, è in ritardo, deve uscire. Il padre non tiene più le feci, sporca il divano, viene cambiato, si risporca. Viene lavato di nuovo, si sporca ancora e ancora. In una scena memorabile, il padre dal corpo consunto per vecchiaia e malattia, occupa una scena candida e, nudo come il Cristo, in piedi e vulnerabilissimo, urla la sua umiliazione mentre ai suoi piedi una macchia scura maleodorante ci coinvolge tutte e tutti, ammutoliti all’interno del dramma infinito della vita.
50 minuti di teatro sociale e poetico nel senso più nobile e alto.
Grazie a Romeo Castellucci che è capace di raccontare la vita nella sua grandezza e nella sua miseria che tutti ci accomuna. Grazie per avere raccontato quello che molti e molte di noi vivono quotidianamente ed è il grande rimosso della società: si diventa TUTTI E TUTTE VECCHIE E VECCHI. Ma di questo non si parla. La signora vicino a me nel pubblico guardava e tratteneva le lacrime mentre il marito le carezzava le mani, ed era chiaro che quella scena era la sua scena, che viveva o aveva vissuto per anni.
Ma Castellucci fa altro e di più: porta in scena lo strazio del corpo che si consuma e per farlo mostra un corpo di uomo vecchio. E ancor più scandalosamente fa curare, pulire, mondare questo corpo umiliato e lordo da un altro uomo, un giovane figlio.
Cosa vogliamo di più? Quello che i quotidiani o i programmi tv miserabili non sono stati in grado di rappresentare, lo compie il Teatro, l’Arte dunque. Il lavoro di cura dei moribondi e dei malati solitamente di competenza delle donne, viene svolto qui con amore da un uomo. Così vulnerabile, così incerto nello svolgere un compito a lui precluso da millenni. Qui la donna non c’è; morta? malata? assente? E’ un dramma che si consuma tra uomini.
Quando il corpo del vecchio padre, ormai straziato dall’umiliazione resta immobile nudo e orrendamente umiliato dalle sue stesse feci nella scena immacolata e il figlio cerca disperatamente di ripulire tutto intorno, appare sul fondo immenso il volto di Cristo. YOU ARE (NOT) MY SHEPHERD, Tu (non) sei il mio Pastore: parrebbe il grido disperato del figlio, ed è invece una scritta enorme che va a ricoprire il Grande Volto.
Ma come non capire che è proprio nel dubbio di esssere stato lasciato solo di fronte all’incommensurabile, che si manifesta la ricerca di Fede più profonda? Eli Eli Lema Sabactami? Padre Padre Perchè mi hai abbandonato? Non è come il grido che il figlio stremato fa arrivare a Dio? Testori nei suoi drammi migliori era arrivato a toccare questi abissi di ricerca dilaniante con linguaggio straziato e indimenticabile.( I drammi di Testori sono introvabili: qualcuno li può ristampare per favore?)
Old age isn’t for sissies, la vecchiaia non è cosa per femminucce diceva Bette Davis. E anche la fede, quella vera, non lo è.
Mala tempora currunt, veramente. Che tristezza, che miseria se la fede è diventata solo pratica domenicale per gente di poco spessore e poca spritualità che inveisce contro questa Opera potente, che disturba le nostre coscienze e ci obbliga a metterci in moto alla ricerca di un senso, che alcuni potranno anche chiamare Dio.