Non sappiamo quasi nulla del Portogallo e dunque grazie a CHIARA BALDIN che ci allrga gli orizzonti.

“Verba volant, scripta manent era la frase che la mia prof. di latino e storia urlava sempre al liceo. Dopo tanti anni mi torna utile in nuove vesti: quando ho bisogno di dare il mio nome nei servizi pubblici lusitani.Ho finalmente trovato la strategia per fare intendere il mio nome senza usare costantemente lo  s-p-e-l-l-i-n-g: la soluzione? Carta e penna.Quando mi chiedono dunque le generalità, invece di dirlo, sorrido e lo scrivo su un pezzo di carta. Sin dal primo giorno a Lisbona chiunque mi conoscesse, oltre a pronunciare storto il mio nome («Schiara? Carino, esotico!») si meravigliava della sua brevità. Ciò che per me è sempre stato abitualmente standard, qui si rivelava una vera e propria anomalia degna di sbigottimento.

«Dunque ti chiami solo Chiara Baldin? … E un secondo nome non ce l’hai?

– Solo quelli inventati dagli amici.

E il cognome è di tua madre o di tuo padre?

– Di mio papà.

… Ah! E il cognome di tua madre che fine ha fatto?

– …».

Mi era sorta spontanea questa domanda quando, da adolescente, avevo conosciuto un bambino bellissimo a cui facevo catechesi che aveva solo il nome di sua mamma. Suo papà inizialmente non l’aveva riconosciuto come figlio, dunque gli era stato affidato il cognome materno.

Da una parte lo invidiavo. Se avessi potuto scegliere tra i due cognomi, avrei sicuramente scelto quello di mia mamma: avrei subìto meno umiliazioni!
La risposta che mi ero data si costruiva sull’accettazione di una consuetudine e per quanto lo trovassi ingiusto, avevo continuato a vivere tranquillamente senza preoccuparmi troppo. La risposta che invece ora regalo a chi mi chiede che fine ha fatto il cognome di mia madre è la seguente: «Il mio Paese si crede civilizzato e all’avanguardia, ma in realtà non lo è».
Il 7 gennaio scorso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo ha condannato l’Italia perché non permette di registrare i figli all’anagrafe con il solo cognome della madre.
Nella sentenza, che sarà definitiva tra tre mesi, i giudici affermano che l’Italia “deve adottare riforme” legislative o di altra natura per rimediare alla violazione.La sentenza della corte risponde a un ricorso fatto da una coppia di Milano. La coppia voleva dare alla figlia, nata il 26 aprile 1999, il solo cognome della madre, ma le autorità italiane glielo hanno impedito. In Italia, infatti, ai figli legittimi è possibile dare solo il cognome del padre o, dal 2000, il cognome di tutti e due i genitori. I due genitori hanno dunque fatto appello all’articolo 8 (diritto al rispetto per la privacy della vita di famiglia) e all’articolo 14 (che proibisce le discriminazioni) della convenzione europea dei diritti umani e la corte gli ha dato ragione.

Nella sentenza i giudici sottolineano che la possibilità introdotta nel 2000 di aggiungere al cognome paterno quello materno non è sufficiente a garantire l’uguaglianza tra i coniugi e che quindi le autorità italiane dovranno cambiare la legge.Sono convinta che a questa condanna una buona parte degli italiani si sia scandalizzata. E non per la disuguaglianza di genere che traspare da questa sentenza, bensì per la subdola e quotidiana abitudine che si vuole dissacrare. Il cognome del padre non si tocca. Ed è l’unico che ha il diritto di perpetuare la famiglia di generazione in generazione. (AMEN…)

 In Portogallo invece non è così, nonostante si continui in certi aspetti la disuguaglianza di genere comune al mondo umano.Il Codice Civile detta il seguente articolo: “A escolha do nome próprio e dos apelidos do filho menor pertence aos pais; na falta de acordo decidirá o juiz, de harmonia com o interesse do filho” – artigo 1875.º, n.º 2 do Código Civil. Dunque, tradotto: “La scelta del nome proprio e dei cognomi del figlio minorenne appartiene ai genitori; in mancanza di accordo sarà il giudice a decidere, in armonia con l’interesse del figlio” – articolo 1875.°, n.° 2 del Codice Civile.[2]

I genitori sono i primi titolari del diritto di scelta del nome del figlio minorenne, diritto che deve essere esercitato insieme e non in modo isolato.

I cognomi scelti possono essere o di entrambi i genitori o di un solo genitore, a discrezione degli ultimi. L’ordine dei cognomi è liberamente decisa dalla madre e dal padre, o solamente da uno dei due.

È ormai d’uso e costumo ritrovarsi dunque con cognome materno seguito da quello paterno. Nei casi in cui venga adottato solo un cognome, la prevalenza di quello paterno si deve unicamente a una tradizione patriarcale. Tuttavia negli ultimi anni sono stati più di venticinquemila i bimbi che hanno ricevuto il solo cognome materno: il desiderio che il nome di famiglia della madre non svanisca nel nulla sta diventando più forte di molte tradizioni.

 

Perché in Italia questa sottile uguaglianza non si può ottenere?

Perché le continue richieste di una legge sul cognome materno vengono tacitamente buttate nel silenzio e ignorate?

Sappiamo che ci sono urgenze più importanti nel nostro Paese, ma siamo consapevoli di quanto questi “piccoli” cambiamenti sociali possano essere potenti nella trasformazione di una società e nella conquista della parità di genere?

 

Innumerevoli sono le discriminazioni sessiste e ambigue presenti nel meccanismo: persino tante donne non le percepiscono e le vivono come automatismo. Ogni ambiente sociale ne è totalmente impregnato e ciò che spesso scandalizza è l’insolenza di chi vuole dissacrare e smontare uno schema di tradizione e disuguaglianza insiti nella nostra struttura di vita.

Ma sono proprio le piccole differenze che bisogna sgretolare. E tutte le donne devono essere svegliate da questo torpore. Sono le donne, TUTTE, che devono rendersi conto di quanto siano ingiusti e sleali certi comportamenti e diritti che viviamo e non viviamo quotidianamente.

La nostra consapevolezza è preziosa. Il cambiamento è necessario, soprattutto per rendere più paritaria e rispettosa la vita delle generazioni future.

 Io, se un giorno avrò delle figlie/i, intendo dare il mio cognome a loro, nella speranza che possano godere di uguali diritti in ogni ambito della loro vita.

 

Chiara Baldin

 

 

 



[1]http://www.internazionale.it/news/italia/2014/01/07/il-cognome-della-madre-e-un-diritto/

[2] http://www.irn.mj.pt/sections/irn/a_registral/registo-civil/docs-do-civil/dar-o-nome/