“E dopo la fine della terza puntata ho deciso dove avremmo passato le vacanze e l’ho detto a mio marito: Sicilia, Ragusa là dove vive Montalbano“. La signora seduta vicino a me nel salone del congresso Winconference che si tiene a Berlino da ieri e fino a sabato, vive a Londra, è professore universitario ed è di origine canadese. Appena si è resa conto che sono italiana, il suo atteggiamento verso di me si è aperto come raramente gli anglosassoni concedono a sconosciuti. Mi racconta che Bbc4 trasmette Montalbano da qualche tempo con grandissimo successo. Moltissimi suoi amici – mi racconta – hanno trascorso le vacanze in Sicilia, e stanno scoprendo non solo “una terra magnifica, ma anche con un tempo splendido, mare pulito e cibo squisito”. Mi rallegro e penso che erano anni che noi italiani non si veniva accolti così cordialmente all’estero: le battute sulla nostra politica e la sua inefficienza ci seguivano ovunque andassimo.

Per tornare dal centro congressi all’albergo passo di fronte al Centro Martin Gropius dove si tiene il Berliner Festispiele: è in corso la mostra Pasolini-Roma, quattro mesi tra mostre conferenze dibattiti incontri (interessante quello del 5 novembre con il regista Volker Schlondorff e Ulrich Reck rettore della facoltà per i Media). Con il programma in tasca attraverso il Kurfursterdamm, una delle arterie principali di Berlino, sicuramente la più elegante e dove i più noti stilisti hanno le loro boutique: Armani, Versace, Valentino e i nostri marchi italiani di abiti e scarpe sono ovunque anche al Kdw, il più noto e il più antico grande magazzino tedesco: constato che nonostante la concorrenza agguerrita qui si associa ancora l’idea di eleganza allo stile italiano.

Una volta cibo italiano significava per gli stranieri pasta, spesso scotta, e pizza. Negli ultimi dieci anni moltissimo è cambiato e da New York a Londra, nascono negozi che propongono aceto balsamico di Modena, parmigiano reggiano invecchiato, burrata pugliese formaggio di fossa che gli stranieri apprezzano moltissimo.

Non è banale dunque ribadire che investire in cultura, cibo, arte, design e turismo può rappresentare la via alla ripresa che auspichiamo. Mi spingo a dire che non è nemmeno così difficile: possediamo la bellezza, materia prima su cui impostare piani di sviluppo e di marketing per mettere a sistema quanto abbiamo a disposizione  in grandi quantità. Un amico recentemente mi raccontava di avere portato un viticoltore della Borgogna a pranzo in un ristorante delle Langhe dove gli aveva fatto preparare vino e cibo squisiti. Il viticoltore mangiò di gusto finché disse a conclusione del pranzo: “Lo sente questo rumore di sottofondo che ci accompagna da quando siamo entrati? L’amico non sentiva nulla”.

“Siamo noi vignaioli francesi che ridiamo da qualche anno”, scherzò l’ospite. Ridiamo perché non vi accorgete del patrimonio enorme che avete nelle mani e ci lasciate scorrazzare liberi nei Paesi emergenti dove vendiamo a carissimo prezzo il nostro vino francese”

Si può fare. Da subito. Abbiamo la materia prima in abbondanza e abbiamo le capacità e le persone in grado di attuare il piano di rilancio. Bisogna volerlo e partire subito.