Come faccio da più di due anni, anche questa mattina la mia prima azione è stata accendere il pc per mettermi al lavoro sul blog. E da lì passare poi al lavoro di visione e archiviazione dei brani di televisione più recenti che possano servire alla discussione  e all’esercitazione nei corsi di Nuovi Occhi per la TV. Oltre alla sedia davanti alla tastiera, c’è spesso il sedile del treno o dell’auto che mi porta, con Lorella Zanardo o da solo, ad incontrare ragazze e ragazzi, insegnanti, amministratori pubblici anche, con cui condividere il sapere, raccolto con passione e con fatica, che riguarda la televisione, i mass media, internet.
L’interesse e il coinvolgimento vengono naturali per me: la televisione è il mio mondo professionale da tutta la vita, ci lavoro costantemente dal 1990, da quando il duopolio Rai-Mediaset venne instaurato per legge. Mi viene quindi spontaneo impegnarmi per restituire (forse, in realtà, darle per la prima volta…) dignità e democrazia a questo mezzo, così potente e così tanto più vecchio e appesantito dei suoi anni reali e dei suoi aggiornamenti tecnologici, tanto arretrato culturalmente.
Non ero invece abituato a incontrare le persone nei luoghi reali, ad ascoltarle, a comunicarci in modo diretto, come avviene nei nostri incontri pubblici. La Tv infatti la si fa in stanze ad aria condizionata, in grattacieli o sotterranei, con guardie all’ingresso, con solo brevi sortite delle troupe per carpire immagini e suoni, come le guarnigioni assediate obbligate ad uscire per cercare vettovaglie. E come immaginavo, il valore, il peso specifico dell’incontro reale è enorme.
Dico tutto questo per introdurre il mio ruolo e il mio approccio all’interno de Il Corpo delle Donne, mentre di Lorella Zanardo sapete tutti: le ormai centinaia di incontri, di articoli, gli scambi diretti con lettori, spettatori, giornalisti. Siamo insieme a gestire il blog, a scrivere, a insegnare, a diffondere, con la parola scritta o pronunciata, con i video, quel sapere a cui affidiamo l’innalzamento della consapevolezza sulla rappresentazione mediatica, gli stereotipi, i diritti.
La fatica è enorme. Certo per le ore di lavoro, i viaggi continui, la richiesta altissima di attenzione e partecipazione che ci arriva. Ma questa è una fatica che dona molto e che da il senso dell’agire e dell’esserci.
La fatica che invece mi ferisce e mi sconforta, quella che personalmente mi fa a volte venir voglia di mollare tutto e tornare ad una vita più semplice, più comoda e più egoista, deriva dall’incomprensione e dagli attacchi di chi solo apparentemente condivide gli stessi nostri ideali di eguaglianza e di progresso per questo Paese. Si può non essere d’accordo con quanto facciamo, è un diritto sacrosanto, e dirci che la TV va bene così, che l’informazione in Italia è libera, che ragazze e ragazzi trovano soprattutto modelli di accrescimento personale  e opportunità di sviluppo sui mass media: sono opinioni che tanto i fatti smentiscono quotidianamente; si può essere contro di noi perché minacciamo potere e interessi: ad esempio non mi meraviglio degli attacchi di Striscia la notizia che vuole solo difendere i suoi guadagni milionari. Trovo invece ipocriti e disgustosi gli attacchi e le polemiche “da sinistra”, per dir così. Mi riferisco a quei giornalisti, pensatori, lettori “progressisti”, quelli che hanno sempre considerato Silvio Berlusconi IL problema e non UN effetto del problema italiano, quelli tra loro che hanno scritto articoli o semplicemente commenti solo per dire che la TV deve essere libera o che non va considerata, tanto basta scegliere libri e film dotti, che tanto quello che affermiamo lo si sapeva già. Arroccati nelle loro torri, se non reali sicuramente mentali, affidano alla polemica sterile, all’arroganza intellettuale e verbale i loro attacchi distruttivi. Da parte loro non arriva un critica costruttiva, che contribuisca ad elaborare e sviluppare un approccio che porti le persone che meno sono dotate di cultura verso un accrescimento. Si pretende di imporla a freddo, dall’alto, la cultura. Questo atteggiamento è il primo responsabile del degrado che, solo a parole, viene da loro stigmatizzato.
E poi c’è la fatica “materiale”. A fronte di elogi e complimenti sperticati, di richieste di interventi pubblici, di proposte di collaborazione da parte di istituzioni pubbliche e private, quelle che poi si sono impegnate economicamente per darci modo di realizzare dei progetti concreti sono state solo alcune, poche. A volerci poi sostenere in modo strutturale, finanziandoci per darci modo di programmare il nostro lavoro, ampliarne la portata e l’efficacia, quasi nessuno. Quindi quasi da soli, con l’eccezione di pochi lungimiranti aiuti, abbiamo smosso l’apatia su temi cruciali a livello nazionale e ridato parole e prospettiva a migliaia di persone che ci hanno incontrato o letto. Si potrebbe fare 100 volte di più. Ma intanto siamo qui a doverci impegnare per poter andare avanti. Con fatica.
E´terribile dirlo ma abbiamo gia´avuto prove ed evidenze: in un altro Paese questo progetto con l’enorme interesse che ha suscitato tra le persone e con il seguito che ha nelle scuole, sarebbe stato finanziato. Dal Ministero certo. Ma anche da un azienda illuminata. O appoggiato da un partito serio. Come dice Lorella: il problema non era solo Berlusconi. E adesso, scomparso il massimo capro espiatorio, credo sia evidente a tutte e tutti.
Intanto andiamo avanti con una certezza incrollabile e confermata ogni giorno: il lavoro svolto nelle scuole, con gli insegnanti e soprattutto con ragazze e ragazzi è fondamentale e da risultati. Alcuni già nell’immediato. Molti di più, ne sono certo, li darà in tempi più lunghi. E questa è la cosa più importante.

Cesare Cantù