IMG_0132

Ogni tanto questo blog è a disposizione di chi ci legge e che, nelle cose che fa, ci mette la faccia.

Oggi ospitiamo Maria Giovanna Stabile e il racconto di 35 anni della sua vita in 6000 battute.

Quella di Maria Giovanna è anche una bella storia di Femminismo, quello vero e accogliente, di cui è importante venire a sapere per comprendere.

C’è bisogno di facce, facce vere, facce che raccontano di una vita che non si ferma all’apparenza.

Volti alternativi ai “non volti” televisivi e pubblicitari.

Che raccontano di noi a chi ci incontra.

Mettiamoci la faccia.

Scarpe bianche e nere con tacco a spillo: immersa nei miei pensieri, seguo il passo ondeggiante di una ragazza che mi precede. Milano, via Brisa: è l’intervallo del pranzo, la strada è piena di giovani che cercano un posto dove mangiare. Io ho appuntamento con Anna, mia figlia, che da qualche tempo non abita più con me. La trattoria nella casa di via Morigi 8, la casa occupata dai giovani dei movimenti negli anni 70 che sta per essere ristrutturata da una banca: poco lontano, il portone chiuso del Cicipciciap, il locale storico delle femministe milanesi.

Non sono mai entrata al Cicipciciap. Ho conosciuto le femministe nel ’77: appena laureata in medicina tenevo con una collega corsi sulla salute della donna nei locali del Consultorio di Via Albenga, tra l’Ospedale San Carlo e lo stadio San Siro. E’ là che ho incontrato il Gruppo delle donne di via Albenga.

Arrivata a Milano da tre anni col mio compagno, dopo un matrimonio contro il parere dei miei genitori, e una gravidanza volontariamente interrotta, sentivo forte il bisogno di una condivisione. Nel gruppo, ho cominciato a partecipare all’autocoscienza ed ho conosciuto Paola e Vittoria.

L’autocoscienza l’ho praticata per poco tempo: lavoravo e studiavo, ero molto occupata, forse sentivo oscuramente pericoloso sondare i problemi profondi senza una guida esperta, anche se capivo che condivisione serviva a tante di noi per uscire da storie difficili. Tuttavia ho continuato a dare una mano al gruppo per le manifestazioni, gli incontri, le feste di quartiere: con Paola e Vittoria l’amicizia è stata subito forte e profonda, ci siamo legate, abbiamo portato nel gruppo i nostri compagni. Dopo pochi mesi avevamo creato una compagnia numerosa che si trovava tutti i sabato sera, per cenare insieme, giocare a Risiko, e chiacchierare. Chiacchieravamo tanto, di tutto, di noi, delle nostre famiglie di origine, delle nostre relazioni: ci trovavamo a turno nelle nostre case e spesso rimanevamo insieme fino all’alba. Capitava anche che proseguissimo i discorsi per strada, riaccompagnandoci l’un l’altro avanti e indietro: qualche volta piombavamo senza preavviso a casa di Paola e Giulio anche a notte fonda. Giulio e Paola erano gli anziani del gruppo, avevano vent’anni più di noi; qualche volta Giulio brontolava, doveva alzarsi presto per andare al lavoro. Poi si lasciava comunque intrigare e rimaneva a discutere sacrificando il tempo del sonno.

Abitavamo tutti nella stessa zona, e tutti avevamo l’esigenza di una casa più grande: Giulio e Paola desideravano una casa con giardino, Vittoria ed io cominciavamo a desiderare un figlio. Nei fine settimana giravamo per il quartiere o uscivamo dalla città per cercare una cascina da ristrutturare.

E’ stato così che siamo capitati a Monzoro, un pugno di case e una cascina alle porte di Milano. Le antiche cascine del borgo non erano alla nostra portata. In compenso abbiamo trovato un cantiere, e acquistato una palazzina in un cortile di minuscole ville a schiera. La casa l’abbiamo divisa in tre, lasciando a ciascun appartamento l’ingresso al giardino comune, e rispettando, per quanto possibile, le preferenze di ciascuno.

Abbiamo vissuto assieme in questa casa dal 1983 a oggi: negli anni, altri amici hanno acquistato casa accanto a noi, e per un po’ di tempo il cortile è stato il centro di un’intensa vita di gruppo. Sono nate le nostre figlie, altri bambini si sono aggiunti. Vittoria, con la partecipazione di tutte, ha organizzato per anni pranzi e cene all’aperto, davanti alle case, in ogni occasione. Le ragazze sono cresciute in un grande spazio di giochi comuni, come i cortili di una volta.

Entro nella trattoria, Anna è arrivata, ci sediamo mi racconta di sé. Laureata e specializzata in materie umanistiche, fatica a trovare un lavoro che le dia reddito: nonostante questo, si sta organizzando per vivere con il suo compagno, che è nella stessa situazione. Sono entrambi pieni di vita e di progetti: le scelte faticose che le stanno davanti sono le stesse scelte che ho affrontato io alla sua età, ventisette anni fa.

Mi chiede se mi ricordo dei luoghi, della casa occupata, se sono mai stata al Cicipciciap: “Sai che ora non lasciano entrare gli uomini, a me sembra una forzatura”. E’ vero, sembra una forzatura anche a me: non è questo che intendevamo noi donne quando chiedevamo rispetto e autonomia di genere.

I contenuti del femminismo, il desiderio di autonomia, la solidarietà tra donne, sono sempre stati presenti nelle nostre discussioni e nell’agire quotidiano. Nonostante questo, anzi credo proprio per questo, tutte abbiamo costruito le nostre relazioni di coppia su basi sincere, senza ipocrisie. Ognuna di noi ha fatto la propria strada, nel lavoro, nella famiglia, nella politica ,rimanendo fedele al rispetto di se stessa e della propria autonomia.

Negli anni ovviamente molte cose sono cambiate, e abbiamo avuto lutti e separazioni. Vittoria non c’è più, Giulio neppure. Io e il mio compagno ci siamo separati, alcuni amici hanno traslocato. Tuttavia la nostra casa rimane, per noi e per le figlie, il centro di una famiglia allargata scelta per amicizia, e non per parentela. Io e Paola manteniamo una relazione profonda, e abbiamo ripreso da poco a incontrare alcune amiche del collettivo di via Albenga. L’8 marzo di due anni fa il collettivo è tornato in piazza con lo striscione delle “Donne di via Albenga”, ci teniamo in contatto in rete; quest’anno abbiamo anche fatto una visita collettiva al Festival di Mantova. Le nostre figlie sono cresciute, girano il mondo, fanno le loro esperienze. Anna viaggia molto, ma spesso parla di cercare una casa grande, con i suoi amici più cari per ricostruire il clima accogliente della casa della sua infanzia. Clara, la figlia di Vittoria, ha da poco avuto una bimba. Abita fuori Monzoro, ma da qualche giorno ha voluto tornare a stare da noi per un po’: si sa, quando nasce un bambino, si ha bisogno di sostegno e di compagnia.