Quando Angela Merkel diventò Cancelliere, in tedesco der Kanzler, fu per i tedeschi una novità, infatti fino a quel momento in Germania non si erano avute cancelliere donne, e nemmeno di conseguenza esisteva un termine per definirle. Detto fatto: la nuova arrivata coniò dunque un neologismo Kanzlerin ( in tedesco il suffisso “in” identifica il femminile).
La lingua si evolve: diciamo maestra e  infermiera, e sicuramente ci stupiremmo se nostro figlio ci raccontasse che il suo maestro ha spiegato qualcosa in classe e scoprissimo poi che il maestro è una donna.
Anni fa presenziavo ad un convegno all’Università Bocconi. La conduttrice ( e non conduttore) chiamò sul palco” il presidente di Confindustria, il Segretario della Cgil e il Ministro delle Pari Opportunità”. Salirono Emma Marcegaglia, Susanna Camusso e Mara Carfagna. Se ci fosse stato presente un non vedente si sarebbe stupito nell’ascoltare delle voci  femminili, visto che erano stati introdotti come fossero uomini.
La lingua si evolve: un oggetto nuovo ci conduce a creare un nuovo termine, in altro modo utilizzeremmo pochi vocaboli come accadeva millenni fa quando la lingua utizzava molti meno termini.
Anche i cambiamenti sociali influiscono sui mutamenti della lingua: e infatti l’emancipazione delle donne ha condotto a coniare il femminile di alcuni termini che definiscono le professioni: se non sto bene dirò “vado dalla dottoressa” e non dirò “dal dottore” se si tratta di una donna. Su questo siamo tutte e tutti d’accordo.
Non si capisce dunque la resistenza, i frizzi e lazzi intorno alla proposta di utilizzare anche il termine “avvocata” “architetta” “magistrata” ministra” ecc ecc ecc eccetera.
Cosa c’è di strano?
“Ministra è cacofonico” mi risponde  una signora stizzita. In che senso? chiedo io.
Tutti i neologismi appaiono “strani”: sono nuovi termini, dunque all’inizio di difficile utilizzo.
Allargherei il discorso per proporre che tutti i cambiamenti sono faticosi, non solo quelli linguistici, e dunque? Non per questo non li adottiamo.
Nominare il mondo al femminile è un passo fondamentale verso una corretta rappresentazione del mondo.
“Grazie alla direttrice di questo museo che ci ospita” dissi tempo fa rivolgendomi ad una gentile signra che dirigeva un museo e che ospitava un mio intervento; mi corresse “Sono IL DIRETTORE!”.
Aveva lungi capelli, indossava una gonna, sotto la blusa si indovinavano i seni: era certamente un essere di genere femminile, pensai!
Avevo ragione, la signora era per certo una donna che nulla aveva a che ridire che la definissi tale. Ma per quanto riguardava la definizione della sua professione, preferiva essere nominata al maschile perchè genere ritenuto più autorevole.
La resistenza ad utilizzare il genere femminile nelle professioni è di tipo psicologico, non ligusitico.
Ed è collegato alla diversa “importanza” con cui valutiamo il genere maschile e femminile. E’ evidente che il maschile ha per secoli definitivo le professioni autorevoli, ricoperte solo da uomini, mentre il femminile definiva tutti i ruoli considerati “meno autorevoli”.
Nessuna difficoltà a definire un operaio donna “operaia”, mentre resistiamo come muli, anzi mule, a definirci avvocate o ministre.
Mi spiace che gli Accademici della Crusca e le Accademiche, che si occupano con solerzia di questi temi e che ringraziamo, non invitino le attiviste a divulgare le loro raccomandazioni moderne e utili: sarebbe necessario. Alma Sabadini già anni fa raccomandò l’uso del femminile quando opportuno ma, in presenza di resistenze culturali fortissime nel nostro Paese, tali raccomandazioni non ebbero seguito, se non in pochi ristretti campi.
In Italia” il femminile” è ancora in gran parte ritenuto di poco conto: il 71esimo posto del gender gap lo dimostra.
Niente scuse: Angela Merkel vuole essere nominata al femminile, perchè lo ritiene un genere di tutto rispetto, anzi di gran rispetto. E non teme di perdere di autorevolezza venendo apostrofata Kanzlerin, cioè Cancelliera. L’autorevolezza, Angela l’ha capito molto bene, dipende dal contenuto, dall’essenza che caratterizza il genere, sia maschile che femminile. Merkel è dunque al contempo Cancelliera e una delle persone più potenti del mondo. Si può fare.

E dunque si deve tutte e direi tutti, lavorare perchè le bambine possano crescere con il genere femminile che definisca le professioni che le donne stanno intraprendendo negli ultimi anni: crescendo infatti è di grande importanza vedere nominare il mondo al femminile: farà loro da specchio, da modello e da fonte di ispirazione.
Piaccia o non piaccia Laura Boldrini, è da salutare con interesse la sua scelta di farsi nominare La Presidente; le ragioni del disappunto di alcune sulla non opprtunità di dedicarsi  a queste disquisizioni linguistiche in tempo di crisi, sono da ricercarsi solo in una resistenza masochista nel definirci finalmente con il nostro genere.
Dunque vi lancio un appello care amiche: siate orgogliose della vostra bravura e capacità che vi ha condotto a laurearvi e a farvi faticosamente strada in un mondo maschile e spesso ostile: ce l’avete fatta e dunque siete state bravissime.
Manca un ultimo passo, ma quello decisivo: riempite di autorevolezza il nostro genere, fatelo emergere e brillare sui tavoli da disegno, nei tribunali, in Parlamento: siate gioiosamente e definitivamente architette, avvocate, magistrate e ministre.
Ne abbiamo tutte, e anche tutti, un gran bisogno.