Giusto per fare il punto su dove ci troviamo e da lì partire.
Come molte di voi fanno notare, la stampa apparentemente dalla nostra parte, cioè quella “seria” che tratta i temi dei diritti delle donne, Repubblica ad esempio, usa la simpatica italica strategia “un colpo al cerchio e uno alla botte”: fanno fare un pezzo a Chiara Saraceno, sociologa femminista? E poi ci piazzano una serie di modelline quasi nude su repubblica.it. Danno spazio alle proteste delle donne contro il premier e le escort? E poi non passa giorno che online non ci sia qualche bonona discinta.
Lo storico marchio Corriere della Sera non è da meno: oggi, esilarante, non perdetevi su corriere.it il rimando a lei web.it, il portale per le donne della Rizzoli che titola “La sesta di Cristina!” (intendendo la sesta di seno dell’eroina del Grande Fratello).
E qui vi rifaccio la domanda che pongo nel documentario: ma perché a noi? Perché a noi donne indirizzano la pubblicità di queste tettone finte? Perché? Dove sono le ricerche di mercato che dimostrano che noi, noi donne, non vediamo l’ora di vedere Cristina nuda? E per dirla tutta, io credo che se a noi piacesse vedere le nostre simili nude, lo faremmo per una ricerca, una tensione verso il bello che ci farebbe fuggire a gambe levate dal bello chirurgico, che bello non è e che soddisfa bisogni di goliardici e barzellettieri.
Si può dire che leggere Panorama sarà assimilabile d’ora in poi alla lettura di un qualsiasi settimanale di gossip? Al calendarione, a luglio!, della già citata Cristina, è dedicata la homepage che relega diversi clic più in basso notizie probabilmente ritenute dalla redazione di minor conto, del tipo che in Italia i poveri sono 8 milioni. E fa veramente impressione, almeno a me fa veramente impressione la vicinanza delle due foto, guardate e verificate.
Fino a qualche tempo fa, forse anche ora ma non riesco più a leggerlo, il mensile del Corriere Style, dedicava una pagina ad una rubrica che all’estero sarebbe scomparsa dopo 1 pubblicazione: “La ragazza da sposare” in cui veniva descritta una giovane “comme il faut” da impalmare. Non ditemi che è una rubrica ironica, non si coglie.
Sul tema ragazze da impalmare, giovani, ben educate, internazionali con giuste frequentazioni, la nostra intellighenzia di sinistra ha un debole, certo ve ne siete accorti. Avrei dovuto tenere gli imbarazzanti articoli dove maturi giornalisti “di sinistra” si sperticavano in adulazioni imbarazzanti per Carla Bruni al suo esordio all’Eliseo. E guai a provarsi a dire che non ci pare corretto che uomini che si definiscono appunto di sinistra, scelgano le compagne in base a metri di giudizio della peggio ovvietà borghese: saremmo subito messe alla gogna come invidiose.
All’organizzatrice di un ciclo di incontri all’Università Bocconi a cui erano invitati numerosi docenti di rilievo intervistati da altrettanti giornalisti di rilievo tra i quali non c’era nemmeno una donna invitata, ho chiesto le ragioni di questa dimenticanza, in una Università che conta il 51% di iscritte. “Vede, le donne non protestano e non chiedono visibilità” mi rispondeva, peraltro imbarazzata.
L’anno scorso, ai dibattiti importanti che hanno preceduto le elezioni politiche, non ho quasi mai incontrato candidate donne. Ci considerano meno di zero, pensavo. Perché potrebbero almeno fingere di ritenerci importanti. Fingere e portare ai dibattiti qualche candidata donna in più, così, anche solo per darci il famoso contentino. E anche in questi giorni mi dico quanto poco contiamo noi donne, che siamo la maggioranza! se né il PD né il PDL si danno la pena di affrontare la “questione femminile” anche solo da un punto di vista di convenienza politica o di mercato! Ma chi li consiglia? Ma non ce l’hanno un esperto di comunicazione?
Le donne non protestano e non chiedono visibilità.
Questo è il problema.
E chiedo a voi cosa fare. Perché io ho dovuto scontrarmi con tante incongruità del mio carattere ma questo problema, questo del non protestare e non chiedere visibilità, non l’ho mai avuto. Io da sempre lotto, mi impegno, mi scontro, perdo, pago tutto e spesso però anche vinco. Tutto in nome della dignità del mio essere donna a cui tengo moltissimo e su cui non faccio nessuno sconto.