Siate realiste/i, chiedete l’impossibile!
Lettera da Lisbona di Chiara Baldin
Un compito per voi da svolgere nei prossimi secondi: provate a definire il vostro mese di novembre in tre parole, leggete questo post e riportate nei commenti le parole da voi pensate. Siate realiste/i però… e continuate a chiedere l’impossibile!
November is the cruellest month… come personalizzerei il verso dell’amato T. S. Eliot.Realista, Rosso, Rivolta: sono le tre parole per definire il mio Novembre.Nel penultimo mese del duemilatredici, Lisbona è stata palco e teatro di grandi giornate di sensibilizzazione crudele, spietata e militante. Da modesta ospite e partecipatrice, ho silenziosamente alzato la voce insieme a tante/i giovani e adulte/i lusitane/i.

Fino a metà novembre Lisbona ci ha risvegliate/i dal torpore ignorante e ha proiettato un Festival sulla Cittadinanza: otto giorni di documentari, dibatti, concerti e concorsi di poesia contro il razzismo hanno aperto gli occhi sul mondo, mobilitando riflessioni e sensazioni.

Ricorre l’anno europeo della Cittadinanza e il Festival “Rotas e Rituais” invita a vedere le multiple crisi che il nostro mondo sta attraversando, non solo come elementi preoccupanti e drammatici, ma anche come opportunità per perfezionare le nostre critiche, capire meglio come i nostri sistemi economici, politici, sociali e culturali si esauriscono in fumo e, soprattutto, per aprire un campo di possibilità ad altri modi di vedere, fare e articolare la libertà, la solidarietà e l’uguaglianza.[1] È inoltre un invito ad assumere il rischio della complessità, dell’incertezza, della differenza e a trasformarsi in azione e intervento.

Nel fitto e militante programma di eventi, voci di Donne. Donne “con cui” ho sofferto, che ho ammirato e sostenuto nelle ore del festival e successivamente.

Mimi Chakarova, fotogiornalista, spiaccica sullo schermo e sulle coscienze il mondo del traffico sessuale dell’Europa dell’Est verso il Medio Oriente e l’Europa Occidentale.

Salma, una ragazza musulmana di un paesino nel sud dell’India, la cui famiglia le vieta di studiare e la obbliga a sposarsi. Rinchiusa fino all’età di venticinque anni, la sua unica salvezza diventa la scrittura: scappa di casa e consegna le sue poesie a un editore. Sfidando le tradizioni e il sistema oppressivo del suo paese, Salma diventa conosciuta scrittrice di lingua Tamil e influente attivista per i diritti umani.

Heba Afify, giornalista di ventidue anni, affronta le norme culturali e le aspettative della famiglia, va per le strade a raccogliere informazioni per poi realizzare reportage sui tumulti in Egitto utilizzando social network come Twitter e Facebook. La sua mobilitazione è discreta benché vivida e determinata: la maturità e l’attivismo politico rispecchiano la volontà di libertà, dignità e democrazia in una giovanissima cittadina.

Questo, l’attivismo graffiante che si è respirato durante il Festival e che ne lascia tuttora la scia. È questo l’attivismo che deve continuare in ogni angolo del mondo, per vedere un cambiamento e una nuova rotta di rispetto e dignità, anche nei confronti delle donne.

E se vi capita, fatevi un giro nel sito del Festival e guardate i documentari: non saranno minuti sprecati.

 

Venticinque novembre duemilatredici, giornata mondiale per l’eliminazione di ogni tipo di violenza contro le donne e imponente mobilitazione. Anche a Lisbona.

Si registra una quarantina di donne uccise dagli attuali o ex-compagni e trentadue tentativi di femminicido nel 2013.[2] Marzo è stato il mese in cui se ne sono verificati più…

In Italia, invece, se ne contano centoventotto.

È giusto tuttavia sapere che l’Italia è cinque volte demograficamente più grande del Portogallo (60 milioni vs 10 milioni). Dunque il numero di vittime lusitane è maggiore rispetto alla violenza in Italia… Un dato che non fa onore e che, per contro, inorridisce e provoca rivolta. Oltre ad impaurirmi.

L’Associazione di Donne Contro la Violenza (AMCV[3]), ONG, ha come obiettivo la promozione dei diritti umani, specialmente i diritti delle donne, giovani e bambine, come la lotta contro tutte le forme di violenza e discriminazione. Non si stanca di mobilitare e avviare campagne di sensibilizzazione. L’ultima si chiama “La prima aggressione”: la trovate a questo link (http://www.amcv.org.pt/).

Dimenticare la prima aggressione è tanto difficile come dimenticare il primo bacio.

Nell’ultimo anno in Portogallo sono morte 37 donne vittime di violenza domestica.

Molte altre continuano a fianco dei loro aggressori.

 

La mobilitazione continua, si spinge con tacita insistenza nella società cercando di contagiare più entità possibili. Non ci si stanca. Eppure l’obiettivo da realizzare è ancora lontano: bisogna lavorare ancora tanto, soprattutto nelle famiglie e nelle scuole, due grandi fasce completamente schiaffeggiate dalla crisi (economica e culturale).

Non demordono, le donne portoghesi. E spero che mai desisteranno.

Sono realiste, le donne portoghesi. E continueranno a chiedere l’impossibile.