Siamo felici che alle nostre corrispondenti da tutto il mondo si unisca Chiara Baldin, che ci racconterà dell’esperienza di giovane donna italiana a Lisbona.

A tutte/i un meritato bom dia!

Mi chiamo Chiara, ventiseienne emiliana di indole pellegrina. Nelle linee che seguiranno riporterò la mia testimonianza di italiana migrante in Europa, nel tentativo di dare voce ad una volontà di partire per conoscere altre umane realtà e plasmarmi con esse, ma anche per trovare riconoscimento e gratificazione in ciò che professionalmente mi sta formando. Mancanza che, mio malgrado, spesso percepisco nel mio Paese, luogo di nascita e crescita.

La passione per il viaggio, per la contaminazione di vite e culture mi ha portato a vivere per quasi tre anni in Germania, precisamente in tre città differenti (Treviri, Berlino, Halle): i motivi? In primis la curiosità e la voglia di mettere in gioco me stessa e la mia conoscenza delle lingue, materie di studio superiore e universitario che, nell’evidenza, rischiavano di rimanere rigidamente incollate ad un quaderno senza la conoscenza vera e propria, quella delle persone e della loro cultura. Sono quindi partita come studentessa Erasmus: la mia vita è stata positivamente STRAvolta, aprendosi a differenti e centinaia di prospettive. Non mi sono più fermata. Laurea in Germanistica, borsista “Leonardo da Vinci” presso il Festival Internazionale di Letteratura a Berlino, mi sono successivamente specializzata in Lingua e Cultura italiane per stranieri, a Bologna. Innamoratami della sociologia e della letteratura migrante (filone letterario che raccoglie scritti prodotti da migranti provenienti da varie parti del mondo, che hanno scelto di utilizzare la lingua del paese in cui sono emigrati per esprimersi e farsi ascoltare), ne ho elaborato una tesi sperimentale mentre ero nuovamente in Germania come insegnante di italiano in un liceo: esperienza che mi ha formata sia umanamente, quotidianamente a contatto con bambini e ragazzi, sia professionalmente. Sono tornata in Italia con una valigia carica di incontri, colori, libri e tanti insegnamenti.

E ora? In questo momento sono immersa nel blu e nel bianco di Lisbona. Partita di nuovo, dopo solamente tre mesi in terra italica. Ho cambiato clima, colori, aria, cultura. Altro giro, altra corsa: come in una giostra! Insegno italiano in una scuola media ed elementare piena di bambini che gridano senza pensieri e che mi sorridono anche con gli occhi; guardo l’Oceano, mai visto prima d’ora, e mi tuffo nell’acqua gelata; plasmo la mia figura professionale, assorbendo esperienze e regalandone di mie; mastico parole portoghesi, ascoltando e imitandone suoni e piano piano conosco nuovi stili di vita, persone, rumori e sapori.
Ogni sera, verso le 23, entra dalla finestra della mia mansarda un profumo di pane: abito vicino a un forno che puntualmente mi assuefa le narici e mi concilia il sonno. Anche gli amici in Italia ormai ne sentono il profumo: quando li sento su Skype, la sera, trattengo per un attimo il respiro e li invito ad annusare! Anche in Portogallo il pane è un cibo essenziale: raccoglie in sè tante tradizioni e tanti odori.
La sensazione più incredibile che vivo ogni giorno è la tonalità dei colori, qui. Sono vivi, accesi e nitidi: sembra che qualche bravo artista si diverta quotidianamente a pitturare con nuove sfumature la città intera. Vorrei promettermi di non perdere alcun tramonto da oggi fino alla fine dei miei giorni: c’è l’imbarazzo della scelta nel trovare un angolo, una curva, uno scorcio dove potersi immergere e contemplare il paesaggio che arrossisce. Beata Natura.

Vivo con una ragazza portoghese. Teresa e i vicini hanno deciso di adottarmi: è ottobre e passiamo le serate sotto le stelle, in giardino, a mangiare comida portoguesa, raccontandoci le nostre culture, condividendone analogie e differenze, anche grazie a You Tube.
Mi incanta e mi conforta la stra-ordinaria somiglianza nelle diversità culturali: una sera Teresa ha mostrato alcune danze e cori folkloristici ed io, a bocca aperta, le ho presentato un video della mazurca romagnola e una melodia del coro CAI alpino. Suoni e colori differenti, eppure tutto è legato da una evidente analogia. La capacità dell’essere umano di creare ed inventare si trova dappertutto e unisce i popoli. Almeno così dovrebbe essere.
Ad ogni viaggio e ogni persona che incontro, capisco che ho ancora tanto da imparare. E che un’intera vita non basterà per conoscere il mondo e apprezzarne tutti i suoi angoli.
Nel mio estremamente piccolo essere, cerco quotidianamente di scoprire, ascoltare, tendere occhi e mani per assorbire tutto ciò che può essere utile a me, a chi mi circonda e al mio paese. Nella speranza, un giorno, di tornare in Italia, essere ascoltata e poter migliorare qualcosa.

La diversità, la contaminazione e l’ascolto portano ricchezza e colore. Io mi chiamo Chiara, ventiseienne emiliana, sì, ma sento che Ferrara è “solo” la mia radice, l’origine e il mio inizio: nel mosaico della mia vita mi sento meticcia di culture e di mondi, perché plasmata dalle vite e dalle persone incontrate durante i cammini. Ma non smetto di tornare nella mia Ferrara, tra i miei affetti e ciò che mi ha cresciuta. Credo che mai smetterò di ritornare.
Ah, ho scoperto che il salame di cioccolata c’è anche qui…!

 

Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso

 che dobbiamo guardare le cose sempre

 da angolazioni diverse.

L’attimo fuggente (Dead Poets Society)[1]

 

Chiara Baldin

 


[1] L’attimo fuggente (Dead Poets Society), film diretto da Peter Weir, 1989.