E di colpo venne il mese di febbraio
faceva freddo in quella casa

mi ripetevi: sai che d’inverno si vive bene come di primavera!
Sì sì proprio così.
La bidella ritornava dalla scuola un po’ più presto per aiutarmi
“ti vedo stanca
hai le borse sotto gli occhi
come ti trovi a Berlino Est?”

Alexander Platz aufwiederseen
c’era la neve
faccio quattro passi a piedi
fino alla frontiera:
“vengo con te”.
(Franco Battiato, Alexander Platz)

Berlin, Berlin… da qualche mese mi sembra di vivere in un mondo parallelo, surreale, che non conosco. In testa mi risuona il ritornello della bellissima canzone di Franco Battiato (per chi non la conoscesse: http://www.youtube.com/watch?v=8L6v9f8FYys ). Crisi finanziaria e bilanci che vanno a picco provocano nella popolazione di questa metropoli un continuo affannarsi per qualsiasi cosa, grande o piccola che sia. Competizione alla cassa del supermercato tra chi impacchetta per prima la minestra in polvere, competizione in bicicletta per arrivare in pol-position allo stop, competizione nella ricerca di un lavoro tra chi manda più candidature nel minor tempo possibile, competizione anche per trovare un alloggio decente, a portata di portafogli. Finalmente i nodi vengono al pettine e la Verità mostra il suo vero volto: homo homini lupus.

In Italia si dice che in Germania si stia meglio. Posso rassicurarvi: in un mondo in cui le distanze fra strati sociali inferiori e superiori della popolazione si stanno facendo incolmabili, in Germania… chi è sopra nella scala sociale continua ad esserlo e chi è sotto pure! Ma chi è sotto può anche lavorare e, in alcuni casi, guadagnare addirittura 1 EURO all´ora (il resto, necessario ai minimi della soppravvivenza umana, viene sovvenzionato dall´Arbeitsamt, l´agenzia per il lavoro). In Germania non c´è una legislazione che garantisca un salario minimo (non dimentichiamoci che la frase del filologo nazionalista Lorenz Diefenbach “Arbeit macht frei” -il lavoro rende liberi- venne posta all´ingresso di molti campi di concentramento durante l´olocausto, paragone azzardato, ma non dimentichiamocelo).  Che bella indipendenza: alzarsi la mattina senza la mamma che stressa con il cappuccino e la nastrina del mulino bianco, vestirsi in santa pace e andare al solito appuntamento con il tipico impiegato tedesco del Jobcenter, faccia seria sotto ad un bel taglio di capelli VoKuHiLa (davanti corto, dietro lungo) e un paio di mèches sul ciuffo da rock-star! Che bella soddisfazione: farsi dire da lui -in dialetto stretto berlinese- che il tuo curriculum è iper-qualificante ma dovresti fare ancora un corso di tre anni per diventare segretaria d´azienda e realizzarti davvero nella vita; odorare da lontano il suo alito che puzza perennemente di curry-wurst e aglio, osservare il suo occhio glaciale e scrutatore che analizza i tuoi scontrini della spesa e ti fa notare che hai mangiato troppo bene nelle ultime quattro settimane, perchè non hai comprato le uova con diossina e il pomodoro transgenico al Lidl! Basta famiglie alle calcagna, impariamo dalla Germania! Qui lavoriamo tutti, siamo efficienti e quando non lavoriamo, lo Stato ci aiuta e ci fa lavorare a 1EURO all´ora. Ma quale disoccupazione?

Questo non spiega (o forse sí) perché Berlino sembri, di questi tempi, impazzita. Mancano i soldi, si dice: troppo spendi e spandi per rimettere in piedi dalle sue macerie una metropoli europea, “arm aber sexy” (trad. povera ma sexy), come la descrisse il sindaco Klaus Wowereit qualche anno fa. I suoi abitanti, ancora lievemente addormentati, dopo un sonno durato cinquant´anni di DDR e dodici di post-muro (con un totale di sessantadue anni, hanno quasi battuto il record storico della bella addormentata!) non sono tutti felici delle scelte del governo per quanto concerne il ri-lancio della capitale, le questioni legate all´edilizia e alle politiche degli affitti. Sei di questi dodici anni dalla caduta del muro li ho vissuti anch´io e potrei descrivere questa città come un mutante, un trasformista dai mille volti, un magma in continua evoluzione. Nulla è fisso. Tutto è in cambiamento, tranne i “berlinesi D.O.C.”.

I berlinesi e le berlinesi non hanno mai avuto la nomea della simpatia, dei berlinesi si dice che siano le persone piú sgarbate dell´intera Germania. In quest´ultimo anno ho il presentimento che non facciano eccezione, anzi, che si lascino a commenti sospetti soprattutto con le persone provenienti da altre zone della Germania o dall´estero. Questo perchè, dicono, tra le varie ed eventuali cose che cambiano, in questa metropoli, famosa fin´ora per essere stata un piccolo paradiso (soprattutto per i-le giovani, gli/le immigrat* e i-le lavoratori-ici) cambiano anche la qualità e il costo della vita. Gli-le abitanti di Berlino sono stat* abituat* per un lungo periodo di tempo ad accontentarsi di poco e a vivere spendendo quasi nulla. Si trattava di un concetto sostenibile? Non lo so, fatto sta che il sogno sta lentamente finendo e, pian-piano, se ne stanno accorgendo anche a Berlino est. La bolla di sapone è esplosa e i/le berlinesi dell´est hanno finalmente colto che il modello capitalista ha vinto e schiacciato prepotentemente quello comunista, senza che i cosiddetti Ossi (termine dispregiativo che indica i tedeschi dell´est, cosí chiamati all´ovest, purtroppo) potessero effettivamente capire che il loro passato, gli ideali, le regole, le oppressioni ma anche le certezze a cui erano stati abituat* per due generazioni, sarebbero state spazzate via definitivamente dal vento del progresso neo-liberista. “Pas mal” direbbero alcun* “in fondo meglio vivere così che in uno stato di regime totalitario” (ammesso e non concesso che il fenomeno delle speculazioni finanziarie non regolamentate a cui siamo sottopost* da decenni non possa essere chiamato regime totalitario). Come biasimare questa posizione, totalmente condivisibile? Come biasimarla, soprattutto nell´ottica di quei/lle berlinesi che, per cinquant´anni, hanno vissuto nella cosiddetta Insel (isola) della Berlino ovest, circondata ovunque da pezzetti di DDR? E come biasimare gli/le altre dell´est che la sera del 9 novembre 1989 attendevano trepidanti davanti al muro per poter assaporare finalmente il brivido del sentirsi libere e non piú sottoposte ad un controllo costante e quotidiano? Come osservatrice esterna, ma anche come abitante di questa città, fiera di aver votato quest´anno per la prima volta alle amministrative di quartire, devo ammettere che questa Berlino soffre ancora a causa delle sue contraddizioni, prima fra tutte quella legata alla caduta del muro e alla mancata integrazione tra est e ovest. Non deve stupire che il partito satirico “die PARTEI” abbia avuto, tra i suoi cavalli di battaglia per concorrere alle elezioni amministrative, il progetto della ricostruzione del muro di Berlino, potendo far affidamento e leva, per acquisire voti, su molti sondaggi ufficiali in cui una gran parte della popolazione (in alcuni casi un quinto, in altri quasi la metà) risultava rimpiangere la caduta del muro.

È proprio la OST Berlin ad essere consiedarta la meta più appetibile per tutt* coloro che si trasferiscono nella capitale. Prenzlauer Berg e Friedrichshain sono stati i quartieri piú gettonati degli ultimi dieci anni, quartieri originariamente popolari ma rivisitati da artisti e designer per divenire poi meta di ricconi in Porche che non hanno esitato a comprare qui fissa dimora e sfrattare gli autoctoni dalle palazzine più cool. Kreuzberg e Neukölln (aree dell´ovest all´estremo confine con l´est) sono le altre due zone molto in voga, scelte soprattutto da italiani e italiane in trasferta, a volte per qualche mese, altre volte per una vita intera. Mi capita spesso che compatriot* mi approcino per avere delle informazioni più dettagliate su questa città molto attraente. La prima domanda “ Senti, ma é vero che a Berlino trovi camera in modo facilissimo e le stanze sono grandissime e costano 100EURO massimo?”. Non posso che corrucciare le sopracciglia e rispondere “Chiedetelo a Fabio”. Fabio mi ha contattata disperato a inizio mese. È un conoscente di mio cugino. Ha vissuto per due settimane in ostello, cercato una stanza, ricevuto offerte a prezzi da galera fino a quando non ha trovato un porto sicuro nel nostro appartamento. Fabio non era il primo italiano spaesato a cui é stata affittata una camera in casa nostra ma sarà probabilmente l´ultimo. Un mese fa abbiamo ricevuto una telefonata dalla nostra agenzia “Mandiamo un architetto a fare un sopralluogo” hanno detto. Con grande probabilità, anche casa nostra verrà venduta a prezzi improponibili, sfruttando l´onda del mercato immobiliare in crescita.

Purtroppo, al mondo, ci sono ancora persone che credono che il personale non sia politico. Non credo che lo sfratto sistematico di famiglie e comunità dalle loro abitazioni sia un fenomeno personale che non abbia legami con le politiche corrotte dell´amministrazione locale e globale. Berlino è attaccata da molti anni dai più grandi pescecane del mercato finanziario mondiale. Da cinque anni e mezzo abito in una ex-fabbrica di cioccolato che nel 2006 fu comprata da una grande società danese la quale possiede- all´oggi- piú di 3500 abitati a Kreuzberg e Neukölln. Con la crisi finanziaria il colosso speculativo immobiliare danese (in alto sulla lista di Wikileaks) ha fatto boom, ha ricevuto un tempo limite dallo Stato tedesco per far pareggiare il bilancio e ora sta proponendo pacchetti fino ai 15.000 EURO agli abitanti di più palazzine per poter liberare gli stabili e vendere a prezzi esorbitanti e aggressivi gli appartamenti sfitti (in alcune zone siamo arrivati ai 5000EUR/mq). 15.000 EURO sembrano tanti ma non sono nulla considerando che gli affittuari hanno ancora dei contratti molto vecchi (dal momento in cui vivono nelle loro abitazioni da più decenni), tutelati e che lasciando i loro appartamenti lascerebbero anche un bel po´di diritti e sicurezze, tra le quali un affitto economico. Nell´arco di cinque anni il nostro affitto è aumentato del 40%. I miei vicini di casa non sono più dei giovani creativi ma una coppia italo-portoghese che vorrebbe comprare il loft e ha iniziato da un anno a fare guerra a tutte le WG (trad. appartementi in condivisione) dell´edificio con lamentele e denunce ridicole ai proprietari danesi, i quali ci hanno imposto una serie di divieti altrettanto ridicoli. Gli appartamenti vengono svuotati, rinnovati alla buona, venduti a peso d´oro. Non vengono vissuti, curati, amati, raccontati, tutelati e tramandati.  A nessuno interessa la loro storia (male!), ma solo l´estetica, l´esteriorità superficiale e il profitto. Atri appartamenti vengono venduti già affittati, senza però spesso dire agli acquirenti né che gli affittuari hanno diritto a permanere per i prossimi 8 anni nei loro appartementi, né che molti edifici di Berlino est sono dei cosiddetti Schrottimmobilien (delle catapecchie). Ieri (13.12.2011) l´attuale Justizsenator Michael Braun (appartenente alla CDU e notaio di professione) ha dato le dimissioni perchè indagato per aver favorito la compravendita di alcuni Schrottimmobilien.

La fabbrica di cioccolato in cui abitiamo venne occupata negli anni ´80 e il suo proprietario storico appoggiò qualsiasi progetto politico che nascesse al suo interno. I miei coinquilini di allora fondarono una food-coop (cooperativa equo e solidale, gruppo d´acquisto a chilometri zero), ancora attiva. Tutti questi progetti ora non potranno più esserci, soprattutto perchè la città stessa e i suoi governatori hanno optato per una politica di privatizzazione, concedendo la capitalizzazione di bellissimi edifici prima a grandi investori e poi a piccoli privati che, in tempi di crisi e incentivati da campagne pubblicitarie a teppeto, investono sul mattone convinti di fare il grande affare (a tal proposito: ne avete viste anche voi?). Si calcola che nel giro di pochi anni le persone con un reddito medio o inferiore alla media potranno permettersi appartamenti solo ai margini più sperduti della città. Questo fenomeno è detto gentrificazione. È un fenomeno socio-economico che conosciamo già, molte altre metropoli l´hanno vissuto. Perchè allora non prevenirne gli effetti negativi, come ad esempio la ghettizzazione di certi ceti e gruppi sociali nelle zone periferiche della città? Purtroppo, si dice, mancano soldi e la città deve batter cassa per poter pagare, si dice, anche la pensione sociale a tutti quegli pseudo-dissocupati che nelle statistiche non lo sono perchè impiegati nei 1-euro-job, 400-euro-job, 800-euro-job. Non é un´altra contraddizione questa?

Un altro esempio? Quasi un paio di mesi fa me ne stavo seduta alla scrivania, a casa di Mathias, a Prenzlauer Berg. Tra una battuta e l´altra di tastiera ho guardato fuori dalla finestra. Guardate cos´ho visto:

Ho aperto stupita e mi sono affacciata: “Guarda Franco, loro abitano qui?” ha detto una signora. Un uomo di mezza età è accorso, ha guardato in su, nella mia direzione e ha scattato una fotografia. Un gruppo di circa una cinquantina d´italian* guardava il nostro edificio, tenendo una pianta in mano, come se fosse un monumento storico, ascoltando le descrizioni di una signora che faceva loro da guida. Quando mi hanno bussato alla porta e mi hanno chiesto se potevano vedere il riscaldamento a carbone ho creduto di essere in un film di fantascienza. Il fenomeno che vi sto descrivendo si chiama Europa e globalizzazione dei mercati. Io sono a casa mia, in ciabatte, a Berlino e un gruppo d´italiani viene in autobus in gita a guardarmi, osservarmi, a scrutare me e il mio habitat come se fossi un fenomeno da zoo umano, perchè vuole investire, sfruttare l´offerta, assicurarsi capitale. Qui la colpa non è di nessuno. Qui si tratta di manipolazioni, lavaggio di cervelli e ridefinizione della parola libertà: quanto siamo liber*? Quanto siamo consapevoli? Non è anche questa una bella contraddizione?

E allora c´è qualcosa che non mi torna quando vedo Angela a manina con Nicolas. Non credo che questo Paese sia un buon esempio per noi. Non sempre. Penso alle persone che fanno la coda all´Arbeitsamt e poi costrette all´obbligo dell´1-euro-job, penso all´odio di certi tedeschi rispetto agli italiani, penso agli Ossi di Pankow e ai Wessi che passano in Porche, penso alla mia eperianza e al disturbo che mi ha arrecato la visita di quella comitiva che voleva acquistare la palazzina in cui abita Mathias, penso anche ai loro visi e alla sempicità delle loro domande. È in queste situazioni che sento d´avere un piede di qua e uno di là. Di non sentirmi né italiana né tedesca, figlia di un´Europa fatta per incentivare l´economia e il lavoro in primo luogo, ma non per integrare queste culture spesso differenti. Qualcosa non mi torna, non so con chi stare. Mi sembra che tutti siamo delle piccole pedine mosse da qualcun´altro.

Per Natale mi sono regalata un libro, s´intitola “Hurra, wir dürfen zahlen- Der Selbstbetrug der Mittelschicht” (trad. Evviva, ora possiamo pagare-l´autotruffa del ceto medio) di Ulrike Herrmann. Cito e traduco per voi:

“Il ceto medio tedesco si assotiglia. Contemporaneamente i ricchi diventano sempre più ricchi. Ma: nessuno protesta. Invece di farlo gli artigiani, gli impiegati e gli statali alimentano il loro stesso declino, permettendo, senza lamentarsi, che le cossiddette élite paghino sempre meno tasse. Come può essere? La risposta: il ceto medio vede se stesso come élite, un equivoco pagato moto caro che giova solo ai veri ricchi. Ulrike Herrmann analizza l´aumento miracoloso dei miliardari, il disprezzo per il ceto basso e la credenza fatale del ceto medio d´essere un ceto privilegiato. Ma il tempo stringe. Il ceto medio deve trovare un´ immagine di sé realistica e abbandonare la propria presunzione elitaria, altrimenti dovrá continuare a pagare da solo le conseguenze della crisi finanziaria.”

Dopo esserci intrattenute sulla porta per qualche minuto, una delle signore che quel giorno è venuta a vedere il condominio di Mathias mi ha posto un´ ultima domanda: “Se dovessi avere dei-lle bambin*, dove vorresti che crescessero?” Io ho risposto: “Qui a Berlino”. Oggi risponderei: “Per ora qui a Berlino, con una serie di dubbi sul loro percorso scolastico e la loro possibilità d´integrazione”. Una cosa l´ho imparata dai “tedeschi”: pianificare è importante. Chi è fuori è fuori e chi è dentro è dentro.

Alla prossima!

Livia