Italy on/off line

Probabilmente, paragonata ad altre giovani all’estero e/o in Italia, io sono e sarò sempre una mosca bianca. Leggendo gli ultimi post di Sguardi, di giovani inquadrate, con grandi personalità e una vita almeno un po’ definita geograficamente e professionalmente, mi sono ritrovata a riflettere sulla mia vita. Più precisamente, sugli obiettivi più intimi della mia esistenza.

Nelle ultime settimane ho intrapreso uno dei lavori più faticosi. Mi sta costando immenso stordimento, confusione, mal di testa e irascibilità, ma credo sia un cammino importante. Sto insomma riprendendo per mano una donna che temevo di aver quasi perso. Quella donna sono io. E con lei i suoi obiettivi di vita.

Ci sto lavorando in compagnia di un’altra Donna che rileggo sempre volentieri: si chiama Etty Hillesum e ha scritto un Diario diversi anni fa. Lo consiglio. Con il cuore.

Sto vivendo in un’era funambola. Chi con me la vive, diventa una sorta di equilibrista. E se cade… è la fine.
In questo momento mi trovo nuovamente dislocata e senza una meta geografica definita.

In Italia.

Sono tornata per qualche mese per cause di forza maggiore, cogliendo al volo la vincita di un concorso per docenti italiano L2 -la mia supposta amata professione-: insegno a una classe di uomini con storie molto creativamente difficili. In aula ho sapori di Tunisia, Marocco, India e Pakistan. E vivo. Vivo in quelle ore. Nella vivida consapevolezza che né loro né questo paese mi daranno mai la possibilità di insegnare, di realizzarmi, di crescere e di creare un futuro.
Ho sorpassato da alcuni anni i venticinque, ho addosso alcuni paesi vissuti e lavorati, cinque lingue parlate, determinazione e voglia di fermarmi, plasmare una famiglia. Ma ancora, a differenza di molte altre giovani, non ho trovato il mio Posto nel mondo né il mio Lavoro. Sono forse io la causa di tutto ciò? In parte sì, credo. E l’altra parte che causa è?

Mentre volavo in direzione Italia mi sono detta: «Proverò a dare una chance al mio Paese. In fondo chi sbaglia deve sempre avere una seconda possibilità. E poi probabilmente ci starò così poco che riuscirò a sopportare meglio molte cose». Mi sbagliavo eccome.

Fin dal primo giorno, consapevole che non erano giorni di ferie italiane, ho sentito uno strano prurito addosso.

Non riesco più ad accettare atti di inciviltà, maleducazione e totale mancanza di rispetto come ne ho vissuti in queste settimane. Sui treni che ogni giorno prendo per andare a lavorare regnano indisponenti e controllori analfabeti che danno del «tu» agli stranieri e del «Lei» agli italiani. Ho già rischiato ben quattro volte di essere investita sulle strisce pedonali: quegli stronzi non si fermano! E quando faccio notare, alquanto incazzata, che io sono sulle strisce e che lei/lui in quella macchina ha l’obbligo di fermarsi, ricevo solo insolenze e zero ascolto. Il professore universitario, lo scrittore come il poeta, mi sembrano diventati del tutto autoreferenziali: parlano e commentano tra loro le opinioni, mentre il pubblico ascolta senza avere la minima facoltà di intervenire. Me ne esco dall’incontro con un amaro in bocca e di nuovo lo stesso prurito: questa volta sulla lingua. Anche la letteratura è in crisi? O sono io che, con qualche paese in più sulla mia pelle, avverto solo ora queste sottili differenze? La bibliotecaria, il fruttivendolo, la commessa e il farmacista: tutti incazzati. E tutti che danno la colpa alla crisi. Mancano i soldi. Le persone sono incazzate perché mancano i soldi. Dunque i soldi sono la causa della felicità?

E il rispetto, l’educazione (ideali che credevo primordiali e diritti di ogni essere umano) si dimenticano perché mancano i soldi?

 

Mi sgretolano davanti agli occhi pilastri su cui poggiavano i rapporti tra le persone. Come se al mondo esistessero solo individui in grado di pensare solo a se stessi. E gli altri non contano? Sono loro la causa di crisi e di problemi?

Mi tagliano, oltre che i posti di lavoro, la voglia di credere nella professione che amo.

Mi dicono che devo cercare qualcosa di alternativo o accontentarmi, per sopravvivere a questa crisi.

Mi esortano (cfr. consigli non richiesti) a desistere, a vedere la realtà com’è: triste e senza prospettive per migliorarla.

Mi negano il diritto di commentare, intervenire e aiutare.

Mi spingono di nuovo altrove, fuori da queste mura sorde.

Mi forzano, loro stessi, ad andarmene di nuovo.

 

Oggi ho paura di perdermi, io che mi sono sempre sentita salda. Vedo sfumarsi ciò in cui credevo e per cui lottavo quotidianamente.

Soprattutto qui, nel mio stronzo (perdonatemi il francesismo) Paese.

Non mi rispetta. E non rispetta chi l’ha cresciuta per decenni. La spoglia come una prostituta senza ritegno.

Dove sarà dunque il mio posto nel mondo? Mi vogliono veramente lontana? Che ne sarà di me e di quello che potevo portare al mio Paese?

 

Chiara Baldin