Santanchè e Libertà e Giustizia: Tecniche di Comunicazione

Concordo con ogni singola parola che è stata scritta.
Atteggiamento e linguaggio di questo tipo non fanno altro che riprodurre un allontanamento tra società e politica, alimentando risentimento e stanchezza verso una classe di potere lontana anni luce dalla quotidianità delle persone.
Ho trascorso la mia infanzia e tutt’oggi, quando non sono a Bologna per studio e lavoro, passo giornate dietro il banco del negozio dei miei genitori in un piccolo paesino la cui economia si basa sull’industria calzaturiera e l’artigianato. Ho ascoltato e ascolto tutti i giorni persone stanche, stanche e stanche di discorsi vuoti che sentono lontani da loro. Io li capisco, e questo fa male a noi e al nostro paese.
Cambiare si può e si deve, ma mi sto sempre più convincendo che, in fondo, non interessi così tanto :((

L’intervento di de Monticelli forse andrebbe bene come lezione di liceo, ma solo una volta messo in conto che la propria prof è noiosissima. Una persona di cultura dovrebbe aver capito qualcosa anche su come comunicare le cose che ha imparato: come si può proporre un discorso di piazza dove il bersaglio critico è definito “servilismo trascendentale” e il modello positivo sono i “catacumeni”? C’è da chiedersi tra quali dei due sia preferibile ritrovarsi! Un altro esempio di linguaggio a tratti oscuro, purtroppo, è Vendola, al punto da diventare facile bersaglio umoristico. Il problema è anche il modello di cultura italiano, di cui la sinistra spesso si fa vanto. Nel mondo anglosassone, per esempio, qualsiasi “professorone” si pone subito il problema di essere comprensibile a chiunque e non solo: anche accattivante. Anche scrivendo cose molto profonde, scientifiche, filosofiche, eccetera.
@Ilaria, il video che hai postato è molto interessante e dimostra che – ovviamente – non è necessario essere di madrelingua inglese per rifarsi al modello di comunicazione anglosassone.

@ IL CORPO DELLE DONNE
Condivido del tutto il suo intervento. Avrei potuto scriverlo io stesso nell’identica maniera. Perché è proprio quello che penso!!
In particolare la parte che riporto di seguito.
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“Diciamola santiddio la verità: alla sinistra italiana della gente non frega un cavolo. Diciamolo ! basta mentire! diciamolo che siamo tutti di sinistra finchè si sta a sentire Eco e Zagrebelski, finchè si legge repubblica! finchè si va in manifestazione col tepore primaverile. Meno di sinistra se si STA INSIEME alla gente che i problemi non li legge sul giornale ma LI VIVE OGNI GIORNO . E vive in case di merda, ha lavori di merda, spesso non ha tempo di informarsi e di conseguenza una cultura mediocre, guarda la tv. Io sono veramente incazzata, veramente mi spiace tanto che la mia generazione abbia contribuito poi a rendere le persone così supine, cos’ accettanti. E se aveva ragione Pasolini! e oggi obnubilati dalla tv, dall’idioazia del liberismo, non riescono nemmeno piu a ribellarsi e a mandarci tutti, anche me, a quel paese.”

Devo dire qualcosa, perché mi dispiacerebbe davvero che il mio intervento rischiasse di essere interpretato come affine a quello di chi scrive che la De Monticelli non capisce nulla.
Manca effettivamente in Italia una classe di intellettuali che tutta intera si preoccupi seriamente del fatto che senza condivisione del sapere e innalzamento del livello culturale non c’è democrazia. Lo dice molto meglio di me De Mauro, proprio a proposito dei dati citati nel post:
“Sono dati che mettono in forse il funzionamento delle strutture democratiche. Sono molti anni che si discute sulla realtà sostanziale di una democrazia: basta dire che si svolgono libere elezioni per essere certi che questo sia un paese democratico?”
Allora io non vorrei fare della De Monticelli un capro espiatorio, come mi sembra che qualche commentatore stia facendo, ben al di là delle intenzioni, a me pare, del post. La De Monticelli non è una politica, è una grandissima filosofa che io stimo e ammiro profondamente. Se lei non sa parlare da politica, non è con lei che me la prendo. Io imparo ogni giorno da lei, ma io sono fortunata anche solo per il numero di libri che ho in casa e per il fatto che capisco cosa c’è scritto, e riesco non solo a leggere i giornali, ma anche a riflettere sul modo in cui i giornali mi rappresentano fatti e realtà.
La De Monticelli era fuori luogo in una piazza, e però meno male che ci sono pensatrici come lei. Ma era in piazza perché la politica non ha niente da dire (oltre a non sapere come dirlo) e purtroppo è soprattutto la sinistra a non aver niente da dire. A due livelli: non sa parlare agli italiani e alle italiane, e soprattutto non sembra nemmeno notare questa impossibilità per loro di capire ormai di cosa gli si sta parlando, di organizzare mentalmente ed elaborare informazioni e idee. Era in piazza perché chi da lei ha imparato a pensare non ha mai lottato perché quella capacità fosse condivisa, e non si abbassa a tradurre quel pensiero per diffonderlo, e soprattutto non presenta alcun programma che davvero si preoccupi di riportarci alla democrazia. E lo dico da persona che riesce ancora e continuerà a dirsi di sinistra, ma non considera sinistra questa, qui,di oggi, in Italia.
Non è una democrazia quella in cui si può propagandare ogni assalto personale – fatto in pubblico, si badi bene – per satira e libertà di espressione, senza che ci siano prese di posizione serie in merito, da parte politica, senza che ci si renda conto che quella distinzione in altre culture è prodotto e al tempo stesso base della convivenza civile e democratica, e ci si chieda: perché qui da noi, no? Non è una democrazia quella in cui le donne sono tenute lontano dalla politica e sistematicamente insultate in barba alle parole della Costituzione. Ci vuole molto a dirlo? Sì, perché molto di tutto questo ha fatto comodo, solo che la destra lo ha saputo usare meglio. E’ la sostanza del fascismo, è distruzione della democrazia. Dei compromessi accettati abbiamo ampiamente parlato altre volte.
Non chiedo semplicemente uno stile migliore, esigo una sostanza etica e politica che sappia riscattare il paese. E certo, magari anche un po’ più di umiltà anche da parte degli intellettuali. L’umiltà è una grandissima dote, uno dei più terribili deficit del nostro paese.

Sulla pietas ho qualcosa di importante (almeno per me) da dire. Io mi sono formata con un grandissimo maestro, dal quale ho imparato a cogliere in ogni parola la profondità, con atteggiamento filologico che non è amore della parola per se stessa, ma per tutto ciò che la parola rivela, per il dialogo che la parola ha sempre in sé, con l’altro e con il passato – e il futuro. Oggi scopro quanto tutto questo può essere importante per aiutare gli altri, sia nelle professioni più tecnicamente di aiuto, sia nella comunicazione in rete che è una pratica politica fondamentale dei nostri tempi. E naturalmente nell’insegnamentom ma questo lo sapevo già.
Con quel maestro avevo letto un testo che secondo me dovrebbe oggi essere tradotto in un italiano accessibile a tutti (sì, perché purtroppo è quasi impossibile da leggere per un giovane d’oggi, anche se è stato scritto da un giovane, e ci si ritroverebbero eccome), il “Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli italiani” di Leopardi (che sai quanto amo, ho sentito il bisogno di regalartelo). Davvero è una lettura che oggi possono permettersi in pochissimi di fare, eppure vedo con piacere che se ne stampano nuove edizioni commentate da grandi giuristi, e Roberta De Monticelli gli dedica alcune pagine nel suo libro “La questione morale”, spiegando come in quel testo si trovi l’analisi dei sintomi dell’incapacità degli italiani di passare dalla condizione di sudditi a quella di cittadini, dotati di autonomia morale e civile. Sottolinea, per esempio, come la mancanza di amor proprio impedisce la giustizia e la virtù (parole di Leopardi): non è un pensiero banale, è il nesso politico per cui io comprendo la profondità del tuo progetto, per esempio. Non è questione di corpo delle donne, è questione di corpo politico. Tu l’hai tradotto in azione, al fondo della quale c’è quell’analisi. Che è anche al fondo di un librettino piccolo ma denso, “Contro la falsa bellezza – Filosofia della chirurgia estetica “, di Tommaso Ariemma, dove si legge:
“Il bombardamento estetico non è che il lato oscuro, mai adeguatamente indagato, dell’attuale produzione industriale della bellezza, che diventa sempre più invasiva. La produzione industriale della bellezza necessita, infatti, della distruzione di qualsiasi amore per se stessi.” “Il sentiero che porta alla chirurgia estetica è popolato da … una crescente vergogna e odio per la propria parte nel mondo”. E segue un’analisi delle conseguenze politiche di tutto ciò.

Ma la parte del libro della De Monticelli che mi preme sottolineare è quella in cui segnala la diagnosi di Leopardi, che è
“la quasi completa mancanza… dell’élite di un’effettiva classe dirigente, con responsabilità civili e politiche e un senso comune dell’appartenenza alla nazione, con un respiro progettuale per il suo presente e il suo futuro, che possa alimentare negli individui, con la CONVERSAZIONE, l’emulazione… il senso dell’onore”.
Ho sottolineato “conversazione”, perché è quella che manca in Italia, un linguaggio comune civile, un linguaggio della relazione, come tu giustamente lamenti. Leopardi descrive il modo in cui, mancando di amor proprio, gli italiani non hanno problemi a offendersi, a distruggersi reciprocamente. E’ il linguaggio e la “tecnica discorsiva” per così dire che la Santanché rappresenta all’ennesima potenza. Che ora, tra l’altro, è diventato tecnica di marketing applicata alla politica, e chi lo poteva fare meglio di un imprenditore/imbonitore? Ma non è il linguaggio che io auspico, non solo nella sostanza, ma anche nella forma. Abbiamo bisogno di altro.
Ecco, mi preme dire che, pur essendo inadatta alla piazza, meglio, a quella piazza, De Monticelli parla a tutti quei politici che purtroppo non l’avranno ascoltata, che non c’erano, e forse proprio per questo è andata lì, nella speranza che qualcuno senta, colga quel che una grande studiosa dice in modo limpido, anche se non facile, e attraverso di lei un grande come Leopardi. E immagino che emotivamente le sia costato, come sempre costa a chi si espone in questo paese. Di questo la voglio ringraziare. Credo che ci sia molta pietas nell’avventurarsi in pubblico di questi tempi, come tu ben sai, molto amore dell’altro. Nel suo caso, naturalmente, non in quello della Santanché, vera propagandista dell’odio. Per questo le vedo come antitetiche, anche se al paragone manca un elemento: una donna politica italiana che, ispirandosi alla lezione della De Monticelli, traduca quelle idee nel discorso che vogliamo, di cui abbiamo disperato bisogno. Un esempio tangibile di politica vera.

PS Chiedo scusa per la lunghezza, e, a proposito di pietas, segnalo un intervento della De Monticelli su bellezza e suicidio morale degli italiani: http://www.gruppolaico.it/2011/08/26/il-suicidio-morale-dell%E2%80%99italia/ E’ la vera bellezza, quella di cui parla, non il paradosso della finta bellezza. E io mi commuovo a leggerla. Di nuovo, sono gli intellettuali in grado di capire che dovrebbero agire.

Penso che dovremmo fare un sforzo per distinguere con chiarezza i molteplici aspetti sollevati dal post e affrontarli da angolazioni ancor più articolate e profonde di quanto non sia già emerso. Ed è emerso che si sta mettendo sullo stesso piano la comunicazione della politica Santanché con quello della filosofa De Monticelli, come ha già osservato Ilaria. Questo per dire che il centrodestra italiano è più attrezzato per la comunicazione efficace. Non dimentichiamo che il centrodestra di cui parliamo è l’espressione assoluta di quello che per brevità chiamiamo berlusconismo e che caratterizza, in una molteplicità di tratti, il panorama dei politici italiani ad eccezione e non sempre della modalità , a sinistra, di comunicare. Altrimenti avrei piacere di capire cosa stiamo criticando del centrosinistra italiano. Quanto sento dire che Berlusconi e i suoi sono “bravi” a comunicare” e che si dovrebbe imparare da loro, sono colta dallo sconcerto, diciamo, per non dire di peggio. Ciò che si è andato perdendo non è solo il valore dei principi che dovrebbero definire la sinistra ma qualcosa di più drammatico, ovvero la distinzione fra contenuto e forma. La forma diventa il contenuto. L’insulto, l’aggressione, l’ostentazione del proprio, in genere miserabile, punto di vista, diventa l’oggetto da comunicare: che tutti sappiano chi comanda e chi comanda può fare ciò che vuole solo perché lo urla, solo perché lo impone, solo perché è la sola sostanza del suo urlare.
La comunicazione dunque. Dobbiamo avere molto chiaro che questa società ha fatto della comunicazione ( e di un determinato tipo di informazione) l’oggetto e non il mezzo per esprimere se stessa. Ciò a discapito dei contenuti che si vogliono comunicare e che spesso passano volutamente inosservati per il solo e semplice fatto che essi sono lo strumento della manipolazione.
In tutto questo, lo spazio per una riflessione sui contenuti viene interamente assorbito dalla forma con la quale esso viene comunicato: di tutto quello che ha detto Roberta De Monticelli a noi colpisce soltanto il fatto che ciò che dice non è per tutti. Dimentichi della sua opera, anche se non vogliamo riconoscere il valore dei contenuti. E’ grave, secondo me, molto.
La divulgazione. Certo, se si va in una piazza è per farsi intendere. Ma per quale recondita ragione ciò che dobbiamo arrivare a capire ci deve essere proposto con parole più semplici di quelle che è necessrio usare per elaborare e poi esprimere concetti complessi? E’ stato già detto, qui, mi sembra da Paola. Se riconosciamo un valore alle parole dobbiamo sapere che non sempre i sinonimi o la descrizione analitica di una parola o di un concetto riescono a dare perfettamente conto di ciò che si intende con quella e non un’altra o altre parole. E non per brevità o sintesi, ma proprio per la potenza concettuale che quella parola è stata capace di raccogliere in sé. A chi spetta di fare lo sforzo di capire dopo che chi ha già lavorato per capire e poi per convogliare in una parola ce lo porge? E perché mai dovremmo avere in mano, in anticipo rispetto al nostro sforzo, tutto il lavoro da fare per capire? Qual è il vero problema dell’anlfabetismo di ritorno se non un mix di banalità che vengono insegnate da una classe di professionisti, gli insegnanti, sfiancati da ben altri problemi che girano intorno alla dignità del loro lavoro e alla scarsa formazione che a loro volta hanno ricevuto nel processo di impoverimento generale che da anni caratterizza il sistema dell’istruzione e della formazione italiani? Siamo proprio sicuri che oggi siamo di fronte a dei veri insegnanti e non a ciò cui sono stati ridotti e cioè a lavoratori sfruttati, vessati, umiliati e scarsamente formati? Con tutte le eccezioni del caso, ci mancherebbe, ma guardiamo la norma, guardiamo l’offerta, guardiamo a cosa ci siamo ridotti. E quando siamo di fronte a dei veri insegnanti, dei veri professori cosa ci autorizza a dire che non sanno comunicare? Il paragone con la Santanché? E con quelli come lei che “formano” le coscienze degli italiani alla subordinazione, alla legge del più forte, all’arroganza del potere amato per se stesso e non come servizio a una cittadinanza che lo stipendia, per avere indietro il rischio del fallimento economico, sociale, culturale, insieme a quello finanziario? Ma davvero pensiamo che l’economia, la finanza e la politica coincidano ancora? Davvero insieme al disastro finanziario siamo rassegnati a veder fallire la cultura italiana, l’impresa italiana (e non una particolare forma di impresa, quella finanziaria, appunto), la bellezza italiana? Proprio la De Monticelli, lo scorso agosto, ha scritto un articolo meraviglioso su tale rassegnazione a veder scomparire la bellezza che abbiamo in Italia parlando sapete di cosa? Di suicidio morale degli italiani contenuto in questa rinuncia!!!!
Concludo dicendo che io sono grata a quelle piazze in grado di offrirmi pensiero raffinato, prodotto, elaborato e proposto così com’è, senza perderne una stilla della sua essenza e che spetta a me il compito di raggiungere ciò che mi viene proposto dimostrandomi all’altezza se non proprio di saperlo fare, ma almeno di provarci. Non è il facile che mi attrae ma il semplice e “solo con molto lavoro ottengo la semplicità”. De Monticelli per presentarsi in quella piazza ha fatto un lavoro di ricerca fra quegli autori che messi uno accanto all’altro sono in grado di fornirci un orizzonte (che qualcuno, non ricordo chi, qui non vede) che per la sinistra italiana dovrebbe ancora essere un valore al quale riferirsi per fare politica, sì, proprio politica. Perché la relazione fra gli intellettuali e i politici quale sarebbe, altrimenti? Invece noi siamo portati, ormai a pensare che i politici sono tutto: da imprenditori a esperti di pubblica amministrazione, a sociologi, economisti, financo intellettuali. Sarebbe auspicabile, forse, che fossero tanto, mentre ci dobbiamo accontentare di barbari e di delinquenti che spacciano il loro interesse, la corruzione e tutto il resto, come merce buona per tutti alla quale tutti ci dobbiamo inchinare perché comunicano con chiarezza che rubare, turlupinare, umiliare è lecito e legittimo.
Cos’ è la sinistra italiana, Lorella? Quasi niente. Se non fosse per ciò che ancora (re)esiste nei libri e in qualche valorosa/o generalmente schiacciata/o in un angolo per imitazione facile del berlusconismo adottato a propria condotta.
Vedo che ci sono un commento di Ilaria e uno di Lorella che ora andrò a leggere e mi scuso se posto senza averli già letti ma troveremo sicuramente un modo per conforntarci su tutto. Buona giornata a tutte e tutti, sono felice di essere con voi anche se non sempre pensiamo le stesse cose e allo stesso modo.

Lorella, io non disconosco il valore della mediazione intesa come accesso a saperi normalmente e/o facilmente non disponibili ma essa può avere luogo in diversi modi, uno è quello di chi, come te, se lo è dato come compito; un altro può avvenire per istanze soggettive profonde che trovano comunque il modo di accedere a ciò che risponde ai bisogni dell’ anima. Io, ad esempio, la penso come Luisa Muraro qui: http://www.libreriadelledonne.it/news/articoli/Metro190911.htm.
Penso che i ragazzi e le ragazze devono essere incoraggiati a cercare e a guadagnare ciò che per loro è necessario, proprio come abbiamo fatto io, tu e molti altri ed altre.
Poi penso anche che il potere che attualmente gestisce il nostro Paese sia particolarmente scaltro, quanto a comunicare ciò che soddisfa i bisogni di pochi a discapito di altri (per questo trovo il tuo lavoro molto importante) ma ho molta fiducia nei ragazzi e nelle ragazze di oggi come in quelle/i di ieri, che saremmo noi e che abbiamo trovato il modo per non bere acriticamente tutto quello che avrebbero voluto farci credere. Ti ricordi come parlavano i politici quando eravamo giovani noi? Non si capiva una parola di quello che dicevano e ci siamo dovuti sforzare molto per orientarci e per guadagnare quel poco che oggi stanno tentando di toglierci.
Ma io come dice Luisa Muraro, non ho mai voluto essere privata da giovane come da adulta, del mio protagonismo storico . Allo stesso modo non desidero per altri ciò che non ho già desiderato per me.

@Mary, scusa se m’intrometto fra te e Lorella ma visto che anche tu hai il tuo blog, saprai che negli spazi pubblici si interviene per interagire e lasicar che si interagisca con quanto anche noi diciamo :-).
Ho bisogno di capire perché consideri OT il tuo commento in un post che si occupa di capire come raggiungere nel modo più efficace possibile la coscienza delle persone e che qui, come sottofondo costante, vede la preoccupazione nei confronti delle e dei giovani bombardati dal sessimo.

@Lorella Sì, io penso che a De Monticelli e a Eco interessi. Non generalizzo, ma su loro due mi sento di rispondere.
E però è anche vero che forse il modo in cui si sono mossi – non solo loro, ma tanti tra gli intellettuali … diciamo intellettualmente onesti, non basta. Hanno fatto tanto, e penso, per Eco, a Encyclomedia, tanto per fare un esempio. Ma la situazione è tale, la scuola ha subito così tanti gravissimi attacchi, che sarebbe opportuno pensare ad altri modi, ad altre forme di militanza, a forme di volontariato. Per i piccoli, ma non solo, soprattutto per gli adulti. Manca in Italia, come segnala De Mauro, un sistema di istruzione e formazione permanente degli adulti. Il problema non è se hanno a cuore gli altri, è che rischiano di parlare a sordi (e direi che già lo fanno). E probabilmente hai ragione, pochi si rendono conto dell’entità e delle conseguenze del problema. E dunque pochi, troppo pochi, pensano a cosa fare.
A Milano ho letto che le scuole di sera saranno a disposizione per varie attività culturali e incontri. Regalare un po’ del proprio tempo e delle proprie competenze diventerà più facile, per chi lo vuole. Mi auguro davvero che se ne approfitti e la cosa prenda piede. Non lezioni accademiche, ma competenze a disposizione delle esigenze della società.