Ci scrive da Lisbona Chiara Baldin sul femminicidio che, purtroppo, unisce intergenerazionalmente le donne:

La magliette scollate maschili vanno di moda, vero? Vedo maschi di tutto il mondo che mostrano pettorali tonici e scollature da urlo.
E se un giorno gli uomini lanciassero una nuova moda e iniziassero a usare short da cui sporgono cosce ben definite e una fettina di natica soda e provocante, voi, oh donne, vi sentireste in diritto di palpare quel ben di dio, molestando un maschio innocentemente seduto in autobus?
Vi sentireste talmente provocate da intimidire l’uomo con sguardi insistentemente bavosi e obbligarlo a lasciarvi toccare ogni suo muscolo esposto e non?
A mio avviso, in condizioni psicofisiche sobrie, una donna non oserebbe molestare un uomo. E non credo sia solo per il fatto che l’uomo di solito è fisicamente più forte e reagirebbe, difendendosi.
C’è una ragione più sottile e fondamentale chiamata rispetto. Rispetto per la persona, vista non come giochetto sessuale e provocante bensì come essere vivente dotato di dignità. Almeno di un briciolo di dignità.
Qualche giorno fa un amico mi ha raccontato di un schifido momento vissuto da una sua collega di lavoro. «Erano le 7 del mattino, sedeva sola in una delle file in fondo all’ autobus. È salito un uomo e si è seduto di fianco a lei… le ha puntato un coltello intimandole di fargli fare tutto ciò che desiderava. L’ha quindi molestata, mettendole le dita dentro la vagina e toccandola dappertutto». Io: «Meu deus…e l’autista non ha notato nulla?!». Il mio amico a quel punto: «Nulla… comunque lei vestiva una minigonna eh!».
Non è la prima volta che devo ascoltare questo commento. E mi sento così triste nel notare che secondo molti uomini e donne (ahimè…) la provocazione femminile e la minigonna sono COLPEVOLI della violenza e molestia maschili.
Non manca qualcosa nelle loro prospettive? Veramente si può dare la colpa a un abito troppo corto e provocante? Provoca chi e cosa?!
Dal giorno di quella discussione, ogni volta che salgo sugli autobus (miei compagni di viaggio quotidiani…) mi siedo davanti. Ciò nonostante continuo a usare gli short.

Nelle ultime settimane, cronache dalla Norvegia, India, Pakistan, Nigeria, Italia. E (2º ahimè…) sempre e comunque Portogallo. Tutto il mondo è macchiato di femminicidi. Un’emorragia senza ritegno né vergogna.
E mentre le persone del mondo sono intente a seguire i mondiali di calcio in Brasile (da me boicottati per innumerevoli ragioni), fatti anche e soprattutto (3º ahimè…) di corpi seminudi a sculettare urlando i propri inni nazionali e di giornaliste sexy (onnipresenti negli articoli pubblicati su facebook), c’è chi decide di smetterla con la repressione causata dalla sua famiglia, soffocando la vita della moglie e dei due figli e, dopo essersi lavato le mani, va con amici a vedere la partita.
Oppure chi non concorda con il diritto all’istruzione delle proprie donne e bambine, le violenta, le rapisce, le impicca con immane crudeltà e rivendica il silenzio di queste femmine in nome di una religione. Che religione non è.
Oppure chi, a Lisbona, incazzato per una richiesta di divorzio, irrompe nella clinica della moglie e la accoltella, ancora più incazzato perché lei osa reagire.
Questo succede. E schifosamente senza vergogna. Il diciottesimo femminicidio in Portogallo dal gennaio 2014.
Due settimane fa alle dieci del mattino, una giovane di 28 anni, dentista, è stata violentemente accoltellata nel suo ambulatorio dal marito trentottenne. La donna intendeva divorziare nonostante l’uomo si rifiutasse di finire la relazione. Dunque quale modo migliore per impedirle di chiedere il divorzio e mostrarle CHI comanda? L’ha accoltellata al petto diverse volte, tra le grida della donna e dei pazienti nella sala d’attesa.
È uscito dall’ambulatorio e, con le mani insanguinate, si è seduto a un bar e ha bevuto un caffè. Rapido ed efficace.
Sono dunque questi gli uomini che ci circondano e vogliono fare parte delle nostre vite?
Uomini che non sanno costruire relazioni mature e paritarie?
Uomini che non accettano i cambiamenti?
Uomini deboli che temono di perdere il controllo delle situazioni?
Uomini fuori di sé che non ascoltano né rispettano?
Uomini liberi di sgozzare pensieri e gole delle donne?
Uomini che non conoscono l’amore. Conoscono la possessione, l’ossessione e la gelosia?
Uomini che da bambini non hanno imparato a perdere, perché sempre protetti dal dolore e dalle sconfitte?
Uomini che fin da piccoli non sono stati educati al rispetto e all’uguaglianza. Spesso sono proprio le madri a non sapere insegnare a rispettare le donne, perché vittime anch’esse di un sistema impregnato di maschilismo sottile e consuetudinario.
Manca la prevenzione, l’educazione al rispetto e alla gestione dei sentimenti più intimi e vulnerabili.
Mancano la voglia e la pazienza di ascoltarsi.

E noi, donne, non definiamolo amore. Chiamiamolo col nome che si merita: chiamiamolo ossessione, gelosia, morbosità, possessione, desiderio malato.
Non chiamiamolo amore, ciò che provano quegli uomini.

L’amore è tutta un’altra cosa.