Cambiare il mondo

Qualcosa si muove?

Riportiamo qui di seguito una mozione dei senatori del PD che prende spunto dal nostro documentario e che indica nell’educazione ai media, così come per il nostro Nuovi Occhi per la TV, la strumento principale per il cambiamento.

Al Senato una mozione PD per una corretta immagine delle donne

(ASCA) – Roma, 18 dic – “Impegnare il governo ad assumere iniziative perché il sistema radiotelevisivo pubblico svolga un’opera di sensibilizzazione al rispetto della diversità di genere e della dignità delle donne e perché nelle scuole siano avviate campagne di informazione per aiutare i giovani a difendersi dagli stereotipi di genere”. È questo lo scopo principale di una mozione sul rapporto tra donne e media presentata dal gruppo del Pd al Senato, di cui è prima firmataria Vittoria Franco e che è stata sottoscritta dalla presidente Anna Finocchiaro, dai vicepresidenti Luigi Zanda, Nicola Latorre e Felice Casson e da tutti i senatori democratici.

La mozione richiama un analogo documento approvato all’unanimità dall’Aula del Senato il 13 settembre 2009. “A causa della mancata attuazione degli impegni presi da parte del governo in quell’occasione – scrivono i senatori del Pd – si ritiene necessario portare all’attenzione di questa Assemblea un’altra mozione, considerato che non solo dalla prima mozione nulla è cambiato, ma sicuramente la situazione del rapporto tra la figura ed il ruolo delle donne nella realtà a causa della rappresentazione distorta che ne fanno i media è senza alcun dubbio degenerata. La grande visibilità e,

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Con gli occhi aperti

Questa mattina mio figlio, che sta scoprendo la musica degli Anni ’70, fa partire a manetta questa canzone di De Gregori:

W l’Italia

W l’Italia è di trent’anni fa.

C’è un’Italia derubata nel testo del ’79, un’Italia del 12 dicembre.

E anche un’ Italia assassinata dai giornali e un Italia presa a tradimento.

E pure un’Italia dimenticata e un‘Italia che avremmo voglia di dimenticare e un’Italia che si dispera.

“Viva l’Italia, l’Italia liberata, l’Italia del valzer, l’Italia del caffè. L’Italia derubata e colpita al cuore, viva l’Italia, l’Italia che non muore. Viva l’Italia, presa a tradimento, l’Italia assassinata dai giornali e dal cemento, l’Italia con gli occhi asciutti nella notte scura, viva l’Italia, l’Italia che non ha paura. Viva l’Italia, l’Italia che è in mezzo al mare, l’Italia dimenticata e l’Italia da dimenticare, l’Italia metà giardino e metà galera, viva l’Italia, l’Italia tutta intera. Viva l’Italia, l’Italia che lavora, l’Italia che si dispera, l’Italia che si innamora, l’Italia metà dovere e metà fortuna, viva l’Italia, l’Italia sulla luna. Viva l’Italia, l’Italia del 12 dicembre, l’Italia con le bandiere, l’Italia nuda come sempre, l’Italia con gli occhi aperti nella notte triste, viva l’Italia, l’Italia che resiste.”

Vorrei chiamare De Gregori, subito. Dirgli che la canzone è ancora attuale, attualissima, che potrebbe averla scritta oggi…

Però.

Nella canzone c’è anche un’ Italia che non ha paura, un’Italia che è ancora tutta intera. Un’Italia che lavora e che, incredibilmente, si innamora.

C’è una Italia con le bandiere e un ‘Italia che tiene gli …

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12 dicembre 2009: Viva la Patria

Il significato del termine Patria è Terra dei Padri, ed anche “unione dei popoli che vivono sotto le medesime istituzioni ed hanno generalmente un solo linguaggio”.

40 anni fa, venerdì 12 dicembre 1969, alle 16.37, in Piazza Fontana a Milano scoppiò una bomba ad alto potenziale. Messa nell’ufficio di una banca piena di persone da alcuni militanti neo-fascisti, uccise 18 persone e ne ferì un centinaio. 14 morirono subito, 3 nei giorni e mesi successivi per le ferite e la 18esima morì nella notte tra il 15 e il 16 dicembre: era Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico ingiustamente sospettato di essere uno dei responabili della strage e in quel momento sotto interrogatorio alla  alla questura di Milano. Dei feriti molti rimasero senza braccia o gambe. Si ritiene che elementi deviati dei servizi segreti abbiano depistato le indagini fin dall’inizio e negli anni successivi per impedire che si giungesse alla verità.

Non è vero che non ci sia una verità su Piazza Fontana. Secondo l’Associazione vittime di Piazza Fontana le indagini hanno alla fine chiarito chi sono i colpevoli. Solo che non esiste una sentenza di condanna. E’ importante leggere e informarsi su Piazza Fontana e poi discuterne. Raccontate a chi non sa, a chi è troppo giovane, a chi ha dimenticato. Non dimentichiamo quel 12 dicembre 1969 e rendiamo così noi tutti giustizia ai fatti e alle persone. E’ importante, perché quel giorno ha contribuito a rendere meno credibile lo Stato. E senza ricordare e diffondere la verità …

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Mettersi in discussione

Arrivavo lentamente, mi fermavo sulla porta e guardavo, con attenzione, mi pareva.

La stanza era luminosa, almeno io la ricordo così. Gli altri allievi erano già seduti sulla moquette chiara, con le spalle appoggiate alla parete. C’era un senso di bellezza diffuso.

Stavo immobile e col batticuore. Piena di rispetto, mi pareva.

Non sapevo se oggi sarei potuta entrare: attendevo il permesso di farlo. Senza rabbia, mi pareva.

Il docente era assorto in cio’ che stava facendo, poi alzava la testa, si guardava intorno, guardava gli allievi. Poi il suo sguardo si posava su di me e io capivo che non ero pronta per entrare.

Tornavo a casa. Senza risentimenti, mi pareva.

Uno degli insegnamenti più importanti che ho ricevuto nella mia vita è stato imparare, per me faticosamente, a esercitare l’assenza di giudizio. Esattamente il contrario di ciò che insegna la nostra cultura. Se dimostri di saper giudicare e criticare, la società ti apprezza. Lo vediamo giornalmente nei dibattiti televisivi: ascolto azzerato, giudizi feroci.

Uno dei modi certi per non apprendere nella vita, è giudicare un’esperienza mentre la si sta vivendo, o una persona mentre sta ancora parlando. Il più delle volte ci precludiamo la possibilità di imparare, opponendoci criticamente. L’apprendimento necessita di tempi lunghi, di capacità di ascolto, di pazienza.

Il docente citato sapeva riconoscere la chiusura e il risentimento anche dallo sguardo dei suoi allievi. Teneva corsi meravigliosi sulla capacità di creare. E per creare al livello che ci proponeva, chiedeva ci presentassimo aperti per apprendere. Ma …

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Stereotipi

“Ma scrivi un blog sulle donne? Ma allora sei femminista!”

“Sei stata manager per anni in grandi multinazionali? Ah, ma allora… non puoi capire… noi veniamo dalla militanza…”

“Guardi il documentario non è male, ma sa lei è regista, io sociologo e la realtà la conosco…”

“Frequenti la Libreria delle Donne? Ah io non sono d’accordo con il loro pensiero quindi il Manifesto del Lavoro non lo leggo nemmeno.”

“No dai! Non ci credo! Alla tua età con il ruolo che hai… chi l’avrebbe detto… un tatuaggio… no…”

“Leggi la Repubblica… ah… allora capisco… sei radical chic eh?”

“Legga questo libro… e comunque legga… e’ importante, voi donne d’azienda tutte numeri e niente cultura!”

“Vedi come si veste? Già capito chi è.”

Gli stereotipi ci ammazzano. Intendo che eliminano la possibilità del meticciato, che tanto ci farebbe progredire.

Vedi una persona, e da un dettaglio ti costruisci un interpretazione tutta tua, tutta di testa che impedisce l’approfondimento.

Nel 2006 sono stata al World Social Forum a Caracas: per motivi oscuri, molti degli italiani presenti trovavano “esotico” che una donna come me fosse lì. Non so, sarà stato come mi vesto? Il modo che ho di muovermi? Come parlo? Quello che ho fatto nella vita? Un razzismo feroce nei miei confronti. Il bello è che questo problema non esisteva con tutte  le altre nazionalità. Cosicchè mi sono stufata ed ho frequentato solo stranieri trovandomi benissimo. Non mi pare che nessuno desse importanza a dettagli esteriori per risalire a chi ero io. …

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Gabbie

“Un giovane di 31 anni è stato fermato in evidente stato di ubriachezza…”

“A 45 anni i giochi sono ormai fatti: se non hai fatto carriera difficile che a quest’età tu possa avere ancora chance.”

“Obama è un Presidente giovanissimo, a soli 48 anni…”

“E’ necessario rinnovare un partito che vede nelle sue fila dirigenti di oltre 50 anni, ormai prossimi alla pensione.”

“A 63 anni Michele Placido diventa papà! Confermando la sua vitalità creativa, presenta al mondo la sua giovane moglie di 23 anni!”

“Cosa cerca Riccardo Scamarcio nella storia con Valeria Golino? Certo una figura materna.”

“Demi Moore e il suo toy boy: il giovane marito di ben 14 anni piu’ giovane…”

“La sua è una buona idea, è vero. Ma lei è così giovane… si faccia prima le ossa.”

“La sua è una buona idea, è vero. Ma lei, mi perdoni, ha già una certa età, non vorrei che non sapesse interpretare le esigenze del mercato”

“ Stai bene vestita così, certo che i pantaloni così stretti alla tua età…”

A 30 anni sei ancora un giovane, a 45 è già tardi però per dimostrare di valere: in 15 anni la percezione che la società ha degli individui cambia in modo schizofrenico. Si è considerati troppo giovani fino a più di 30anni, vecchi dopo i 45.

A 50 anni sei un giovane presidente, ma sei solo un politico attempato, se non hai già raggiunto una leadership conclamata.

A 60 e più anni sei un ganzo se sei …

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Immagina

Immagina che questa politica morta, che vedi intorno a te, venga infine sepolta e faccia spazio a qualcosa di nuovo che si alimenta della vita narrata da ogni persona.”

E speriamo che il nuovo che arriva si alimenti anche e molto della vita narrata dalle donne.

Sabato 24 ottobre viene presentato in 25 città italiane il MANIFESTO DEL LAVORO DELLE DONNE E DEGLI UOMINI, scritto da 8 donne del Gruppo Lavoro della Libreria delle Donne di Milano con l’obbiettivo di proporre a tutti, donne e uomini quindi, un modo nuovo di concepire il Lavoro. Ci siamo prese la libertà di guardare oltre, credendo fortemente che forzare i confini di un modo di intendere il lavoro ormai obsoleto, possa recare vantaggi e far crescere la libertà di tutti.

Per un anno noi autrici del Manifesto ci siamo incontrate per confrontarci sul tema “Donne e Lavoro”: partivamo da un sapere ricco e variegato risultato di una lunga ricerca i cui risultati sono condensati in un prezioso volume: Il doppio Si, cioè il sì che le donne di oggi dicono sia al lavoro che alla vita privata, con tutti i problemi che ne derivano.

Il Manifesto è rivoluzionario: come definire altrimenti un documento che parla di lavoro partendo dall’esperienza e dai desideri delle donne?

Fino a ieri sarebbe parso inconcepibile; oggi esiste. D’ora in poi ci sarà uno scritto su cui discutere e riflettere che afferma che sì, possiamo iniziare a progettare modi e tempi del lavoro che tengano …

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