I potenti piangono, pare.
Io non ci credo.
Piangi qualcuno che hai amato e stimato per ciò che è, non per ciò che rappresenta.
In questa foto Mandela ha l’età di molte di voi che leggete qui: un giovane avvocato, di belle speranze. Un uomo che crede che in un Paese democratico ognuno debba essere messo in grado di esprimere al meglio il proprio potenziale di persona.
In Sud Africa non c’era libertà. E dunque questo giovane uomo trascorre 30 anni, un terzo della sua vita in una cella.
Molti anni fa lessi “Lungo Cammino verso la Libertà”. Non è un libro appassionante, è a tratti noioso, però  una delle lettura più edificanti che abbia mai fatto.
Perchè da quello scritto di MAndela ho imparato la pazienza, la perseveranza, l’andare avanti a testa bassa talvolta come un mulo, sopportando la fatica e l’umiliazione. Perchè se hai un ideale, e ideale significa  molto più di obbiettivo, devi essere preparato a sopportare molto.
30 anni in una stanza raccontati in un libro: i giorni si susseguono e non c’è molto da dire , vero? Per noi figlie e figli di questi anni, è incomprensibile, abituati come siamo a politici e a manager che devono raggiungere  obbiettivi trimestrali.  Una farsa incredibile, perchè non c’è cambiamento reale che non abbisogni di tempo e  fatica.
Non è stato Nelson Mandela solo il paladino della lotta all’apartheid. E’ stato l’esempio per molte attiviste e attivisti della fatica implicita che si deve sopportare nella  preparazione alle battaglie per i diritti, che comportano sacrifici immensi, abbattimento dell’ego per decenni, e una forte centratura su cosa conti veramente nella propria vita.

Io che sono un granello di sabbia al cospetto di questa roccia d’uomo, devo la mia centratura a persone come lui, che mi hanno ispirata. Persone che mi tengono salda ai miei prinicipi e ai miei ideali, impresa difficile, circondate come siamo da falsi richiami.

Ragazze e ragazzi che leggete: ricordate che se ora ai funerali di quest’uomo andranno a migliaia i potenti di tutto il mondo, c’è stato un tempo lungo in cui da Mandela non andava nessuno. 30 anni, 365giorni x30, di solitudine e di rifiuto. Nessun consenso. E mentre sei in prigione, è durissimo riuscire a credere che ce la farai, che da lì uscirai e che la tua lotta sarà premiata.
Potresti anche non farcela. Ed è un pensiero che annienta.

Le persone come Mandela sono un faro, una luce nelle nostre vite. Insegnano a chi ha orecchie e testa per comprendere, di non farsi distrarre dal bisogno di consenso, perché le battaglie per i diritti il consenso dal mondo lo ottengono solo a battaglia vinta.
Coraggio delle proprie idee.
Ragazze che leggete, la battaglia per i diritti delle donne non prevede consensi dai conformisti, bisogna imparare ad essere forti e a farcela, se credete fermamente che ne valga la pena.

Ho fatto un esercizio: ho recuperato i quotidiani di 40 anni fa: molti dei nomi  sulle prime pagine, non ci sono più. Ma quel che è importante tenere a mente è che non ci sono più nemmeno nel nostro ricordo. Spazzati via, famosi per qualche anno, non hanno lasciato nulla al mondo.
Immagino la stessa fine la faranno i tanti inutili di questa epoca e i loro cantori.

Nelsono Mandela, mentre i giornali  scrivevano di politici dell’epoca  i cui nomi ora non ricordiamo, stava ore sdraiato su una panca in una cella. Pensava. Dai più dimenticato.
Ecco, quella forza consapevole, ostinata e illuminata, di  preparare pazientemente il domani del mondo,  è la cosa più bella che ci ha lasciato.