Da piccola mi svegliavo di soprassalto nel bel mezzo della notte per la paura non della morte bensì dell’infinito. La mia cultura cattolica mi faceva immaginare il mio perdurare nell’eternità, che mi spaventava moltissimo e mi imponeva domande adulte sul senso della mia esistenza.

Negli anni ho poi invidiato chi aveva avuto solidi studi di filosofia a sostenerlo nel cammino: se a 16 anni ti spiegano che partire dal “conosci te stesso” di Socrate può indirizzarti verso una vita vissuta pienamente, è innegabile che parti avvantaggiato. Di tutto ciò che ho letto ho fatto sempre tesoro, non comprendendo come mai amici filosofi intellettuali coltissimi citassero con cognizione “tu conosci te stesso solo nell’incontro con l’Altro”, vivendo poi vite da reclusi mentre l’Altro rappresentava solo il terrore di un incontro insostenibile.

A capo

A capo

La poesia è stata la mia compagna e ha indirizzato e plasmato le mie azioni; mai l’ho ritenuta una forma alta di arte slegata dalle mie giornate: ciò che leggevo diventava vita.

E se allora ho amato moltissimo rileggere la Divina Commedia da adulta e ne ho capito profondamente, fin nelle vene, quanto raccontasse  delle nostre vite, come non capire che il giornalista de Il Giornale e il suo mal informato articolo, meritassero solo: “Di lor non ti curar ma guarda e passa”? Io credo nella relazione tra le persone e l’unica azione che mi è parsa significativa, è stata chiamarlo in redazione e chiedergli il perché di un articolo che non era stato preceduto da un’ intervista, e quindi basato sul nulla. La risposta non è degna di nota, rispecchia il vuoto di senso che stiamo vivendo in questi ultimi anni. Ogni volta mi interrogo su queste relazioni negate, su questi giudizi espressi al buio che recidono la possibilità di relazione tra due pèrsone che, magari, nell’incontro si sarebbero comprese, spiegate.

A capo

A capo

Sono mossa dalla consapevolezza che il mondo si possa cambiare. La possibilità per ciascuno di incidere sul presente determinando quindi il futuro, ha fatto svanire ormai da anni  le mie paure infantili. C’è un senso. Noi qui stiamo gettando le basi per un cambiamento epocale.

E’ necessario però ricominciare a progettare avendo un obbiettivo altissimo e accettando, come ho già scritto, che i tempi saranno forse lunghi, e non necessariamente vedremo i risultati del nostro lavoro.

Che importa?

Stacchiamoci da quest’ansia di risultato che ha danneggiato le nostre vite: i grandi cambiamenti non avvengono in un giorno, basta guardarsi indietro: se pianificando la  costruzione del Duomo di Milano Gian Galeazzo Visconti avesse preteso di vederne ultimata la costruzione, cosa ci sarebbe rimasto? Quando il duca morì di guglia ce n’era solo una, però bellissima e la prima di una moltitudine che sarebbero seguite nei secoli.

A capo

A capo

L’aspettativa di vita media per un uomo in Italia è 78 anni, alcuni arrivano a 80, pochi superano questa soglia. A volte guardo i politici in televisione: spesso hanno superato i 70 anni: penseranno mai alla morte, mi domando? Non intendendo la morte come evento terribile e rimosso dalle nostre esistenze, bensì morte che porta a compimento le nostre vite, di  laici e di credenti. Staranno riflettendo sul senso delle loro vite e su cosa lasceranno di se stessi al mondo?

Ho sempre trovato modesto l’obbiettivo di potere che molti uomini e qualche donna si danno nella vita. Di molti uomini ritenuti di potere del Novecento non c’è più traccia, nemmeno sui libri di scuola: fate la prova, prendete qualche vecchio giornale, scorretene le pagine politiche e a stento vi ricorderete di chi erano. Quale potere hanno esercitato se ora sono stati inesorabilmente e definitivamente dimenticati?

Cosa resterà della storia di questi  anni a cavallo tra i due Millenni? I nomi di politici oscuri votati ad un potere personale o quelli, per esempio,  di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino?

Che cosa ne pensate?

E voi che rapporto avete con la morte?