Settimana scorsa ho chiamato l’idraulico: la lavastoviglie perdeva acqua. Ha smontato alcuni pezzi, ne ha cambiato uno. Poi ha aspettato di verificare che tutto funzionasse. Mi ha presentato regolare fattura: ma io non ho voluto pagarlo.

3 giorni fa sono andata dalla tintora: dovevo ritirare 2 giacche, 1 coperta, 3 paia di pantaloni che avevano necessità di essere smacchiati: quando mi ha presentato il conto, sono uscita senza pagare.

Dal parrucchiere stessa procedura: taglio, talvolta colpi di sole, piega: non pago da un mese, e il parrucchiere che pur mi conosce da una vita mi ha detto, gentilmente, che così non si può andare avanti.

Vi state chiedendo se sono diventata poverissima? O se sono impazzita?

Ma no! 🙂

Applico la stessa procedura che viene proposta a chi si occupa di cultura e di formazione e di formazione per i giovani, in questo Paese e solo in questo.

Riceviamo centinaia di inviti, e noi ne siamo felici.

Associazioni, scuole, gruppi di amici. Talvolta fondazioni, fiere e assessorati. L’80% delle volte l’invito termina comunicando che nessun compenso è previsto.
Sarà la crisi, direte voi.

No, è la scarsa considerazione che gli/le italiane hanno della formazione culturale.

Adesso è forse peggio, ma era così anche in tempi floridi.

La cultura è aria, parole, quindi non va retribuita.

Non accade così all’estero dove, chessò, gli americani retribuiscono profumatamente gli speakers che contribuiscono a migliorare la loro formazione, che loro ritengono essere direttamente collegata alla possibilità   avanzamento sociale.
Mi chiama una nota associazione a cui fanno riferimento facoltose/i personaggi: “No, sa noi non retribuiamo mai i nostri ospiti” mi dice una signorache immagino inanellata, quasi schifata di dovere menzionare il vile denaro. “Ma noi signora con il denaro ci paghiamo i ns corsi nelle scuole”. La signora non ha risposte valide, è indispettita. Vuole intrattenimento a zero budget.
Le istituzioni  comunali provinciali regionali ribadiscono spesso di non avere denaro: capisco. Peccato che una città che non poteva permettersi di retribuire una bravissima scrittrice mia conoscente, avesse appena investito 150 milioni di euro in una opera architettonica sicuramente glamour ma di cui non si  sentiva il bisogno. E un’altra Amministrazione impossibilitata a retribuire una nota psichiatra conferenziera, pagò poi l’estate seguente una cifra altissima per un cantante di X Factor.

Dunque i soldi ci sono, meno di una volta ma ci sono.

Trattasi spesso di atteggiamento mentale. Vado al cinema e il biglietto costa 7 euro: e perchè non posso dare lo stesso valore a chi mi intrattiene con capacità e preparazione per 3 ore? Perchè non chiedere a chi viene ad una serata, di contribuire con 3/5 euro? Trattasi di cittadinanza attiva.

“Sa dottoressa, se facciamo pagare il biglietto, non viene nessuno”. Bene, lasciamoli davanti alla tv, significa che non hanno bisogno di ascoltare nulla.

Ripeto, la ragione è da imputarsi ad una scarsissima considerazione che della cultura  si ha in Italia.

Questo atteggiamento sta provocando danni gravi per la società tutta.

Conosco persone, uomini e donne, che hanno rinunciato a proporre  conferenze perchè semplicemente non se lo potevano  permettere di lavorare gratis; si dedicano ad un lavoretto di ripiego con grave perdita per loro e per noi che non godiamo più della loro oratoria.

E dunque le attività culturali a tempo pieno sono talvolta appannaggio di donne dal marito facoltoso che permette loro di “dedicarsi alla cultura”, attività vanesia e adatta alle signore.

Oppure si richiede a chi magari già si prodiga in mille attività di volontariato, di “fare un piccolo sacrifico” e di andare dalla tale associazione gratis. E non si capisce perchè il sacrificio non possa essere condiviso.
Abbandoniamo questo atteggiamento assistenzialistico: chiediamo che chi è interessato ad un tema, partecipi attivamente e concretamente.
E destiniamo gli interventi gratuiti solo a chi ne ha realmente bisogno. E a quelli e solo quelli, credo ci si dedicherà con tutto il cuore

Ora vado, scusate. C’è il tecnico tv di là che ha finito il suo lavoro. E’ qui dalle h 14, ora la tv funziona. Io gli offro un caffè: di pagarlo non ci penso proprio!
(Che dite:  sarà contento?)