Biblioteca_Nazionale_Marciana_-_Mandala_di_Pace__La_dissoluzione

Anni fa conservai per qualche giorno, sul tavolo del soggiorno, un quotidiano che riportava una mia intervista sul tema donne e potere. Venne a trovarmi il mio amico Andrea, lesse l’articolo, posò il giornale e sorridendo mi disse “vedi che con i quotidiani, il giorno dopo ci si avvolgono le bucce di patate.”

Capii o meglio sentii che aveva ragione.

Da quel giorno non conservo più nulla che mi riguarda.

La mia amica Clara dice che sbaglio, che ai miei figli potrebbe piacere un giorno leggere di questa bella avventura de Il Corpo delle Donne. Magari allora cercheranno in rete e forse qualcuno di voi avrà conservato qualche ritaglio polveroso da fornir loro.

Mandala di Pace – La dissoluzione

L’altra notte è andata in onda una mia intervista su Rai 2: io ero a letto.

Rivedermi in tv è un’esperienza che non amo: non perché non mi piaccio io, ma perché non mi piace il mezzo televisivo così come è utilizzato ora: nulla di interessante emerge mai, non si impara mai niente.

Trovo che occuparsi di tv sia in assoluto la cosa meno interessante che mi sia capitata di fare. Ciò che mi motiva è la consapevolezza di essere utile per molti ragazzi e ragazze, che mi scrivono e mi dicono di continuare.

Ieri a Punto Rosso è arrivata una lettrice del blog, 18enne insieme al suo ragazzo.

Gliel’ho scritto anche sulla dedica che mi ha chiesto per la sua copia del libro “sei già il cambiamento per cui sto lavorando.”

Io lavoro per giovani donne e giovani uomini come lei e il suo compagno.

Mi sono data 10 anni di lavoro per costruire un ponte sulle macerie lasciate dalla mia generazione, me compresa, ponte su cui lei e lui possano camminare, lasciando sotto di loro il putridume. E per avventurarsi verso dove, io non so dire.

La favola di Kahlil Gibran la conosciamo tutti ma stento a vederne applicata la lezione: io invece mi sento arco sul serio, ho anche una grande forza che a volte mi sorprende. Però la mia giovane lettrice è la freccia a cui io posso regalare tutta l’energia possibile, cercando anche di indirizzare un minimo la direzione. Dove arriverà però, non mi è dato di sapere.

E non so infatti dove noi donne stiamo andando. Ho presentimenti, sensazioni, emozioni. Da questi mi faccio guidare per mettere insieme i pezzi che compongono il mio ponte. Però sarà la mia giovane lettrice a indicarmi tra qualche tempo la via.

E vorrei invitare tutti gli orridi figuri che mettono in dubbio la rete forte e amorevole che unisce le diverse generazioni di donne, a qualche dibattito dove arrivano queste meravigliose giovani donne che parlano, intervengono chiedono, mi ascoltano e già sono pronte ad aggiungere un pezzo al mio ponticello; vorrei invitarli dicevo per mostrargli l’empatia che si crea, o l’amore dovrei dire, che si sprigiona.

Dice un’autrice canadese che nella vita di ogni donna adulta interviene sempre ad un certo punto la figura della “ragazza”. Che non è il trito stereotipo del “vorrei essere giovane come lei” bensì il molto più nobile “cerco di dare a lei ciò che a me è mancato e che ora con gli anni ho acquisito. E a lei lo dono”.

Compiuto il mio dovere, ottemperato lo scopo per cui mi pare di essere stata chiamata, me ne andrei volentieri in Palestina. Sola. A scrivere in pace e senza doveri di sorta, un libro che vorrei veramente scrivere, e forse potrebbe essere il seguito de Il Corpo delle Donne: “Dreyer mon amour” un piccolo librino, una dichiarazione d’amore infinito per Karl Theodor Dreyer, l’uomo che, almeno per me, più di tutti ha profondamente e infinitamente amato e compreso noi donne.