“E adesso vi presento la dottoressa Zanardo, che è una donna con le palle!” così ebbe inizio la mia carriera di manager, anni fa. Unica donna della grande multinazionale, ero stata selezionata perché con un bagaglio formativo molto più ricco rispetto ai miei colleghi maschi e in più di bell’aspetto. In queste due righe sono sintetizzati tutti gli stereotipi su cui le donne serie stanno lavorando da anni: se donna che sia almeno belloccia e che abbia almeno un carattere di maschio.
E’ così, mi dicono le donne che incontro, è ancora spesso così in Italia, ed è ancora talvolta così nel resto del mondo. Di questo si parlerà al convegno www.winconference.net che riunirà 1000 donne professioniste da tutto il mondo il prossimo ottobre.
Ad essere considerati maschi, specialmente anni fa ma constato anche ora, si comincia a sentirsi tali: non facciamoci ingannare dall’apparenza esteriore: tacchi stiletto, bocca carnosa e chioma fluente sono significativi di femminile profondo solo a chi osserva in modo superficiale.
La verità è ed è stata dolorosa e tenuta nascosta per anni: ne ho parlato brevemente anche nel mio libro Il Corpo delle Donne, in futuro meriterà un ‘analisi approfondita. “Avere le palle” ha spesso significato per molte donne capaci la nascita di un sentimento di orgoglio che ha poi condotto a dare sempre più spazio ad attitudini maschili, rintuzzando in un angolo quel femminile vissuto come inferiore. E’ notevole il numero di donne manager entrate in menopausa prima dei quarant’anni, è importante il numero di ragazze che ricoprono incarichi rilevanti che soffrono di disturbi psicosomatici dovuto a questa dicotomia. Ma di questo non si parla, perché la malattia, il disagio, la fragilità sono manifestazioni di debolezza femminile. In sintesi, per esistere molte donne hanno adottato comportamenti maschili.
In un’unica sala congressi possiamo vedere raggruppate molte cariche istituzionali e importanti: il Segretario di CGIL, il Presidente di Confindustria, il Ministro delle Pari Opportunità. Tre donne.
E, ci ricorderebbe la studiosa docente rinnovatrice della lingua Irene Biemmi, ha fatto sorridere leggere anni fa che il Presidente di Confindustria era in dolce attesa.
Cosa ci manca, dunque? Cosa ci manca ora che molte di noi stanno arrivando a quei luoghi di potere così ambiti?
Cosa serve per farci dire con orgoglio: “Sono la Ministra, sono la Segretaria, sono la Presidente?” fa ridere Ministra? Solo all’inizio, credetemi. E nessuno confonderebbe Susanna Camusso per una semplice segretaria anche se decidesse di farsi chiamare così. Sarebbe un grande aiuto per me: così quando mia figlia di 11 anni si ferma talvolta a guardare il nome di una via a Milano e mi chiede: “Mamma ma perché ci sono solo vie con nomi di uomini?”, potrei dirle: “In futuro non sarà più così”.
E quando mi scrivono 16enni rabbiose per non avere trovato che qualche nome sporadico di donna tra i libri di storia potrei rispondere: “Presto, molto presto cambierà”.
E’ disturbante notare il cambiamento di considerazione che leggo negli occhi di alcuni importanti personaggi quando ci incontriamo: “Come mai” si intuisce pensano “come mai questa che è stata una donna così capace, che ha diretto organizzazioni, ora si è persa così, si occupa di… donne”.
Sarebbe semplice ritornare ad acquisire quel rispetto: guardate lo spazio che i giornali anche i “progressisti (e chiamarli così è imbarazzante) concedono alle giornaliste donne: solo se scrivono di argomenti “importanti, dunque maschili” hanno accesso alle pagine serie del quotidiano. Le altre sono spesso relegate nei “femminili”.
Sarebbe facile tornare ad acquisire quello sguardo che ha reso molte di noi orgogliose di essere ammesse tra quelle che contano.
Il prezzo è stato la crescita di un indesiderato pene, e la perdita di quel femminile che, ritengo oggi, possa essere il grembo che accoglierà un reale cambiamento.
Coraggio, dunque. Coraggio Camusso, Marcegaglia, Carfagna. Coraggio donne professioniste manager dirigenti. Coraggio, date, diamo l’esempio: si può essere capaci, professionali, esperte, toste, determinate. E donne.
Le ragazze ci guardano.